sabato, domenica e lunedi' (2005) regia di Paolo Sorrentino, Toni Servillo Italia 2005
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sabato, domenica e lunedi' (2005)

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locandina del film SABATO, DOMENICA E LUNEDI' (2005)

Titolo Originale: SABATO, DOMENICA E LUNEDI'

RegiaPaolo Sorrentino, Toni Servillo

InterpretiToni Servillo, Anna Bonaiuto, Roberto De Francesco, Giorgio Morra, Monica Nappo

Durata: h 2.15
NazionalitàItalia 2005
Generecommedia
Al cinema nell'Aprile 2005

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•  Altri film di Toni Servillo

Trama del film Sabato, domenica e lunedi' (2005)

Fusione di cinema, tv e teatro nella ripresa diretta di uno dei pochi capolavori di Eduardo le cui riprese televisive sono andate perdute. Nella commedia, ambientata in una Napoli borghese ormai alla vigilia del boom economico, sono rappresentati i tre giorni di tragicommedia domestica di una grande famiglia, in cui convivono tre diverse generazioni.

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Voto Visitatori:   6,75 / 10 (4 voti)6,75Grafico
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Voti e commenti su Sabato, domenica e lunedi' (2005), 4 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

fabio57  @  05/05/2016 11:16:50
   6½ / 10
Stroncare le regie di Sorrentino, interpretate dal grande Servillo è un sacrilegio, data la statura di entrambi, tuttavia stavolta si ha la sensazione, che non si è raggiunta l'eccellenza cui ci hanno abituati. Il lavoro è più pesante rispetto alla versione dalla Wertmuller che era più scanzonata e frivola. Servillo, attore potente ed eclettico, ma più portato per ruoli drammatici è leggermente a disagio, in una parte così "leggera". De Filippo aveva costruito la commedia, dandole un tocco decisamente allegro che non si avverte in questa trasposizione.

sweetyy  @  07/07/2015 23:01:42
   6 / 10
Dovrei guardare l'originale perché non mi ha convinta affatto.

Invia una mail all'autore del commento NotoriousNiki  @  14/01/2014 17:47:16
   6½ / 10
Mi ricorda il cinema di Righelli, uno che ha diretto entrambi i fratelli De Filippo, e ripreso un istrione come Gilberto Govi direttamente a teatro. La versione originale di Eduardo andò persa ci restano le 2 della Wertmuller e quella di 2 anni fa di Ranieri che ha avuto un discreto successo, questa è stata trascurata, forse il taglio teatrale (senza pubblico) non è stato ritenuto fruibile ad un pubblico televisivo però si respira tutto il retaggio della vecchia tragicommedia napoletana, in questo va sicuramente più a segno della metafora sul ragù. Nessuna pausa lasciata al caso, verboso (troppo), è una commedia figlia del suo tempo, famiglia patriarcale, l'usura che si annida sul matrimonio, la monotona quotidianità, il broncio coniugale, la gelosia, la mancanza di attenzioni ricalca perfettamente il decorso di un rapporto di coppia in versione tragicomica.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  10/02/2012 21:32:56
   8 / 10
O rraù

'O rraù ca me piace a me
m' 'o ffaceva sulo mammà.
A che m'aggio spusato a te,
ne parlammo pè ne parlà.
Io nun sogno difficultuso;
ma luvàmell''a miezo st'uso.
Sì, va buono: cumme vuò tu.
Mò ce avèssem' appiccecà?
Tu che dice? Chest'è rraù?
E io m'a 'o mmagno pè m' 'o mangià...
M' 'a faje dicere na parola?
Chesta è carne c' 'a pummarola.



Grazie ad alcuni cialtroni di mamma RAI la ripresa televisiva originale di Eduardo De Filippo è andata irrimediabilmente perduta (come anche Sik-Sik e la prima de Le Voci di Dentro, d'altronde). Un peccato mortale da galera dato che "Sabato, Domenica e Lunedì" è considerato come uno dei suoi capolavori apprezzati nel Belpaese come all'estero.
Abbiamo avuto allora trasposizioni cinematografiche della Wermuller (non avendola vista non mi pronuncio), presto avremo quella tv della simil-fiction italianizzata di Massimo Ranieri (su cui non VOGLIO neanche pronunciarmi).
Nel mezzo c'è questo prestigioso documento con la versione della tragicommedia data da Toni Servillo, che in teatro ha avuto grande successo, tale da far svegliare dal torpore la RAI per decidersi a filmare nuovamente un pò di sano teatro filmato, quello vecchia maniera per intenderci, prima di essere subissati da grandi fratelli e simili.
A firmare la regia televisiva è il regista italiano più bravo ed interessante sulla piazza, il napoletano Paolo Sorrentino che continua a restare fedele all'amico Servillo curandone l'aspetto tv laddove il casertano cura la regia teatrale.
Sorrentino dirige in maniera non usuale, la macchina da presa si muove e si piazza in posizioni inusuali e tutt'altro che canoniche (certo nulla di cosi strano), sottolinea tensioni frequenti, climax e stati d'animo ribollenti dei personaggi con cura certosina. Ha anche l'ardire di fare una ripresa straniante alla fine del primo atto (Sabato) che riprende l'intero teatro preferendolo al palcoscenico e rivelando la finzione quasi come un invenzione felliniana che travalica il confine in questo caso tra teatro e tv, ribadendo l'ibridismo del progetto in questione.
Non bisognerebbe stupirsi laddove lo stesso Eduardo nelle sue commedie a colori per la televisione compiva un'operazione simile, quando alla fine veniva ripreso un proscenio vuoto e dipinto con applausi registrati dove gli attori della compagnia si inchinavano all'ultimo grande artificio. Nel finale della commedia c'è una sorta di ripetizione dello stesso meccanismo da parte di Sorrentino.

Venendo alla commedia in sé, non mi sento in grado di approfondire più di tanto i temi sviscerati con maestria dal copione eduardiano, rispettato ma anche personalizzato da Servillo: crisi della famiglia, crisi del matrimonio e figli vicini ma in realtà lontani in questa commedia amara (ma pur sempre umoristica) che per parole dello stesso De Filippo anticipava in Italia il tema del divorzio (non viene mai detto chiaramente), ponendo la fatidica morale mai fastidiosa del commediografo napoletano che le vicende del divorzio le visse sulla propria pelle più volte: ovvero non è importante il matrimonio in sé quanto l'amore che sorregge l'intera impalcatura fragile che viene a oscillare nel contrasto tra Rosa Priore e suo marito. E se questo può sembrare scontato al giorno d'oggi in un Italia lontana negli anni come quella di inizio anni '60 non lo era per niente, ben prima del '68. Ma niente paura: come tutti i copioni eduardiani, vivi da togliere il fiato, anche "Sabato, Domenica e Lunedì" attualizza temi del passato di una famiglia napoletana con rappresentanti di 3 generazioni; è sempre attuale, è universale e qui sta il suo successo.
Poi quando gli attori sono tali non c'è bisogno di "italianizzare" nessun testo dato che questa è una forma barbara e un insulto verso Eduardo: gli attori fanno capire ciò che si deve capire, questo DEVE bastare. Le italianizzazioni lasciamole ai mediocri artisti, e ai critici ancora più miopi.
Forse è giunto anche il momento di considerare Napoli parte non solo dell'Italia ma del mondo, e la sensibilità del pubblico ha portato questa commedia ad ottenere uno straordinario successo anche all'estero, ad esempio dai cugini inglesi. Napoli è il mondo, grazie ad Eduardo.

Le interpretazioni sono passionali, naturali, fiumi di parole in piena; non è un senso del ritmo a cui Eduardo doveva essere abituato forse ma poco importa.
Toni Servillo non scimmiotta l'attore/autore napoletano (ogni riferimento ad altre persone non è puramente casuale) ma al contrario risulta molto più sanguigno nei monologhi arrabbiati, e ancora più importante è questa sua assenza/presenza continua sulla scena dove anche quando non parla o è di spalle o su una poltrona (tantissime volte) riesce a prendersi tutta l'attenzione dello spettatore. A rimarcare il ruolo sempre meno rilevante di Peppino Priore nella famiglia.
Rosa Priore è una bravissima Anna Bonaiuto che non fa notare le provenienze lontane da Napoli e rimane la vera protagonista assoluta (insieme al ragù e al marito) della commedia.
Ma quanto soffro a non poter fare raffronti con una versione registrata di Eduardo per colpa di qualche imbecille che ha cancellato un pezzo di cultura del nostro paese solo perché serviva la registrazione magnetica per altre cose di minor importanza o ,peggio ancora, per ripicca nei confronti dello stesso Eduardo, che molti non potevano vedere.
Resta la Grande Magia (sempre quella) di poter godere del suo teatro e delle sue commedie anche dopo la sua morte fisica.

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