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Sesto lungometraggio di Hayao Miyazaki, maestro indiscusso dell'animazione giapponese, "Porco Rosso" è una favola che non delude. Ambientato in Italia nel 1929, anno della grande depressione, il film ha come sfondo la crisi e il fascismo, senza che questi diventino mai il suo punto focale.
Protagonista è Marco Pagot, abile aviatore, rimasto vittima di un maleficio che lo ha condannato ad assumere le sembianze di un maiale antropomorfo. Ex eroe di guerra, ha lasciato l'aeronautica e adesso è ricercato dalla polizia segreta fascista. Sulla sua testa pende un mandato di cattura per non collaborazione antistatale e (tra l'altro) per il crimine d'essere un maiale di sfrontata indolenza. Continua però a volare sul suo idrovolante rosso, perché "un maiale che non vola è solo un maiale", dice. Si guadagna da vivere come cacciatore di taglie, ma non fa uccisioni.
Per sfuggire a Porco le varie bande di malfattori creano l'"Alleanza dei Pirati del Cielo" e assoldano un pilota americano, tale Donald Curtis, perché lo affronti. Quando i due si scontrano, l'idrocaccia vermiglio, già bisognoso di manutenzione, ha la peggio. Il nostro maiale si reca quindi a Milano dalla ditta Piccolo SPA per le riparazioni. Qui incontra Fio, giovane nipote del proprietario e ingegnere provetta. Sarà lei ad occuparsi dell'idrocaccia, e deciderà di seguire Porco nelle sue avventure sull'Adriatico.
Dietro "Porco Rosso" c'è tutta la passione di Miyazaki per l'aviazione, che l'ha portato a prendere spunto da un aereo italiano per il nome del suo Studio Ghibli.
Numerosi sono gli omaggi ad aviatori e motori, e molti dei personaggi prendono il nome da piloti realmente vissuti in quel periodo.
Ma non bisogna pensare all'aviazione come ad un qualcosa di inscindibile dalla guerra. Per dirla con l'armaiolo di Porco: "chi guadagna con la guerra è un farabutto, chi non riesce a guadagnare cacciando taglie è un imbecille". C'è differenza, quindi, tra fare parte dell'aeronautica sotto il fascismo e fare il cacciatore di taglie inimicandosi il regime. D'altra parte le idee politiche di Miyazaki sono note.
Il soprannome "Porco Rosso" potrebbe dunque essere dovuto non tanto alla sua apparenza e al colore del suo aereo, quanto piuttosto alle sue posizioni politiche. Per sua stessa ammissione "piuttosto che diventare un fascista, meglio essere un maiale". La cosa, così come la dinamica della maledizione che l'ha colpito, non viene mai chiarita del tutto.
Il film si presenta come una favola moderna, con il protagonista vittima di una metamorfosi e un amore che sembra impossibile. I cattivi non sono veramente cattivi, e la differenza tra bene e male è più labile rispetto a quella voluta dalla morale occidentale. È un racconto delicato, che alterna azioni ad alta quota a risvolti comici e sentimenti.
Delicati sono anche i disegni e gli sfondi, che lo Studio Ghibli ci regala sempre impeccabili.
Ma c'è anche uno stretto legame con la realtà del tempo. Porco si dà alla macchia perché inseguito dalla polizia fascista, cosa tutt'altro che irrealistica. Sui muri di Milano sono presenti scritte contrarie al regime, come "Abbasso i fascisti" e "Viva i lavoratori". E ancora, a causa della crisi economica, della riparazione dell'idrovolante si occupano le donne perché tutti gli uomini sono emigrati in cerca di lavoro.
Miyazaki ci insegna che si può vivere liberi nonostante tutto, seguendo i propri ideali e non quelli imposti dall'alto. È possibile scegliere quale posto occupare nel mondo. Non importa quanto anticonvenzionale la nostra scelta sia o quanto gli altri possano ostacolarci o farsi beffe di noi. Ciò che conta è essere fedeli a sé stessi. E così anche le donne possono costruire aeroplani e i maiali possono librarsi nel cielo su un idrovolante, via verso l'orizzonte.
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Recensione a cura di G.S.Nikita - aggiornata al 27/09/2013 15.48.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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