Recensione prima linea regia di Robert Aldrich USA 1956
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Recensione prima linea (1956)

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locandina del film PRIMA LINEA

Immagine tratta dal film PRIMA LINEA

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Immagine tratta dal film PRIMA LINEA
 

"Nel 1944 la fanteria americana deve fronteggiare, in Francia, i disperati assalti dell'esercito tedesco, che tenta di opporsi all'avanzata degli alleati. Una compagnia di fanti americani, a causa della codardia e dell'incompetenza del suo comandante, il capitano Cooney, si trova nei guai. Il tenente Joe Costa, spalleggiato dal tenente Woodruff, tenta invano di indurre il colonnello Bartlett a togliere il comando a Cooney, figlio di un autorevole uomo politico. I tedeschi incalzano e il capitano ordina a Costa di avanzare col suo plotone sul terreno scoperto. Gli uomini del plotone vengono decimati. Il tenente insieme a cinque uomini, riesce a barricarsi in una casa e a chiedere aiuti per radio. Cooney però è colto da terrore ed abbandona i sei uomini al loro destino..." Fonte: DeaStore

Inserito all'interno di una regia dallo stampo neanche tanto classico, "Prima linea" si avvale di una direzione degli attori sempre molto precisa e puntuale. Aldrich si concede carrelli e dissolvenze di notevole imprinting, alimentando uno stile rapido di ripresa che promuove la concitazione degli eventi e degli animi. Ma più di tutte risaltano certe inquadrature dal basso a ingigantire uomini, volti, case, carri armati, barbari e poderosi tutti.

Continuando la sua analisi sull'indole venduta del Potere, il regista racconta la storia di un'insurrezione individuale tra le forze armate statunitensi, accerchiate dall'artiglieria pesante nazista al principio dello scontro sulle Ardenne, nel 1944.
Un'opposizione doppia quella messa in scena: da una parte il nemico vero e dall'altra un ostacolo interno. Il doppio contrasto è destinato a generare sconfitte; perché l'Autorità è come un carro armato che schiaccia inesorabilmente chi tenta di scalzare coloro i quali sono votati all'egemonia politica, per merito o per stupida ambizione, sotterrando il cosiddetto "peso popolare" del comando in un accidioso inserimento nel Sistema ormai votato alla cancrena.

Da questo si può facilmente capire perchè l'America e le forze militari dell'epoca fecero il possibile, visto che Aldrich non conosceva esaltazione per l'amor di patria, nell'osteggiare la produzione e la distribuzione di "Attack!".
Di conseguenza l'ambientazione dove poter svolgere le azioni di guerra vere e proprie fu ridimensionata, e ciò non fece altro che acuire la drammaticità di alcune scene girate in spazi ristretti, lasciando perdere quelle ambizioni di ariosità e panoramicità che avrebbero apportato le scene di attacco aereo.
Tra le curiosità della pellicola, c'è la doppia ripresa dalla stessa angolazione dello stesso cingolato, proprio per i suddetti motivi.

Suggestiva la dualità tra il potere ottuso e i soldati di prima linea più deboli, che subiscono perdite fisiche e morali (ci si salva per il rotto della cuffia e ironizzando, non senza aver regalato qualche arto rotto prima di far ritorno a casa).
Soprattutto il personaggio interpretato da Jack Palance (il Tenente Joe Costa), è davvero una volpe fragile. Scaltro e tutto d'un pezzo in battaglia, è costretto a scontrarsi con qualcosa che nemmeno conosce e immagina: una debolezza a metà tra lo psicologico e il corruttibile che lo obbliga a trascinarsi per terra, ai piedi di una figura più gracile eppure più spalleggiata di lui.
Il rapporto di forza sulle strategie d'attacco giocato con Eddie Albert (il Capitano Erskine Cooney, interpretato dall'attore che ritornerà, altrettanto odioso, in "Quella sporca ultima meta"), mette in evidenza la posizione dell'uomo sbagliato nel posto sbagliato, colui che si trova in quell'avamposto per accontentare un desiderio paterno.
Un nesso che smuove una serie di emozioni così articolate: c'è la paura degli uomini del reparto militare più avanzato, la fiducia quasi incondizionata che essi riconoscono al loro tenente, la validità e l'importanza della parola nel rapporto tra uomini integri, e c'è il bilanciamento del trasformismo di certi colonnelli, il tradimento dei valori umani, le vigliaccherie di chi non sa svolgere i suoi compiti, fino ad arrivare all'omicidio.
Nessuno brilla come modello integerrimo e non c'è riabilitazione nemmeno per il Tenente Woodruff che agirà per conto di Costa, offrendosi alla mercé di una democrazia che ormai presta fede senza riserve all'arte del compromesso dei suoi superiori.

Leggermente disordinato per l'elevato numero di personaggi coinvolti nell'affaire, tra i quali un Lee Marvin lasciato nell'ombra, "Prima linea" rimane un film dal grande impatto visivo e dalla forte connotazione socio-politica.

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Recensione a cura di pompiere - aggiornata al 08/04/2011 15.34.00

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