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Il cibo, la preparazione del cibo è una estasi della gola ma anche della vista, peccato capitale, stimolo libidinoso. Ne sanno qualcosa Camilleri con la sua ossessiva e minuziosa descrizione dei piatti gustati da Montalbano, Vàzquez Montalbàn, autore anche di libri di cucina, Tomasi di Lampedusa ed anche il magistrato-romanziere Carofiglio non è da meno nell'unire alla trama dei suoi legal thriller qualche interessante ricetta descritta con molta pignoleria.
Anche il cinema ha fatto la sua parte nel connubio, nella stretta relazione tra cibo e lussuria: ne "La Grande Abbuffata" di Marco Ferreri degli amici mangiano fino a morire per la serie cibo, sesso, amore e morte; ne "Il pranzo di Babette" la cuoca francese Babette fa finalmente scoprire la gioia della cucina ai tristi e tristanzuoli luterani, lei proveniente da un paese considerato libero e libertino.
"Ricette d'amore", originale pellicola tedesca poco nota, stranamente spesso trasmessa in estate dalla rete ammiraglia della tivù di Stato, riprende il filo già lanciato dai suoi predecessori: cucina, cibo=amore per la vita e quindi anche lussuria, gioia, anche se all'inizio la storia ci presenta una protagonista un po' stressata, tanto da finire dallo psicanalista al quale tanto per cambiare propina le sue pietanze.
Martha (Martina Gedek) lavora come chef in un raffinato ristorante ma pur essendo perfetta nel suo lavoro non è vitale, è spenta, vive il suo lavoro come in una catena di montaggio non accorgendosi del mondo circostante. Da notare che tra i membri della "brigata" c'è anche una donna in attesa, simbolo del rapporto forte tra cibo e vita. L'arrivo della nipote e del cuoco italiano cambieranno l'esistenza grigia e monotona della donna e ancor più metteranno a confronto due diversi stili di vedere la cucina e anche l'esistenza. Il cuoco italiano, simpatico cialtrone secondo lo stereotipo germanico da sempre legato a doppio filo da amore e odio con i più calorosi italiani, è interpretato con molta nonchalance dal nostro Castellitto, ormai portabandiera all'estero della nostra recitazione accanto al più consumato Giancarlo Giannini.
Da mangiare ahimè solo con gli occhi le pietanze servite da Castellitto e inquadrate impietosamente in primo piano, trionfo di colori e della cucina mediterranea, tripudio di verdurine grigliate, olio d'oliva e pane a fette, il tutto al ritmo di una tra le più celebri canzoni di Paolo Conte, anch'egli raffinato simbolo dell'orgoglio italico.
Finale aperto, poco chiaro; chiaro il messaggio della relazione tra il cibo, la cucina e il risveglio dei sensi, evidente da parte dei freddi e un po' frigidi tedeschi (simboleggiati dalla poco comunicativa Martha), l'invidia verso chi è confusionario e poco organizzato ma riesce a mettere più allegria nella vita (l'italiano Castellitto e l'intera nazione da lui rappresentata).
Piccola consolazione per noi, simpatico film da vedere, saggia decisione quella della programmazione estiva: vederlo all'aperto assaggiando le stesse pietanze è la morte sua...
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 10/04/2007
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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