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A distanza di quasi vent'anni dall'ultima rappresentazione cinematografica del famigerato arciere fuorilegge, Ridley Scott ha sentito la necessità di girare un altro film che ritraesse le gesta di questo nobile ladro, figura per metà storica e per metà leggendaria, ma la domanda che tutti si sono posti è: c'era bisogno davvero di un altro Robin Hood?
Recitato dall'ormai consolidato e fedele Russel Crowe, Robin Longstride (Hood), arruolato come arciere nell'esercito di Riccardo Cuor di Leone, inizia a scrivere la propria leggenda grazie alla morte dello stesso Re sul campo di battaglia. I soldati incaricati di riconsegnare la corona alla regina d'Inghilterra vengono sorpresi e uccisi in un'imboscata in territorio francese; trovandosi nel mezzo, Robin e i suoi tre compagni riescono a mettere in fuga il nemico. Un soldato del Re di nome Robert Loxely chiede a Robin di riportare la sua spada al Padre nella città di Nottingham. In segno di rispetto per l'uomo che gli stava morendo tra le braccia, Robin promette di riconsegnare la spada, ma le sue vere intenzioni sono quelle di approfittare della situazione per ritornare incolume in Inghilterra insieme ai suoi compagni di crociata.
Spacciandosi per i soldati del Re e in possesso della sua corona, diviene un gioco da ragazzi avere libero accesso alle navi che li avrebbero riportati in patria, ma durante il viaggio Robin nota delle scritte sull'impugnatura della spada di Robert che lo turbano, e sente di conseguenza il bisogno di seguire il suo istinto che gli suggerisce di non sfidare troppo la fortuna e di mantenere la promessa fatta a Robert, mettendosi in cammino per la città di Nottingham al fine di riconsegnare la spada a suo padre.
Scott come sempre è molto abile nel rendere la confezione appetibile, affidandosi alle proprie doti e investendo molte risorse negli effetti speciali, nel trucco, nei costumi ed in un'eccellente fotografia, ma ciò non è sufficiente ad ingannare il pubblico meno giovane. Molti a fine proiezione torneranno a casa con il frame del generale Massimo che grida ai suoi soldati "al mio segnale scatenate l'inferno" (Come suggerisce anche la stessa locandina).
Difatti, nonostante l'indiscutibile bravura di Crowe, specialmente in questo tipo di ruoli, nello scorrere delle sequenze diventa troppo forte la tentazione dello spettatore di associare l'attore all'audace personaggio romano che gli valse la statuetta d'oro, oscurando di conseguenza la natura del personaggio di Robin Hood che nell'immaginario collettivo appare molto diverso. Al contrario, è molto interessante la figura forte e decisa di Lady Marian, interpretata dall'eccellente ed esperta Cate Blanchett.
Il film si regge quasi interamente sui due protagonisti; il resto del cast per la maggior parte appare sterile e superfluo, con una serie di personaggi che somigliano più a delle comparse che a dei veri e propri co-protagonisti. Per fare un esempio, i personaggi di Little John e di Fra' Tuck sono a malapena tratteggiati, mai rilevanti e mai incisivi, né aiutanti né opponenti, praticamente inutili.
Il Re Giovanni poi, interpretato da Oscar Isaac, non ha il giusto spessore che il ruolo richiederebbe; l'unica cosa che riesce a trasmettere è una brutta imitazione dell'Imperatore Commodo interpretato dal bravissimo Joaquin Phoenix ne "Il Gladiatore".
Neanche la figura antagonista di Sir Godfrey riesce nel suo doppio gioco a dare un pizzico di sale in più allo sviluppo narrativo; l'unico personaggio a malapena interessante è Sir Walter Loxely, ma di certo non grazie alla sceneggiatura, bensì all'incommensurabile presenza cinematografica di Max von Sydow ("Il settimo sigillo", "L'Esorcista") che con la sua grande esperienza riesce a dare una forte identità a qualsiasi tipo di personaggio che interpreta.
Ormai schiavo dei propri stereotipi, Ridley Scott non è più in grado di sbalordire e di emozionare sul grande schermo con il solo ausilio dei suoi trucchi commerciali e della propria abilità tecnica coloro che lo seguono da tempo.
Quello che un tempo era un regista all'avanguardia ha raggiunto ormai da molto il vertice della propria carriera, e tutto quello che ora riesce a fare è stare al passo con i tempi moderni che, come avvenuto già per altri grandi registi, gli suggeriscono di investire le proprie risorse in temi già fin troppo abusati sul grande schermo o ancor peggio in inflazionati prequel. La dimostrazione della sua lampante scarsità di idee è l'annunciato ritorno ad "Alien" (Stavolta in 3D, ormai è di moda) in cui ci racconterà di come viene scoperto il pianeta Zeta Reticuli.
Che i tempi per il cinema di qualità siano duri e che la potenza espressiva del cinema stesso venga spesso schiacciata dalle necessità commerciali si sapeva già, ma da un grande regista come Ridley Scott ci si aspetta sempre un qualcosa di più. Del suo sogno nel cassetto rimane un ottimo prodotto commerciale che durerà il tempo di una mezza stagione, per poi naufragare nel dimenticatoio.
Dopo il tramonto c'è la zona del crepuscolo, che però ha sempre il suo fascino.
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Recensione a cura di Fulvio Baldini aka peter-ray - aggiornata al 19/05/2010
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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