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"Che cosa fanno le streghe?"
"Il male! Nient'altro all'infuori di quello".
"Suspiria", diretto nel 1977, è il sesto film di Dario Argento e la sua prima pellicola di genere horror. Il regista dichiarò che voleva distaccarsi nettamente da quella che era stata la sua precedente cinematografia, poiché reputava che solo il soprannaturale potesse costituire una tematica confacente al suo stile di regia, così visionario e moderno.
Il soggetto si ispira a un'opera dell'autore britannico Thomas De Quincey (1785-1859) intitolata "Suspiria de Profundis" (1845), da cui deriva appunto il titolo del film. In virtù di questa scelta è stato affermato che "Suspiria" è il primo capitolo di una trilogia, che culmina col film "La Terza Madre". Il secondo capitolo della trilogia è "Inferno" (1980), anche questo fortemente ispirato dall'opera di De Quincey e in particolare dal suo "Levana and Our Ladies of Sorrow", sempre contenuto in "Suspiria de Profundis", dove compaiono le Signore del Dolore: "sono sorelle e sono tre, come le Grazie e come le Furie; i loro nomi sono Mater Lachrymarum, Mater Sospiriorum e Mater Tenebrarum".
Ora, se è indubbiamente vero che "Inferno" sia stato scritto e diretto espressamente come seguito ideale, ma al contempo indipendente, di "Suspiria" e se è vero che "La Terza Madre" si è rivelato solo un goffo tentativo di mutuare il successo delle due pellicole precedenti, è altrettanto vero che quando uscì "Suspiria", nessuno aveva pensato a una trilogia. Questo fatto rende il film completamente svincolato ed assolutamente autonomo rispetto alle pellicole che lo hanno seguito.
Il film racconta la storia di una giovane americana di nome Susy Banner (Jessica Harper), che si è iscritta ad una rinomata scuola di danza di Friburgo. La notte del suo arrivo, incrocia un'altra allieva (Eva Axen) che sta scappando sconvolta. Questa andrà incontro ad una morte atroce insieme ad una sua amica (Susanna Javicoli).
All'interno dell'Accademia di Danza Susy incontra una serie di personaggi eterogenei e bizzarri fra cui l'ambigua vicedirettrice Madame Blanc (Joan Bennet) e la rude Miss Tanner (Alida Valli). Susy diventa amica di Sara (Stefania Casini), che le rivela piano piano alcuni dei segreti che si celano dietro le mura della loro scuola. Una serie di accadimenti macabri e di efferati omicidi spinge le due ragazze verso la scoperta di un'antica verità.
La sceneggiatura di "Suspiria" è stata scritta a quattro mani da Dario Argento e da Daria Nicolodi, che nella stesura si sono ispirati senza averlo mai dichiarato apertamente, oltre che al citato De Quincey, anche al libro del drammaturgo Frank Wedekind (1864-1918) intitolato "Mine-Haha ovvero Dell'Educazione Fisica delle Fanciulle", pur strizzando l'occhio a Lewis Carroll e al suo "Le Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie".
Una sceneggiatura che in alcuni casi si rivela piuttosto esile e fallace, con dialoghi che spesso sono sconclusionati e, a volte, risibili. Tuttavia, la causa di ciò non è da attribuirsi ad una incapacità degli sceneggiatori. Infatti, l'idea originale di Dario Argento era quella di ambientare la storia in una scuola di danza per ragazzine sul limitare dell'adolescenza, ossia intorno ai dieci anni. Questa scelta avrebbe permesso al film di acquisire una dimensione assai più incisiva per quanto concerne la storia narrata. La sceneggiatura fu scritta in quest'ottica. Poi però la produzione, ossia la Seda Spettacoli s.p.a. (il che vale a dire Salvatore Argento, papà di Dario e di Claudio) in accordo con la distribuzione della Fox, ha reputato che per la violenza delle situazioni narrate non sarebbe stato opportuno girare il film con delle attrici decenni. Questo anche per evitare divieti di censura ed eventuali ostracismi da parte dei giornali e della critica, oltre che alcune problematiche legali concernenti le norme tedesche sulle attrici minorenni. Dario Argento assecondò le direttive del padre, ma non modificò la sceneggiatura. È per questa ragione, dunque, che spesso i dialoghi possono apparire inadeguati.
Il regista ha voluto comunque trasmettere quel senso d'impotenza che s'ingenera nei bambini quando sono alle prese col mondo adulto. Si noti, infatti, che le porte dei corridoi dell'Accademia di Danza sono enormi, praticamente fuori misura. Inoltre durante tutta la sequenza magistrale in cui Jessica Harper, che appare proprio esile e titubante come una bambina, attraversa i corridoi, contando i passi per scoprire dive si recano le istitutrici, le maniglie delle porte sono tutte all'altezza della sua testa e non a quella del gomito, come invece si vede in varie altre sequenze precedenti. Quella è appunto l'altezza a cui si trovano generalmente le maniglie delle porte per un bambino di fra gli otto e i dieci anni di età.
Il film è stato girato in Germania, fra Friburgo, Monaco di Baviera e la Foresta Nera, e in Italia a Roma negli studi di Cinecittà, dove sono stati ricostruiti gli interni della scuola di danza. Le riprese sono durate quattordici settimane e la lavorazione è stata accompagnata da alcuni piccoli intoppi che, accompagnati dal clima creato dalla storia narrata, avevano alimentato la suggestione di una presenza maligna sul set, almeno così si racconta.
Nonostante alcuni impasse narrativi, giustificabili solo considerando che la storia era stata scritta a misura di bambino, ed una trama piuttosto esile, Argento dirige un horror dalla struttura straordinariamente compatta, intensa ed incalzante. La suspance è ai massimi livelli, senza mai nessun calo di tensione né di tono. Le atmosfere sono cupe, inquietanti, cariche di mistero e pregne di una malvagità, che in alcuni momenti esplode in tutta la sua violenza, mentre in altri striscia sottile e sinuosa come un serpente velenoso dal morso micidiale. Un'atmosfera così densa e così ben costruita da riuscire ad accompagnare lo spettatore anche dopo che sullo schermo è comparsa la parola "Fine".
"Suspiria" si dimostra, fin dalle prime immagini e in un crescendo rossiniano, un film sontuoso ed elegante, che offre un impatto visivo meraviglioso ed affascinante.
Quello che più colpisce è l'incredibile seduzione artistica, regalata da uno sfoggio di colori accesi ed in continuo contrasto fra loro e valorizzata dall'ottima fotografia di Luciano Tovoli.
A dominare sono il rosso, il verde, il blu ed il nero. Si pensi ad esempio alle pareti esterne dell'accademia di danza bagnate da una pioggia torrenziale o al contrasto fra il nero e l'oro delle colonne e di alcuni altri ornamenti floreali. E poi anche al contrasto fra il rosso delle sete, che tappezzano le pareti dei corridoi, ed il nero delle porte con sopraluce da cui filtra un bianco quasi abbagliante.
Colori volutamente saturi ed eccessivi che assurgono ad immagine onirica e surreale, contribuendo a creare un'atmosfera unica ed inquietante, ma al contempo seducente ed accattivante. Essi riescono anche a trasmettere al pubblico ancora una volta la sensazione d'impotenza del bambino. La Harper non è differente dall'Alice di Lewis Carroll. Solo che lei non è proiettata nel Paese delle Meraviglie, bensì in un mondo altrettanto favoloso e surreale, ma ancor più crudele ed orrifico, dove il male e la morte regnano incontrastati.
L'intenzione era quella di realizzare il film in Technicolor, una tecnica utilizzata soprattutto negli anni quaranta e nei primi anni cinquanta, nella quale il film veniva impresso su tre differenti matrici, ciascuna delle quali dominata da uno dei colori fondamentali. Poiché questa tecnica era ormai obsoleta negli anni settanta e non esistevano più macchine da presa in technicolor, Tovoli propose un procedimento inverso consistente nell'estrarre le tre matrici dal negativo originale e di pitturarle ciascuno con uno dei colori fondamentali nell'intensità che si desiderava.
Per realizzare questi effetti visivi è stata utilizzata un pellicola a bassissima sensibilità, fra i trenta e i quaranta ASA, che garantiva una maggiore profondità di campo e una superiore luminosità accompagnata dalla possibilità di raggiungere la massima saturazione del colore.
Inoltre, Tovoli d'accordo con Argento ha voluto che gli effetti visivi fossero già presenti al momento della ripresa e non fossero realizzati successivamente durante la post produzione.
In tal senso è da antologia del cinema la scena iniziale del taxi che conduce Susy alla scuola di danza. L'interno del taxi è stato completamente ricostruito in teatro e la luce delle lampade era filtrata attraverso gelatine colorate che trasmettevano allo spettatore la sensazione delle luci stradali. Con questa tecnica lo spettatore si trovava praticamente nello stesso taxi, seduto accanto a Jessica Harper. Era quasi un effetto tridimensionale senza che il film fosse girato con la tecnica 3D.
In questa scena Argento ha regalato al pubblico anche un piccolo cameo: il suo volto illuminato da un sorriso ghignate appare riflesso nel vetro del taxi che separa l'autista dal cliente.
Dario Argento compare anche in un secondo cameo durante la sequenza finale in cui interpreta Pavlo morente al posto di Giuseppe Transocchi.
Altrettanto interessante è la scena dell'uccisione di Flavio Bucci nella Königsplatz di Monaco, dove il senso della minaccia incombente viene costruito scrupolosamente attraverso un montaggio che alterna inquadrature panoramiche a piani ravvicinati e a particolari dei dettagli architettonici. La macchina da presa riprende il personaggio dal basso, lo segue spiandolo attraverso un colonnato, poi lo inquadra dall'alto trasmettendo il suo isolamento nell'immensità della piazza e la sua piccolezza di essere umano di fronte alle forze dell'occulto, e infine precipita verso di lui. Per realizzare questa sequenza la macchina da presa fu assicurata a un sistema di carrucole e di cavi di acciaio e fu lasciata cadere in discesa libera per circa quaranta metri.
Sono semplicemente eccellenti le scenografie di Giuseppe Bassan, che curano gli interni e gli arredi fino nei più minimi dettagli. Un trionfo del Liberty, che ritroviamo in tutta la voluttuosità delle sue linee curve e sinuose, delle sue spirali e delle sue armonie floreali, che ben si sposano con i temi ornamentali costituiti appunto da fiori e foglie. Un tripudio di velluti pesanti e di sete lussuose in continua alternanza con veli leggeri e trasparenti.
Una regia virtuosa (forse la migliore prova di Dario Argento), sofisticata, irreprensibile e mai fine a se stessa, guida lo spettatore attraverso un labirinto magico e surreale, dove si respirano angoscia e paura. Una regia che gioca con i riflessi, con le trasparenze e con l'alternanza di contrasti luminosi. Argento alterna campi lunghi e riprese in soggettiva che trasformano i locali ed i corridoi dell'Accademia di Danza in un labirinto misterioso in cui sembra facile smarrirsi e perdere se stessi. Insiste in modo quasi ossessivo sui dettagli e sui primi piani degli oggetti di arredo o comunque ornamentali trasformando gli ambienti in prigioni. Nei pochi esterni, ricorre spesso a riprese dall'alto e a campi lunghissimi, che trasmettono tutta la piccolezza, intesa sempre nel senso del bambino, dei personaggi.
Ogni singola inquadratura è stata studiata scrupolosamente, prestando attenzione a non essere mai ripetuta in altre occasioni.
Fra le numerose sequenze suggestive, è doveroso citare quella della fuga e morte di Stefania Casini. Questa comincia nella camera delle ragazze con l'inquadratura fatta attraverso il vetro di una lampadina, che si spenge, mentre la Harper sta dormendo e la sua compagna scappa dalla stanza. Adesso la scena è dominata da una luce di un verde sinistro e gelido che poi sconfina in un rosso infernale dove le ombre nere si stagliano minacciose sui muri e dietro ogni angolo. La ragazza raggiunge un rifugio salvifico dove il colore dominante è divenuto il blu. Questo colore, però, non intima solo un senso di tranquillità, ma anche un senso di gelida crudeltà. E infatti è qui che Sara troverà la morte, intrappolata dalle spire del filo di ferro e con la gola tranciata dalla gelida lama di un rasoio. Durante la realizzazione di questa sequenza Stefania Casini si è dovuta gettare davvero in mezzo al filo di ferro e, dopo aver mosso alcuni passi, ne è stata imprigionata. I tecnici la hanno dovuta liberare con le cesoie e la sua pelle portava i segni di piccole escoriazioni.
Ottima anche la sequenza del dialogo fra le due ragazze nella sala adibita a dormitorio, mentre si intravede dietro la tenda trasparente il profilo della direttrice. Anche in questo caso il colore dominante è il rosso, che trasmette al pubblico la sensazione del male incombente.
Suggestiva e seducente la scena in cui Susy e Sara nuotano nella piscina Müllersche Volksbad. La macchina da presa è in continuo movimento e la regia adotta una serie di inquadrature panoramiche che dall'alto scendono sulle due ragazze, suggerendo che esse sono costantemente spiate.
È assolutamente d'antologia la scena iniziale del duplice omicidio con il lucernario del palazzo in pura Art Déco, che s'infrange scagliando vetri assassini giù nell'atrio.
Dario Argento rende omaggio al proprio cinema con alcune citazioni di vario genere. Per esempio il pianista cieco interpretato da Flavio Bucci ricorda molto da vicino l'enigmista cieco de "Il Gatto a Nove Code", così come la statuetta a forma di pavone, che Jessica Harper urta nella stanza della Markos, armandosi poi di una delle piume della sua coda, ricorda da vicino "L'Uccello dalle Piume di Cristallo" (che se era figurativo nell'opera prima del regista romano, diventa fisico durante la sequenza finale di "Suspiria").
Peccato invece per la qualità della recitazione, complessivamente piuttosto mediocre specie sotto il profilo dell'impostazione vocale. Anche Alida Valli, generalmente straordinaria, qui è notevolmente sottotono. Da segnalare la partecipazione di un giovane Miguel Bosé nel ruolo del ballerino Mark.
Come già detto, sono di basso livello anche i dialoghi, spesso gratuiti e poco incisivi. Fanno eccezione, però, gli scambi di battute fra la Harper e i due psichiatri, Mandel (Udo Kier) e Milius (Rudolf Schundler) che le parlano in toni diametralmente opposti di magia e di streghe.
"Non dimenticare che la sfortuna non è data dagli specchi incrinati, ma dai cervelli incrinati".
In poche battute è disegnata una società divisa fra la realtà e l'immaginazione, fra la concretezza e la fantasia, fra il razionale e l'irrazionale, dove a quest'ultimo corrisponde un bisogno elementare di mistero e di magia che rifugge la cruda verità di mondo solido, tangibile e concreto. Credere nell'occultismo è il risultato della perdita di una spiritualità che è stata assorbita dal metodo scientifico.
"Suspiria" è una favola nera in cui l'irrazionale, costellato da tutte quelle paure tipiche del mondo infantile, trionfa sul razionale.
È un peccato che non sia stato approfondito il personaggio di Elena Markos, né il tema della stregoneria, limitandosi a suggerire solo alcuni archetipi come la scuola delle streghe, il rito della danza inteso come forma di elegante manifestazione della magia, un matriarcato che domina gli uomini che sono paggi - si pensi in particolare al piccolo e demoniaco Albert (Jacopo Mariani) - asserviti alle loro signore, le misteriose origini dell'arcano legate ai paesi dell'est, in particolare alla Grecia e alla Romania. È il caso ripetere a dimostrazione dell'indipendenza di "Suspiria" dai suoi seguiti, che la Markos in questo film non viene mai indicata come Mater Sospiriuorum, ma esclusivamente come la Regina Nera. Ed è intorno a lei che si sviluppa quella struttura spiraliforme dell'associazione di streghe che il professor Milius paragona a un serpente la cui forza risiede nella sua testa. Altro concetto che se sviluppato maggiormente sarebbe stato assai interessante.
Ad ogni modo, la scelta di accennare agli archetipi della stregoneria senza svilupparle e dandoli per scontati, contribuisce alla costruzione di quell'atmosfera così particolare che caratterizza "Suspiria".
L'impianto favolistico gioca anche su contrasti appena accennati quali la dicotomia fra purezza virginale, dettata soprattutto dalla giovinezza, delle fanciulle e la perversa e seducente crudeltà delle streghe che si manifesta attraverso la disgregazione del corpo e la corruzione della carne, data soprattutto dalla vecchiaia. Si pensi in tal senso alla pelle nera e rugosa di Elena Markos.
Un discorso a sé stante deve essere fatto per quella che la dimensione estetica dell'omicidio.
"Suspiria" non segna soltanto l'ingresso di Dario Argento nel mondo dell'orrore, ma è anche il primo passo nella sua carriera verso quella destrutturazione artistica, in verità già accennata in "Profondo Rosso", che attraverso lo smembramento del corpo umano ricorda che questo non è altre che un insieme di sangue e tessuti, un meccanismo complesso che può essere scomposto a piacimento. In questa ottica è particolarmente rivelatrice la scena iniziale in cui si vede pugnalare un cuore pulsante visibile attraverso un improbabile squarcio nel petto di Eva Axen. Altrettanto importante è la sequenza finale in cui il cadavere orribilmente martoriato di Sara diventa un burattino mortale in mano alla Regina delle Streghe. Questi si riallaccia alla citata dicotomia fra la giovinezza come simbolo di purezza e la vecchiaia come elemento di corruzione fisica e morale.
Le musiche sono ancora una volta curate dai Goblin, sotto la supervisione di Dario Argento. Come sempre esse si dimostrano di un'efficacia rara e impreziosiscono non poco le atmosfere e la qualità stessa della pellicola. Secondo Claudio Simonetti, questa è stata la loro migliore produzione, benché molti ritengano superiore la colonna sonora di "Profondo Rosso" (1975).
"Suspiria" non è un semplice film horror, né si limita ad essere una fiaba gotica, è un capolavoro surrealista, che miscela sapientemente il sopraccitato Liberty allo stile Déco e, perché no, anche alla Pop Art. È un viaggio nei colori e nei giochi di luci, che regala agli occhi un'esperienza seducente ed indimenticabile.
"Suspiria" non ottenne grandi consensi in Italia. Parte della critica lo stroncò a causa della sua superficialità narrativa e della mancanza di qualsivoglia approfondimento psicologico dei personaggi. Il pubblico a propria volta reagì con freddezza aspettandosi appunto una storia più costruita, come quelle a cui Dario Argento lo aveva abituato in precedenza. Il pubblico inoltre era forse troppo immaturo per cogliere la straordinaria dimensione artistica e visiva di questo film, limitandosi a subirne l'orrore e la violenza come due delle principali dimensione di una paura che trovava il proprio coronamento nella costruzione di una tensione tangibile ed angosciante. Fortunatamente il pubblico italiano non è mai stato il giudice del successo di un film, altrimenti sarebbero troppi i capolavori della settima arte che sarebbero caduti nel dimenticatoio, per non dire direttamente in un immondezzaio.
La Francia accolse con estremo favore il nuovo lavoro di Dario Argento e ne decretò il successo a livello mondiale, dagli Stati Uniti al Giappone. Fu solo dopo "Suspiria" che anche i precedenti lavori del regista furono distribuiti in tutto il globo.
Ancora oggi questa è una pellicola di una modernità sconcertante, fatta salva l'imbarazzante scena che vede Susy alle prese con un pipistrello posticcio, che è esaminata e studiata da tutti quei registi che intendono confrontarsi con il genere horror.
"Suspiria" è un horror magistrale e visionario cui moltissimi autori si sono inspirati e a cui hanno reso omaggio nel corso degli anni. È un film imprescindibile per chiunque desideri cimentarsi con la cinematografia di genere in particolare, ma anche con la Settima Arte in generale.
Con questa pellicola Dario Argento ha compiuto la sua più grande Magia.
E come spiega il professor Milius alla nostra Susy:
"La magia è quella cosa che ovunque, sempre e da tutti è creduta".
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Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli - aggiornata al 16/06/2010 18.53.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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