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Per Peter Parker sembra non esserci pace: le imprese nei panni di Spider-Man sono forse la parte più semplice della sua vita, tormentata dai dubbi sul mistero della scomparsa dei suoi genitori e dal rimorso di aver infranto la promessa fatta al capitano Stacy morente di tenersi alla larga dalla figlia Gwen. Le cose precipitano quando Max Dillon, un impiegato della Oscorp, acquisisce poteri legati all'elettricità e si allea con Harry Osborn, appena tornato in città, che nel tentativo di trovare una cura per la malattia che sta ereditando dal padre, si trasforma in Green Goblin. I due, per motivi diversi, decidono di prendere di mira Spider-Man e tutto ciò che ha di più caro...
Rispetto al primo, pessimo, episodio, c'è qualche evidente miglioramento (anche perché fare peggio era davvero difficile), ma è quasi imbarazzante e a tratti ridicola l'alternanza di sequenze chiaramente studiate a tavolino dalla Sony per la "semina" del franchising - per cui oltre all'immancabile terzo capitolo si gettano le basi anche per gli spinoff - e quelle che realmente interessano a Webb, regista di commedie sentimentali prestato casualmente al genere supereroistico. Un suggerimento per distinguerle: quando Peter è in costume, è il film della Sony, quando è in borghese, è il film di Webb. E funziona, strano a dirsi, meglio il primo: le sequenze di azione sono perfette. Al quinto film su Spider-Man non solo finalmente si è indovinato il costume (ci voleva tanto?), ma anche il mood di Spidey in battaglia, il ritmo e la spettacolarità. Questo è Spider-Man come un fan se lo immagina al cinema.
Purtroppo, quando in scena c'è Peter invece del suo alter-ego, il film si pianta su un insostenibile tira e molla tra Peter e Gwen, realizzato goffamente nonostante la chimica tra i due attori. Ancor meno credibile è tutta la sottotrama legata a Harry Osborn, che torna a New York per far visita al padre morente e viene accolto da Peter come il suo "miglior amico". Che non vede dall'infanzia, che non ha mai nominato nel primo film e che pare davvero implausibile possa aver frequentato da piccolo.
Ancora una volta, l'approssimazione nella sceneggiatura porta a forzature assurde e ingiustificabili (e a un altro laboratorio segreto nei sotterranei di New York), che solo gli spettatori più giovani e meno attenti potranno non cogliere. Per un film di questo genere, non avere coerenza narrativa è gravissimo. Ancor più grave è aver sbagliato completamente la caratterizzazione di Peter Parker. Sebbene recensioni e articoli copincollati da pressbook e materiale pubblicitario si affannino a sostenere un paragone con la serie Ultimate, la vera rivoluzione di questo Spider-Man, che tutto è tranne che Amazing (vista la serie di disastri e vittime che in pochi mesi di carriera è riuscito a mettersi in conto), è proprio nella rielaborazione del personaggio principale: un Peter arrogante, vanesio e superficiale non si era mai visto, nemmeno nelle peggiori caratterizzazioni fumettistiche. Un personaggio del genere, su carta, non durerebbe che pochi numeri, altro che film e trilogie. Questo Peter, a pochissimi mesi dall'inizio della sua carriera ha sulla coscienza tre morti - gli stessi che nei fumetti sono spalmati in anni di storie, durante i quali c'era stato tempo e modo di approfondire il personaggio e dare ai lettori modo di vivere quelle tragedie. Messe così, una in fila all'altra, e per di più con un Peter così poco incline alla responsabilità ed alla maturazione, non fanno che rendere Peter Parker un mediocre essere umano e un pessimo supereroe.
A chi non ha affinità con il Peter Parker cartaceo (che Tobey Maguire aveva reso senz'altro più fedelmente), questo potrà sembrare un difetto minore, ma non lo è: al centro della storia di Spider-Man ci sono sempre stati i personaggi e la rete di relazioni che Peter ha con loro, molto più della lotta con il nemico di turno. Inciso su Electro: spettacolare, ma poco convincente, come tutto il resto - e Jamie Foxx è l'ennesimo ottimo attore che intasca l'assegno e se la cava con il minimo sindacale. D'altra parte, il risultato più evidente della genesi di Electro è che l'elettricità gli raddrizza i denti davanti e lo rende incline a one-liners da far impallidire Schwarzenegger. Il Rhino di Paul Giamatti si vede per meno di tre minuti. Praticamente è tutto nel trailer.
Volendo spezzare una lancia a favore del film di Webb, oltre alle splendide sequenze d'azione, ci sono almeno due momenti molto intensi (ma su due ore di film...): la scena con il bambino vestito da Spider-Man (preceduta da un'altra bella sequenza in cui Spider-Man salva il bambino dai bulli) e la scena della caduta di Gwen nella torre dell'orologio. Il destino di Gwen è anticipato, troppo, per tutto il film, durante il quale ogni suo discorso è ammantato di un fatalismo fuori luogo, solo parzialmente comprensibile alla luce del suo recente lutto.
Su Andrew Garfield il giudizio resta dunque sospeso: è ottimo nelle scene leggere, meno in quelle drammatiche e nel complesso il suo personaggio non rende come dovrebbe. Emma Stone e Dan DeHaan fanno il meglio che possono, ma c'è poco da fare: è un peccato perché l'interazione Gwen/Harry/Peter poteva essere sviluppata molto meglio. Nella trilogia di Raimi era una parte fondamentale della trama e il dramma dell'amicizia distrutta era costruito intelligentemente e in un arco temporale esteso. Senza dover necessariamente ricorrere al triangolo sentimentale, si poteva almeno evitare di forzare così tanto l'ingresso in scena di Harry (la malattia che compare proprio nel giorno in cui Harry torna a New York, l'inspiegabile fretta nel trovare una cura, l'assurda genesi di Goblin, persino il finale quadra pochissimo) e dare più senso alla sua presenza o sacrificare un po' del tira e molla tra Peter e Gwen, per dare un po' di spazio al rapporto tra Peter e Harry.
Poco Amazing, ma anche poco Spider-Man: la bella sequenza iniziale, la scena a Times Square e lo showdown finale sono i soli momenti in cui si vede Spider-Man. Forse un terzo della durata del film e tutto il resto è noia e contraddizioni narrative. Troppo poco: anche questo secondo capitolo non arriva alla sufficienza, ma almeno non è irritante come il primo. Stessi difetti, ma meno gravi, e qualche pregio in più. Chi s'accontenta, gode.
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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 20/05/2014 15.00.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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