Voto Visitatori: | 7,13 / 10 (4 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 7,00 / 10 | ||
Opera prima del regista franco-tunisino Kechiche pluripremiata nei vari festival cinematografici, "Tutta colpa di Voltaire" apre un ciclo poi sviluppato meglio in seguito nelle altre prove.
La tematica infatti è quella dell'inserimento dell'immigrato nordafricano in Francia, in particolare nell'ambiente multietnico della capitale, e delle relazioni con le varie comunità che convivono nel Paese.
Il giudizio che dà Kechiche del fenomeno è però tutto sommato positivo: né in questo né nei film successivi si parla di scontri interrazziali o classisti, ma invece il clima appare disteso e improntato sullo scambio e sulla collaborazione.
In "Tutta colpa di Voltaire" il protagonista, il giovane tunisino Jallel, arriva dalla madre patria a Parigi deciso a migliorare la propria esistenza e quella familiare; per poterlo fare ricorre ad un piccolo trucchetto: si finge algerino e richiede asilo politico. I francesi, che hanno dato i natali al grande Voltaire, sono notoriamente particolarmente sensibili ai diritti umani e quindi "abboccano".
La storia è tutta incentrata sulle avventure dolci-amare del ragazzo nella capitale francese e sulle relazioni umane che vi intreccerà.
L'ostello decoroso in cui va a vivere ospita diseredati di varie etnìe e provenienze: lo spagnolo, il gay buddista e Frank, un buffo bretone dalla lingua sciolta e dal cuore d'oro. Non importa quindi essere o meno francesi: la "ricerca" e il "sogno" di una vita nuova accomuna tutti quanti.
Jallel ha anche il tempo per innamorarsi e per rimanere deluso: lei è una ragazza-madre franco-araba bella e complicata che lo manda dal neurologico a curarsi la depressione ed a conoscere un'altra disadattata, una giovane ninfomane fuori di testa con cui tenta di rifarsi una vita prima che i francesi liberisti, stufi di essere stati ingannati, lo rimandino di peso nel proprio Paese.
La conclusione del film e la descrizione cruda della storia di Jallel potrebbero far pensare ad una vicenda drammatica, mentre invece Kechiche vuole guardare alle avventure del suo personaggio con sguardo benevolo e leggero, mettendo sempre in luce gli aspetti migliori: la solidarietà tra "vinti", la bontà intrinseca della ragazza "svitata", i momenti di allegria e di divertimento nell'ostello per senza tetto, persino l'affetto che si viene a creare tra i ricoverati dell'ospedale psichiatrico.
Il taglio dato da Kechiche ricorda molto per il realismo e l'uso della camera, i principi del "Dogma" che vede tra i suoi capiscuola Lars Von Trier: niente colonna sonora, eccezion fatta per la musica presente nei vari momenti, molti primi piani e piani ravvicinati, passaggi un po' troppo bruschi e veloci, molti ambienti esterni e soprattutto descrizione quasi maniacale dei minimi particolari (ne risente infatti la durata: oltre due ore).
Mettendo da parte l'eccessiva lunghezza ed alcune ingenuità, il film però scorre felicemente grazie ai suoi eccellenti interpreti, in grado di far sembrare del tutto verosimile le vicende.
Finale amaro, si era detto: Jallel, novello Candide del 2000, impara a sue spese che la ricerca della felicità non è facile e che può rimanere un sogno; ma il tono dell'intera storia insegna che sperare non fa mai male, e difatti nelle sue prove successive Kechiche cerca di mandare messaggi decisamente più incoraggianti.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 11/06/2008
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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