Voto Visitatori: | 7,51 / 10 (59 voti) | Grafico | |
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Alla sua terza opera come regista, Sergio Castellitto ribadisce il connubio affettivo e professionale con la moglie Margaret Mazzantini, portando sul grande schermo uno dei suoi "best seller", forse quello più difficile da mettere in scena sia da un punto di vista produttivo, sia realizzativo.
"Venuto al modo" è un romanzo forte, profondo, ricco di sfumature, che ha il suo punto di forza più che nel semplice racconto narrativo, in quello introspettivo dei personaggi, nel racconto dell'essere donna e del peso, a volte insostenibile, della maternità.
A tratti corale, sullo sfondo di una sanguinosa guerra, è un libro dove vita e morte convivono in un unicum letterario non sempre risolto, ma che sa catturare l'interesse e coinvolgere.
Va riconosciuto il coraggio nella scelta di portare sul grande schermo un un romanzo così strutturato, lontano dal solito modo di fare cinema in Italia, caratterizzato da un respiro internazionale presente sia nel cast che nella produzione.
La storia è portata in scena su più piani temporali:
- Nel presente abbiamo Gemma, interpretata da Penelope Cruz, una donna di mezza età che decide di ritornare a Sarajevo, invitata da un caro amico Goiko,con il quale è rimasta legata da un profondo affetto. In questo viaggio, apparentemente sulla scia dei ricordi, porta con sé il figlio Pietro (Pietro Castellitto) restio e perplesso dalla scelta di questa meta ma convinto dalla determinazione della madre a portarlo con sé.
- Il passato: Gemma giovane studentessa universitaria si trova a Sarajevo per approfondire la sua tesi di laurea e lì conosce il poeta Goiko che la coinvolge nel suo mondo popolato da giovani artisti scapestrati e soprattutto da Diego (Emile Hirsch), fotografo americano, del quale Gemma si innamora perdutamente. Scoppia tra i due l'amore così come scoppia una sanguinosa guerra che farà da sfondo alle tormentate vicende dei protagonisti, alla ricerca disperata di un'impossibile maternità della sterile Gemma.
Il film si struttura con frequenti flashback, dove passato e presente si confondono, e dove lentamente si cerca di ricostruire i frammenti della storia.
In genere quando abbiamo la trasposizione cinematografica di un romanzo si utilizza spesso il termine "riduzione", in quanto è inevitabile che il contenuto di un libro non possa essere espresso integralmente nelle poche ore di durata di un film. In questo caso la presenza dell'autrice Mazzantini tra gli scrittori della sceneggiatura non permette di effettuare una riduzione, ma tende ad una fedeltà al romanzo che rappresenta sia una risorsa, sia purtroppo anche limite del film.
"Venuto al mondo" è una storia corale caratterizzata dalla presenza di diversi personaggi e dalla relazione che vi intercorre; la trama è frammentata e ricca di riferimenti e soprattutto di avvenimenti che, se nell'economia di un libro riescono ad trovare un equilibrio, la stessa cosa non può dirsi nel film.
Castellitto, tende a soffermarsi sui personaggi di Gemma, Goiko, Diego e Aska (la madre che accetta di "vendere" il figlio a Gemma). La scelta del regista è comprensibile ma per essere coerente avrebbe dovuto sacrificare personaggi di contorno che, invece in "Venuto al mondo", sono presenti numerosi, con le loro relative sottostorie.
Purtroppo però non si riesce a trovare un vero equilibrio tra le varie dinamiche, non si riescono a spiegare i rapporti tra i protagonisti, così come non si capisce come mai Gemma e Diego tornino ripetutamente in quei luoghi.. Va riconosciuto che non era facile rendere le mille sfumature del libro, nello stesso tempo scelte più coraggiose sarebbero state auspicabili, poiché si ha l'idea che ci sia troppa carne al fuoco e nulla venga sviluppato in modo compiuto.
Altro elemento contestabile e che purtroppo pesa sul giudizio complessivo del film (ed anche del romanzo) risiede nel finale che, pur non volendo svelarlo in questa sede, si caratterizza in una rivelazione fatta da Aska a Gemma che, oltre a introdurre nuovi elementi nella storia, immette il tema della violenza sessuale quasi come elemento giustificante di tutti i comportamenti dei protagonisti, cadendo in un buonismo di cui si poteva fare a meno.
Eppure, dinanzi a una sceneggiatura tutt'altro che perfetta, si contrappone, invece, una realizzazione sia tecnica, sia della messa in scena notevole per un film italiano.
La ricostruzione delle scene di guerra è credibile, così come la scelta delle location molto evocative, ma soprattutto "Venuto al mondo" è un film amato anche dai suoi attori che danno delle interpretazioni molto sentite e non si parla solo della bravissima Penelope Cruz.
Anche gli attori secondari assolvono al loro compito con grande professionalità, anche questa una positiva anomalia per un film italiano, notevoli sia Saadet Aksoy, nel ruolo di Aska, sia Adnan Haskovic in quello di Gojko e il perfettamente in parte Emile Hirsch.
Castellitto è a suo agio nel riprendere il racconto nei suoi tanti piani narrativi, ma purtroppo commette un errore evitabile nella scelta del cast, cadendo nel più classico dei problemi del cinema familiare italiano : il figlio. La scelta di Pietro Castellitto non è stata saggia, sebbene sia comprensibile in quanto è evidente che la Mazzantini nella stesura del romanzo abbia proprio pensato al suo vero figlio, mantenendone anche il nome. Purtroppo nel film Pietro Castellitto è un po' un pesce fuor d'acqua, non tanto per l'interpretazione, ancora acerba a dire il vero ma sufficiente, soprattutto per la sua fisicità, troppo somigliante al padre Sergio, che nel film interpreta il terzo marito di Gemma.
Questo crea un effetto straniante veramente fastidioso visto che il film si concentra proprio sui legami di sangue e non si capisce per quale motivo lo stesso Castellitto (padre) non abbia rinunciato al ruolo di attore visto che il personaggio ritagliato per se stesso è presente in poche scene ed è abbastanza irrilevante.
"Venuto al mondo" è stato freddamente accolto al Festival del cinema di Toronto e nemmeno la critica nostrana, generalmente accondiscendente a prescindere verso gli autori più famosi del nostro cinema, è stata da meno. Accusato di essere un polpettone melodrammatico, non possiamo condividere questa critica, pur riconoscendo che il film in alcuni momenti cada in una retorica melensa e stucchevole. Ad ogni modo nel complesso il tutto sembra funzionare, si vede che è messa in scena tutta la sensiblità di chi ha creduto in quest'opera e soprattutto va il merito di aver toccato tematiche molto femminili con tatto e poesia.
Non è facile trovare film che riescano a trattare il tema del desiderio di maternità e dell'amore in maniera così compiuta, il senso di colpa per la perdita ed anche l'incoerenza dei comportamenti che altro non è che l'incoerenza dei sentimenti.
Un film che non si può definire del tutto riuscito, soprattutto se teniamo come termine di paragone il toccante "Non ti muovere", ma di sicuro è sentito e coraggioso e di conseguenza merita di essere visto.
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Recensione a cura di Paolo Ferretti De Luca aka ferro84 - aggiornata al 27/11/2012 14.58.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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