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Mavis Gary (Charlize Theron) dorme sul ventre. Affondando la faccia nel cuscino crea una specie di barriera tra l'esigenza di respirare e quella di anestetizzare le sue emozioni. Mavis è una ghost writer di una serie popolare di libri per ragazzi ("un successone" a sentir lei) in quel di Minneapolis. Pur avendo molti spazi appropriati a disposizione, non porta quasi mai a spasso il suo cagnolino di nome "Dolce". Lo zucchero è proprio quello di cui la sua vita avrebbe bisogno. Invece Mavis si tormenta la nuca strappandosi piccoli ciuffi di capelli, coprendo sotto al tappeto la polvere di un matrimonio fallito, mangiando schifezze e trascinandosi in un appartamento dove tutto è in disordine. Forse perché ha ricevuto un'email inattesa nella quale Buddy (Patrick Wilson, già più in parte rispetto a "Insidious", anche se ci voleva poco), il suo ex dei tempi della scuola, la informa di essere appena diventato padre di una bambina.
La scrittrice nell'ombra decide così di fare un salto indietro nel tempo e nello spazio, lasciando la grande città per tornare a Mercury, nel Minnesota, piccolo paese natale dove ha frequentato il liceo. Qui deve fare i conti con una realtà che non (la) riconosce più, per divergenze sociologiche, istruttive, antropologiche. Il mito americano sembra essersi sgretolato dietro la quiescenza di una provincia che veste maglioni di dieci anni prima, si stiracchia le braccia e sbadiglia sulla porta di casa. Mavis è abituata alle sbornie di bourbon invecchiato, a bere Coca Cola direttamente dalla bottiglia, a sopperire alla mancanza d'ispirazione chiudendosi all'interno di una bolla protettiva incantata che non permette a nessuno di vederla/toccarla. Mette via le responsabilità, accogliendo tutto quell'insieme di cloroformizzazioni che portano ad allungare i capelli e ad accorciare il giudizio, allontanandosi progressivamente dalla realtà.
Jason Reitman, autore che sa ben calibrare gli accenti da dare alle sue opere, si è conquistato una nicchia speciale che lo pone a metà tra i registi indipendenti e quelli commerciali. Dopo la realizzazione di "Juno", si affida ancora alla sceneggiatura di Diablo Cody la quale, guarda caso, ha elaborato lo scritto avendo avuto anch'ella un bambino e avendo vissuto per un po' proprio a Minneapolis. Apparentemente siamo dalla parti della commedia romantica, con tanto di situazioni buffe e malintesi. In realtà lo stereotipo viene solo sfiorato, per poi essere ribaltato in una presa di coscienza piuttosto dolorosa che si avvicina tantissimo (se non la evoca propriamente) alla vita vera. Le battute più aspre, e anche quelle più belle, sono riservate agli incontri che Mavis ha con Matt (Patton Oswalt), suo vicino di banco e vittima adolescenziale del cosiddetto "crimine dell'odio", perpetrato da un gruppo di maschietti inferociti contro la sua ingombrante figura di nerd supereroico, creduto omosessuale. Il confronto con questo bellissimo personaggio non chiede mai la pietà dello spettatore; agli autori non interessa far colpo con le migliori intenzioni o con le valutazioni etiche che potrebbero scaturirne. Procedono verso il confine più isolato della natura umana, rivelando il lato intimo dei personaggi, la maggior parte dei quali vampirizza Mavis in un gioco ironico che pone i protagonisti di "Twilight" a livelli superiori rispetto agli adolescenti un po' sfigati e grigi proposti dalla Nostra.
La colonna sonora ha molte tracce interessanti: accanto a Diana Ross, ai 4 Non Blondes e ai Dinosaur Jr., ci sono i ponderati brani strumentali di Mateo Messina, con il "Concept" dei Teenage Fanclub a far da spartiacque emozionale e malinconico. Peccato che Mavis non le ascolti bene e sia spietata con tutti, anche con se stessa. Grava con insolita crudeltà la sua nomea di giovane liceale bella e facile che cedeva senza sforzo alle avances nel boschetto dietro la scuola. Così facendo prende un abbaglio, credendo che tornare indietro nel tempo sia possibile. Che gli errori di valutazione commessi per mancanza di maturità siano solo chiacchiere cancellabili in un paio di giorni. Che gli affetti e i legami nei quali ci si è già dati anima e corpo possano essere sfregiati da un paio di sedute nei saloni di bellezza.
Controllata, pungente ed equilibrata nel coniugare le tonalità della frustrazione, Charlize Theron recita molto bene senza ricorrere a grida o strepiti. Il suo personaggio scrive prendendo fugaci spunti dai fatti di vita reale che la circondano, mitigandoli in fantasticherie autocompiacenti che sembrano allungarle le ali, almeno per un po'. Perché tutto il suo vissuto fa pensare che non avrà mai a che fare con un oscillante "giocacquario".
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Recensione a cura di pompiere - aggiornata al 20/03/2012 15.13.00
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