aftersun (2022)

Film abbastanza intenso in quelle che sono le dinamiche sottotraccia della storia che però stentano un po' a trovare un filo narrativo, soprattutto se non si legge la trama prima di avventurarsi nella visione.
La riuscita del film è data soprattutto dall'alchimia che si instaura tra i due protagonisti, padre e figlia, che offrono una buona prova in questa che è, tuttavia, una storia ordinaria per come viene presentata. Il finale spiega alcune cose ma cambia poco, per quello che è ed è stato il mio personale coinvolgimento.
Non è un film che si rivede con entusiasmo.

Film intimo dallo stile particolare.

Tra i migliori film del 2022.

Cinema che non vedevo da anni, l'opera prima della scozzese Charlotte Wells.

Padre e figlia, in vacanza (mostruosi Paul Mescal (Calum) e Frankie Corio (Sophie) all'esordio).

Cinema di superfici e cenni, di materia implosa, di liquidi e fango e acqua dolce e salata, cinema privo di retorica che sfiora obliquo senza pressione temi difficili immersi nel magma che significa diventare grandi o esserlo troppo presto, che significa vivere, soffrire, amare, desiderare, bastarsi e bastare.

Momenti indiretti che inchiodano lo sguardo e che si moltiplicano sulle superfici, della telecamera amatoriale in mano ai due eccezionali protagonisti, sulle superfici dell'acqua del mare, delle piscine, degli specchi, delle polaroid che prendono vita, nella luce di un ballo notturno, come due vite che che evolvono intermittenti in una danza notturna e i ricordi con esse, affidati alle storie raccontate dalle trame dei tappeti turchi e dalla vita divenuta adulta, un'opera essenziale e monumentale nella sua poesia, piccola e grande, di inizi di conclusioni in cui nulla si conclude ma torna indietro, rivive e rimuore nelle immagini della memoria, perché se non posso riprenderlo posso ricordarlo (Papà… okay, non sta riprendendo. Lo registrerò soltanto nella mia piccola… camera della mente), nelle periferie degli occhi, al centro del cuore, con i piedi sul tappeto, nel respiro di quell'abbraccio in VHS.

Una liturgia sull'amore, sull'incombenza di perdita, di corpi, minuti, ore, chiavi, tempo da 35 mm, che non torna più.

I ricordi di una vacanza con il padre di fine anni '90 (si può intuire il periodo in base alle canzoni che attraversano la pellicola). "Aftersun" è un piccolo film, che si insinua pian piano, crescendo alla distanza, senza mostrare situazioni travolgenti. Momenti quotidiani in cui non succede granchè, cose dette, ma soprattutto non dette, volendo sapere di più di quello che viene mostrato e di ciò che succederà dopo la fine, non è facile, ma si può cercare di intuire e magari ognuno avrà la propria risposta. Regista da tenere d'occhio, bravissimi i due protagonisti.

Un film estremamente toccante per chiunque viva o abbia vissuto un rapporto conflittuale con il padre. Partendo dall'espediente narrativo del filmino amatoriale di una vacanza, la regista entra tra le pieghe di un rapporto mai svelato fino in fondo ma chiaramente segnato da un dolore che la protagonista, ormai adulta, tenta di decifrare con l'unico mezzo a sua disposizione, la memoria degli affetti. Quello che sembra, quindi, il lungo flashback di un breve scampolo di passato, diventa la mappa di un sentimento sospeso e perennemente rincorso. Commovente il finale, da urlo Mescal e al giovane Corio. Per la Wells un esordio col botto. Ma si astengano coloro che cercano narrazioni lineari e pratiche: "Aftersun" è un film di anima.

ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Ho apprezzato la prima fatica di Charlotte Wells. Se devo fare un paragone mi ha lasciato le stesse sensazioni di film come "Stand by me" e "Summer of'42" con un crescendo di nostalgia, qui enfatizzata anche dalla messa in scena, a partire dalla fotografia particolarmente vivida e rimandante a quelle torride giornate tipiche delle vacanze estive in gioventù.

La narrazione è un po' insolita, poco o nulla sequenziale, non vi sono meccanismi di contrasto o reazioni a catena di eventi come siamo abituati, è più un collage di avvenimenti in un lasso limitato di tempo che, più che creare un racconto, pian piano aggiungono tasselli all'emozione.

Delicato e volutamente incompleto, quasi assomiglia ad un filmino delle vacanze, in cui non viene spiegato mai il prima e il dopo, ma se ne può solo vagamente afferrare il senso dai riferimenti in qualche dialogo.

Menzione positiva per la coppia di protagonisti, molto in parte in un rapporto padre-figlia che verte sul realismo senza mai forzare la mano in esplosioni di rabbia ormai inflazionate o punti di incomunicabilità inconciliabili, come il cinema da qualche decennio a questa parte ci stava dando in pasto.

Molto intimo e personale, è un film basato semplicemente sulla narrazione, fatta di video, dialoghi, ricordi. Certo può restare deluso chi si aspetta un film dal ritmo serrato e dai colpi di scena. Non c'è niente di tutto questo. Lo stile, le ambientazioni, mi han ricordato Rohmer (per l'ambientazione in un luogo di vacanza, per la storia raccontata in modo diretto e realista). Devo dire però che, anche se nel complesso si segue con piacere, non mi ha preso particolarmente.

Molto delicato

Le immagini di una vacanza, il filtro del ricordo personale verso la figura del padre. Sophie nel presente ha la stessa età del padre quando andarono in vacanza in un resort turco e grazie a questo rielabora gli avvenimenti con una luce più matura. Aftersun non è un'operazione nostalgica, bensì cerca di far luce, dove possibile, ai tanti sottintesi che immagini esprimono. Un padre che vuole far star bene sua figlia, ma si intuisce la sua personalità tormentata di cui non conosciamo nè conosceremo la causa o le cause. Un film che lentamente ti entra dentro e non ti lascia più e questo grazie all'ottima alchimia dei due attori, Mescal e la giovanissima esordiente Corio. Un esordio quello della Wells molto buono con un film intenso e toccante. Da vedere.

Delicatissimo, intimissimo. La regista ha fatto una scelta precisa: non ci sono trucchi drammaturgici, non ci sono episodi clou, in realtà non succede niente di speciale. è speciale l'elettricità che si sente nell'intimo dei personaggi. Un padre ed una figlia nel loro momento irripetibile di vacanza nella lontana Turchia.

Niente fuochi d'artificio, ma arriva al cuore placidamente con un epilogo che si deposita teneramente, un misto di amore e dolore.

L'opera prima di Charlotte Wells è uno di quei film che lasciano il segno. Il racconto doloroso di una vacanza tra padre e figlia che segnerà le vite dei due e che resterà nella memoria come una ferita al tempo stesso lacerante e gioiosa. La Wells scrive e dirige un film tutto imploso, dove poco o nulla viene realmente detto allo spettatore, dove i raccordi funzionano da immagini ambigue, dove il dolore si insinua progressivamente su un tappeto (è proprio il caso di dirlo) di giorni apparentemente felici. Vi si possono trovare più chiavi di lettura: quello che è certo è che questo film ha una sua finezza di scrittura e di regia, scelte ambigue che servono volutamente a non spiegare e che lasciano alle spettatore, finalmente, la possibilità di trovare risposte a domande inevase.