Ambientato durante la seconda guerra mondiale, la storia riguarda un gruppo di soldati ebrei prossimi all'esecuzione comandati dal tenente Aldo Raine (Brad Pitt), quando ottengono invece una chance per salvarsi: riportare con sè cento scalpi nazisti. Il gruppo sarà impegnato anche nell’operazione Kino, durante la quale dovranno attaccare il nemico mentre viene presentato, a Parigi, un film di propaganda, alla presenza di Joseph Goebbels, uno dei principali gerarchi nazisti.
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Aldilà dei gusti personali, non si può che restare meravigliati dalla ricchezza di trovate, i dialoghi, l’azione, il ritmo, la colonna sonora e la versatilità formale di un film colmo di cinema in ogni suo fotogramma, che trasuda della passione di un regista che si tramuta in autore e che per questo ci regala la sua opera più matura e completa, in cui riesce definitivamente ad elevare il citazionismo e gli omaggi in vero e proprio stile personale. E lo stile di Tarantino è quello che interpreta il cinema come un “fumettone” in cui i normali riferimenti dello spazio e del tempo perdono il senso che normalmente si attribuisce loro, in cui cade qualsiasi distinzione tra realtà e finzione, tra storia e fantasia, tra quel che è stato e quel che si vorrebbe fosse stato; un cinema iconoclasta e allo stesso tempo innocente che fonde in armonia immagini, suoni e parole apparentemente distanti. Non stupisce quindi che un generale inglese possa chiamarsi come un attrice della commedia scollacciata (Ed Fenech) o che un ufficiale nazista cacciatore di ebrei fumi una pipa che noi comuni mortali avremmo visto solo in bocca a Sherlock Holmes. Chi di noi da bambino non ha giocato a modificare la realtà nella propria mente, ad inventare storie senza un’apparente logica? Con “Bastardi senza gloria” Tarantino fa questo: attingendo alla natura infantile dell’uomo dà rigore all’irrazionale e riporta il cinema alle origini. Il divertimento è garantito, a patto che ci si abbandoni al piacere dell’immaginazione.