dillinger e' morto regia di Marco Ferreri Italia 1969
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dillinger e' morto (1969)

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locandina del film DILLINGER E' MORTO

Titolo Originale: DILLINGER E' MORTO

RegiaMarco Ferreri

InterpretiAnita Pallenberg, Carole André, Michel Piccoli, Annie Girardot, Mario Jannilli, Adriano Aprà, Gigi Lavagetto

Durata: h 1.35
NazionalitàItalia 1969
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 1969

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Trama del film Dillinger e' morto

Rientrato in casa mentre la moglie dorme, un ingegnere-designer si prepara una ricca cenetta. Trova una vecchia pistola, la rimette in ordine, si proietta filmini, scivola nel letto della cameriera, elimina la moglie e s'imbarca su un veliero.

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Voto Visitatori:   8,32 / 10 (52 voti)8,32Grafico
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Voti e commenti su Dillinger e' morto, 52 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

rob.k  @  31/08/2010 20:56:05
   1 / 10
Un non-sense coi fiocchi, ovviamente dipinto come geniale, visionario ecc ecc... Il film non dice assolutamente nulla, quindi via a trovare subito chissà quali messaggi nascosti. La descrizione della serata di un uomo comune, uguale 30 anni fa come oggi, niente di rilevante, ognuno di noi si può riconoscere in molte azioni, senza che vi sia alcunchè di stupefacente o geniale. A meno che riprendere un uomo qualunque che fa una cosa qualunque in un posto qualunque, e mettere un finale completamente insulso così per cercare di stupire voglia dire genialità... Per me vale quanto l'immondizia, poi sono gusti

1 risposta al commento
Ultima risposta 14/04/2011 13.18.40
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Gruppo REDAZIONE amterme63  @  27/06/2010 22:59:07
   6 / 10
Non mi sono mai trovato in difficoltà nel mettere un voto ad un film come con quest'opera di Ferreri. Se la dovessi considerare solo dal punto di vista del divertimento e dello svago allora metterei 3 o 4. Non succede nulla, il film in pratica non ha trama, c'è un solo personaggio senza nome che compie prima atti molto banali e poi un atto estremo assolutamente inspiegabile. Non ci sono dialoghi o spiegazioni, le ragioni e i sentimenti rimangono misteriosi e inespressi.
Non è quindi un film ad "accesso diretto". Per comprenderlo o almeno cercare di ricavarci qualcosa, occorre armarsi di considerazioni e riflessioni soprattutto sull'arte e sul pensiero dei tardi anni 60. Così anche questo film diventa, come gli altri film di Ferreri, uno specchio dei temi e delle questioni dibattuti in quel periodo (qui siamo nel 1969).
Lo stacco con i suoi film del passato è nettissimo. Non ci sono più in ballo istituzioni, usi o costumi legati ad un ceto sociale e che coinvolgono determinati stili di vita. Adesso si passa all'astratto e all'universale. Ciò riflette il fatto che ormai erano diventate di dominio comune le questioni esistenzialiste (il senso dell'esistenza) e quelle generali poste dalla Scuola di Francoforte (la reificazione e l'alienazione, cioè la perdita della propria libertà e distinzione individuale con l'acquisizione automatica di comportamenti e modelli standard calati dall'alto).
Ferreri in qualche maniera prova a tradurre in vita concreta e vissuta il pensiero esistenzialista e universalista che tanto accendeva gli animi dei giovani di allora. I gesti e gli atti filmati, nella loro assoluta banalità e insignificanza, rimandano esclusivamente ad un contesto generale che va dedotto intellettualmente. In questo si sente molto l'influenza stilistica della Nouvelle Vague e del cinema in presa diretta di Warhol.
E' proprio questo quello che salta all'occhio: il girare a vuoto dell'esistenza e la mancanza di significato di ogni gesto. Non c'è amore, non c'è interesse, non c'è scopo. Eppure tutto si svolge nel massimo della pienezza e dell'abbondanza. La casa pullula di oggetti di ogni genere (anche troppi) e c'è sempre un sottofondo di programmi tv o musica radio. E' questo il vero riempimento dell'esistenza umana: gli oggetti di consumo, i divertimenti, le immagini, i suoni che vengono dall'esterno, dall'omologazione. Tutto è così svuotato che addirittura la vita umana non ha più valore o senso e la si può togliere senza provare la minima emozione, pensiero o rimorso. L'unica via d'uscita è la classica fuga tipo Gaugin (il viaggio in mare verso Tahiti).
Allo stesso tempo però ho come il sospetto che questo film non sia altro che una parodia e quasi una visione cinica proprio di quelle idee intellettuali che tanto infiammavano le discussioni culturali di allora. Ferreri ha forse voluto mettere in scena una rappresentazione quasi paradossale ed estrema di queste teorie. Come dire: è questa la vita a cui fate riferimento? Un po' come aveva fatto in "Harem" con la libertà sessuale della donna.
E' ora che voto gli metto? 10 per contenuto, recitazione, tecnica visiva; 1 per accessibilità, immediatezza, divertimento. Intellettualmente è un capolavoro, per fruizione non vale quasi nulla. Non mi resta che dare lo stesso voto che ho dato a "L'argent", ai film freddi e razionali (e molto profondi) che pretendono però "troppo" dallo spettatore comune.
E' ovviamente solo una mia considerazione personale, niente di generale.

13 risposte al commento
Ultima risposta 29/06/2010 19.41.13
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Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  29/04/2008 00:26:34
   10 / 10
Capolavoro senza se e senza ma. Ogni sequenza è atta a porre in essere la rappresentazione dell'alienzazione dell'esistenza: a partire dall'incipit, in cui si enuclea la metafora agghiacciante dell'uomo costretto a "mascherarsi" per identificarsi con la artificiosa società moderna; fino alla conclusione, altrettanto inquietante, che culmina col tentativo di fuga sul veliero verso un orizzonte artefatto, simbolo della impossibilità di evadere da una realtà opprimente costituita da feticci, falsi miti e vuote necessità. Tutta la vacuità dell'esistenza dell'uomo, fondata su ciò che artatamente e subdolamente è stato creato dalla società capitalistica dei consumi, si concentra in questi 95 minuti in cui uomo (interpretato da un eccelso Michel Piccoli) si trova a fare i conti con la propria vita. Ogni cosa si rivela essere insulsa e insensata: il lavoro, i programmi televisivi, la moglie -presentata quasi come un soggetto inanimato-, la domestica votata all'idolatria; ma soprattutto tutto il passato che il nostro protagonista ripercorrerà attraverso la proiezione di alcune bobine. Il rifiuto della ipocrisia di questo vivere si concreterà nell'uxoricidio e nell'allontanamento dal proprio ambiente sociale. Ma tutto sembra essere vano: non si può sfuggire a una realtà che è ormai inesorabilmente compressa nei suoi fondamenti, se non proprio attraverso quell'atto estremo che è stato solamente simulato: e cioè il suicidio.

4 risposte al commento
Ultima risposta 13/04/2013 02.03.38
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Beefheart  @  22/02/2008 23:22:03
   8½ / 10
Un film folle. Probabilmente uno sfogo, una fuga, dall'alienazione del quotidiano, verso un immaginario lieto fine all'insegna del salvifico cambiamento. La storia, che si sviluppa in 90 minuti abbondanti, è torbida, allucinante, sostanzialmente lenta (praticamente tutto si svolge in tempo reale) ma efficacemente acida e delirante; gli eventi si susseguono in un crescendo di ritmo ed intensità sino all'agghiacciante finale. L'interpretazione non è un granchè (Michel Piccoli nel ruolo del protagonista non dà l'impressione di essere particolarmente sciolto ed a proprio agio), ma a convincere è sufficiente la sceneggiatura e quel pò di manierismo che caratterizza lo stile del regista. Ottima la scelta del commento musicale a suon di brani pop anni 60, italiani e stranieri. Buono l'utilizzo degli spazi. Un film particolare, poco piacevole ma funzionante.

1 risposta al commento
Ultima risposta 08/11/2008 13.51.55
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