django unchained regia di Quentin Tarantino USA 2012
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django unchained (2012)

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locandina del film DJANGO UNCHAINED

Titolo Originale: DJANGO UNCHAINED

RegiaQuentin Tarantino

InterpretiJamie Foxx, Leonardo DiCaprio, Samuel L. Jackson, Christoph Waltz, James Remar, Kerry Washington, Michael Kenneth Williams, Don Johnson, Franco Nero

Durata: h 2.45
NazionalitàUSA 2012
Generewestern
Al cinema nel Gennaio 2013

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Trama del film Django unchained

La storia di Django Unchained è incentrata su Django (Jamie Foxx), uno schiavo che viene liberato da un cacciatore di teste (il premio Oscar Christoph Waltz), il quale lo introduce alla professione divenendone il maestro.

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Voto Visitatori:   8,04 / 10 (479 voti)8,04Grafico
Voto Recensore:   8,00 / 10  8,00
Miglior attore non protagonista (Christoph Waltz)Migliore sceneggiatura originale (Quentin Tarantino)
VINCITORE DI 2 PREMI OSCAR:
Miglior attore non protagonista (Christoph Waltz), Migliore sceneggiatura originale (Quentin Tarantino)
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO:
Miglior film straniero
Miglior sceneggiatura (Quentin Tarantino)Miglior attore non protagonista (Christoph Waltz)
VINCITORE DI 2 PREMI GOLDEN GLOBE:
Miglior sceneggiatura (Quentin Tarantino), Miglior attore non protagonista (Christoph Waltz)
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Voti e commenti su Django unchained, 479 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Niko.g  @  25/01/2013 14:06:29
   5½ / 10
La track di chiusura sarebbe un omaggio a "Lo chiamavano Trinità"? Io direi che suona più come un'offesa. Un'offesa all'intero genere western. E che siano spaghetti, fusilli o bucatini non ha alcuna importanza, perché stavolta Tarantino presenta una storiella scontata e telefonata sull'ennesima vendetta, accompagnata da un'improbabile colonna sonora.
E' davvero sconcertante prendere atto della media voto del film. Ho sempre evitato critiche o polemiche sui voti, dando la preferenza ai contenuti. Comunque, trattandosi di Tarantino e di materiale "pulp", sarà meno avvilente iniziare dalla cruda e venale media-voto.
In pratica, ad una settimana dalla sua uscita, "Django Unchained" si attesta su un 8,5 di gradimento, a soli 0,5 punti da Pulp Fiction. Ovvero, saremmo di fronte ad un'opera d'arte in grado di competere con il mitico "Pulp"! Mi tremano le mani solo a scriverlo. Perché è fuori dal mondo pensare che questi due film abbiano lo stesso peso e non so darmi spiegazione di tale macroscopico abbaglio.
Innanzitutto, "Django" ha ben poco del ritmo serrato e costante, della tensione vivida e crescente, dei dialoghi lucidi e funzionali di "Pulp Fiction" e pochissimo del potere attrattivo di "Inglorious Bastards". Ha un ottimo inizio, questo sì, ma dopo 40 minuti la tensione cala drasticamente per l'elongazione narrativa (viaggi interminabili, passaggi a vuoto), per la ripetitività di alcune scene (spari al petto, spari alla gambe, urla di dolore) e per la poca funzionalità di alcuni episodi (punizione dello schiavo fuggiasco). Se poi questo dipenda da un montaggio poco convincente, non saprei dire. Di certo qualcosa non torna e non è improbabile una responsabilità da attribuire alle mani inesperte di Fred Raskin, trovatosi a sostituire Sally Menke, storica montatrice di Tarantino, prematuramente deceduta.
Porrei l'attenzione, in secondo luogo, sulla quantità eccessiva di sangue. Esiste un limite a questo gioco di spruzzi? Oppure più sangue schizza e più la qualità aumenta? No perché, se è così, sono ben felice di prendere le distanze da chi, uscendo dal cinema con l'adrenalina in corpo e con l'eco del boom dinamitardo in testa, si convinceva, divertito, di aver visto un ottimo film. Non si ponga nemmeno il paragone, su questo punto, con "Bastardi senza gloria", perché quello script, oltre ad avere una perfetta concatenazione degli eventi (e paradossalmente meno spargimento di sangue), consentiva una plausibile sospensione dell'incredulità, che aveva una sua fondata ragion d'essere. Qui no, qui non può e non deve essere concessa con altrettanta e scontata facilità, vista l'introduzione e il genere trattato.
Se poi andiamo a considerare il momento in cui il climax raggiunge l'apice della tensione, ossia la cena a casa Candie, si nota chiaramente la carenza creativa rispetto all'analoga situazione dell'opera precedente. Mentre nella taverna dei Bastardi si respirava una tensione palpabile e una suspense iperbolica, create magistralmente da un efficace e raro gioco di dissimulazione e da un incisivo gioco di sguardi, in questo caso fa capolino la noia, cui Tarantino sopperisce con una drammaticità greve, più fisica che testuale, più teatrale che reale.
L'umorismo, altra caratterista del regista americano, è presente in vari momenti. Eppure, a me non sembra contestualizzato come lo era in altri suoi lavori e nell'ultimo in particolare, ma posticcio e incastrato a forza (lo scambio di battute tra i finti siciliani e il colonnello Hans Landa tocca vette di epicità non eguagliabili dalla scenetta degli incappucciati).
La banalità del finale è disarmante, non fa che affossare un film ormai dissanguatosi con l'abuso di déjà-vu e ralenti e con l'accettazione di una logica revisionista che ha la pretesa di rileggere il western in chiave, in chiave… non si sa nemmeno in quale chiave. Si chiude con una commedia nera dai risvolti pirotecnici, che getta fango sugli esaltanti momenti iniziali, dominati da un ritmo narrativo incalzante e promettente, quanto tristemente disatteso.
Poi, se "Django" deve essere considerato un mezzo capolavoro perché è ricco di citazioni cinefile, di richiami musicali, di umorismo tarantiniano, di sangue tarantiniano, di piedi nudi tarantiniani, allora sì, è un capolavoro, ma io resto dell'idea che Trinità, a Django, gli fa un baffo. Il film, ovviamente.

21 risposte al commento
Ultima risposta 06/04/2013 17.16.10
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