family life regia di Ken Loach Gran Bretagna 1971
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family life (1971)

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locandina del film FAMILY LIFE

Titolo Originale: FAMILY LIFE

RegiaKen Loach

InterpretiSandy Ratcliff, Grace Cave, Bill Dean, Malcolm Tierney, Hylar Martin

Durata: h 1.50
NazionalitàGran Bretagna 1971
Generedrammatico
Al cinema nel Luglio 1971

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Trama del film Family life

Janice è una ragazza rimasta incinta che è costretta ad abortire dalla madre autoritaria contro la sua volontà. Scivola progressivamente nella schizofrenia e viene rinchiusa in un istituto psichiatrico. Dapprima viene curata da un medico non conformista che cerca di capire l'origine del suo disagio psichico, ma quando questi viene licenziato, viene sottoposta ad una serie di elettroshock che la annienteranno. La struttura psichiatrica che l'ha in cura si dimostrerà completamente incapace di capire l'origine psicologica della sua sofferenza.

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Voto Visitatori:   8,50 / 10 (20 voti)8,50Grafico
Voto Recensore:   9,00 / 10  9,00
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Voti e commenti su Family life, 20 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR pier91  @  13/09/2011 00:53:12
   9½ / 10
"Il mondo era diviso per me in tre parti: nell'una vivevo schiavo, sottoposto a leggi inventate solo per me e alle quali io, non so per quali ragioni, non sapevo pienamente assoggettarmi; nella seconda, infinitamente lontana dalla mia, vivevi Tu, partecipe al governo, occupato a dare ordini e a irritarTi quando non erano obbediti; e infine c'era un terzo mondo dove la gente viveva felice e libera da comandi e obbedienze."

La serialità è un elemento insistito nel film. Le case tutte uguali addossate l'una all'altra, le azioni ripetitive delle operaie alla catena di montaggio, i pazienti in fila nei loro letti dopo l'elettroshock. Quella ritratta da Loach è un'umanità standardizzata, annichilita da un canone di normalità che s'è autoimposta. Generatore di questo circuito sociale ineluttabile è la famiglia. Quella della protagonista, creatura tragicamente debole, gli occhi spauriti da animale braccato, è una trappola intessuta di buone intenzioni, dogmi educativi, gesti di frolla affettuosità mascherante frustrazione. Ogni tentativo di ribellione è puntualmente represso (lo psicologo anticonformista viene cacciato via) o semplicemente muore da sé, per codardia o per rassegnazione (la sorella non si farà più viva). La fragilità congenita di Jan finirà per infettarsi e degenererà in un morbo incurabile. I genitori, aguzzini ma forse vittime essi stessi, si faranno complici (o mandanti?) di un omicidio che non lascerà scie di sangue e dunque verrà presto dimenticato. Un epilogo terribile.

3 risposte al commento
Ultima risposta 13/09/2011 01.04.51
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  07/06/2010 12:03:25
   9 / 10
L'inquadratura iniziale mostra una somma di case squadrate, conformate, in riga: un'istantanea deprimente della società.
Ma su di una di quelle facciate, c'è una finestre che appena rimane sfalsata, che un poco si distingue per il volto sfocato di una ragazza che s'affaccia; depressa, contratta nella sua giovinezza, sola nella famiglia, attanagliata tra i suoi genitori.
Loach ne documenta il progredire del disagio mentale, che non dimostra, ma mostra quanto esso sia molto spesso causato da un'educazione ottusa, rigida, miope, coercitiva, mostruosa nella sua convinzione d'essere giusta.
Comincia come una seduta psicoanalitica; poi il regista si fa più vicino, assiste allo sballottamento della protagonista tra casa e le cliniche asfittiche - pur sempre mantenendo quella distanza che è un atto di grande rispetto per il delicatissimo tema trattato e di vera compassione. Si trattiene dall'intervenire. Perché non lo può. Solo il genitore - ma ormai è tardi - avrebbe potuto farlo.
Qualche attimo di libertà e di sfogo, un figlio appena immaginato, le crisi, un pranzo in famiglia la cui tensione è pari forse soltanto alle tavolate isteriche viste nei film di Cassavetes, pregne della stessa crudezza e d'un simile realismo asciutto, probabilmente debitore ancora della Nouvelle Vague.
E poi tanti dialoghi che non fanno che aggravare la situazione. E poi quel finale, che più cinico non si può, spiccio e inflessibile.

Vedete, questa è la schizofrenia, per chi non la vive.
Questi sono i suoi sintomi.
Questo è un tipico caso di persona affetta da tale disturbo.

4 risposte al commento
Ultima risposta 25/09/2010 11.33.56
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Rask  @  31/01/2010 13:49:13
   9 / 10
Ad oggi non è ancora chiaro quale sia la responsabilità maggiore tra genetica e ambiente, nell'insorgere di psicopatie come la schizofrenia. Qui si esplora un tessuto familiare legato a una logica di egoismi inconsapevoli e frustrazioni sessuali. L'ottusità dei genitori non è propriamente stupidità; deriva piuttosto da un legame possessivo ingenuo, quasi capitalista, sul destino della figlia, vista come loro estensione nel mondo. Un'estensione su cui esercitare il massimo controllo. Le fondamenta pericolanti e le contraddizioni perverse e rimosse della struttura psichica dei genitori vengono messe in luce da uno psicologo acuto e progressista, prontamente messo all'angolo dai colleghi, che all'empatia e al coraggio preferiscono uno sguardo disumanizzante e puramente descrittivo, che determina il folgorante finale.
Un film che evita vouyerismi narrativi, duro e per nulla autocompiaciuto.

2 risposte al commento
Ultima risposta 12/06/2010 20.36.31
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  23/08/2006 20:52:37
   9 / 10
Mi sorprende sapere che pochi hanno visto questo film (se non erro, l'esordio di Loach nel lungometraggio), magari gli stessi che si affrettano a incensare il cineasta di oggi, prevedibilmente (al di là dei trionfi ai festival) caduto nel manierismo e nell'abitudine, malgrado qualche vago exploit (l'episodio sconcertante di "11 settembre 2001" su Salvador Allende e il colpo di stato degli Usa in territorio cileno).

Non un commento, ma "solo" un consiglio: cercatelo a tutti i costi, questo film è straordinario.

Una storia di ordinaria follia all'interno di un climax familiare opprimente e bigotto, venato di lucido pessimismo e quasi autodistruttivo nella tensione emotiva, la rabbia che riesce ancora oggi a sprigionare.

Per il marxista Loach l'istituzione può diventare - come in questo caso - la condanna definitiva per una personalità fragile e insicura come la protagonista

Un film assolutamente ammaliante, durissimo e mai compiaciuto.

E il Loach di oggi? Non si sopravvive al proprio "mito" etichettandosi come il predestinato dei cineasti d'impegno sociale, caro Loach.

Ci vuole molto di più, e un po' di memoria.

Magari proprio Loach dovrebbe tornare a rivedersi questo suo vecchio, indimenticabile film

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3 risposte al commento
Ultima risposta 16/01/2010 23.48.17
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