il dolce rumore della vita (1999)

Film che mi ha letteralmente conquistato, probabilmente il migliore di G. Bertolucci in assoluto, con un'atmosfera grandiosa ed interpreti indicatissimi (spicca un Serbedzija che, nei film più diversi - italiani e non, d'azione e non - fa sempre una bella figura).

Poetico già dal titolo, usa uno spunto un pò trito (l'amore non corrisposto per ovvi motivi di orientamento) per confezionare un film di rara bellezza, in equilibrio su tutto, curato in ogni aspetto.

Da non perdere nei suoi rari e notturni passaggi tv; stupendo, mi ha pure fatto rivalutare la Neri che, ammetto, non è che notassi più di tanto in precedenza.

Buona pellicola, non eccezionale ma gradevole.
Molto bene regia e recitazione, buona la sceneggiatura.
Storia abbastanza semplice ma ben costruita.
Consigliato agli amanti del genere.

Ho visto qusto film pensando fosse di un altro Bertolucci ben piu' famoso...
Film riuscito a meta'!
Insopportabile il rapporto tra la madre e il ragazzo gia' adulto,come è insopportabile il personaggio che interpreta la vera madre del ragazzo...in pratica,tutto il terzo episodio l'ho trovato troppo melodrammatico e inutile!
Solo la Neri spicca per la recitazione...
Tengo buoni i primi due segmenti dove il teatro si lega alla vicenda di questa attrice di scarso successo che fa sue le parole iniziali del sue amante:
"bisogna che il pubblico creda alle vostre menzogne"

Fim coraggioso, a tratti splendido altrove insopportabile, che meriterebbe pero' una valutazione positiva soprattutto per la scelta stilistica non facile e per l'intensa interpretazione di F. Neri... lo vidi alla mostra del cinema di Ve con gli attori in sala e i miei complimenti alla Neri furono alla luce di un piccolo incidente con quel buffone del suo (ora ex) marito, che mi invio' un'altro buffone bodyguard pronto a cercar rogne (l'avrei denunciato se solo avesse osato ...)

Per una volta dimentichero' questi particolari spiacevoli e parlo di questo film: la vita come teatro, il teatro della vita, tutto il film si snoda attraverso questo (non originalissimo certo) teorema.
Ne esce un film barocco e cromaticamente cupo, dove il massimo dell'enfasi è rappresentata dall'attore teatrale, un cinico rappresentante dell'arte della vita e della sua "maledizione" . Pioggia, nebbia, decadenza, melodramma, città e villaggi come set di un recital, tutto molto "costruito" ma anche abbastanza affascinante per non temere di peccare di manierismo (anzi, è proprio sul manierismo che il film poggia totalmente).
Nell'ambigua ossessione tra paternità e maternità, nell'Aids conclamato del protagonista, nella "maschera" che tutti i personaggi portano fino a diventare poco credibili nelle loro attitudini, in tutto questo c'è un film che è un piacere vedere e "una sciocchezza" distruggere.
Vanificandolo, pero', per quanto spiazzante e spesso odioso, ci si rende conto che non lascia indifferenti: l'apparizione dell'algida R. Celentano in un bar simil-arancia meccanica, l'aria Mahleriana che accompagna la vita e le scelte del personaggio principale, la fuga tra spazio e tempo, gli eventi metereologici a scandire ... l'"amaro silenzio della morte" e il bisogno soffocante di una confessione materna
Vorrei vederli spesso - nonostante tutto - film italiani così complessi e ridondanti

Mi ero scordato dell'esistenza di questo film.
Molto, troppo artistico, pretestuoso, melenso, presuntuoso.
Tecnicamente è comunque molto bello, sia le inquadrature, la fotografia, scenografia ma in generale è da bocciare