in memoria di me regia di Saverio Costanzo Italia 2006
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in memoria di me (2006)

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locandina del film IN MEMORIA DI ME

Titolo Originale: IN MEMORIA DI ME

RegiaSaverio Costanzo

InterpretiChristo Jivkov, André Hennicke, Marco Baliani, Fausto Russo Alesi, Filippo Timi, Stefano Antonucci, Rocco Andrea Barone

Durata: h 1.55
NazionalitàItalia 2006
Generedrammatico
Al cinema nel Marzo 2007

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Trama del film In memoria di me

In un convento di gesuiti arriva un giovane, un novizio senza alcuna vocazione...

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Voto Visitatori:   7,06 / 10 (18 voti)7,06Grafico
Voto Recensore:   7,50 / 10  7,50
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Voti e commenti su In memoria di me, 18 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

dobel  @  24/08/2009 10:18:26
   7 / 10
L'ho visto alla sua uscita e ne sono rimasto favorevolmente colpito. Penso sia un'opera densa che pone non poche domande senza cercare (o riuscire) di incanalare lo spettatore verso una risposta preconfezionata. Anzi, da quanto ricordo, il messaggio che si ricava guardando il film, risiede proprio nel fatto che le strade per arrivare a Dio sono tante quanto gli uomini. Se Zanna sceglie di vivere la propria missione nel mondo, affrancandosi da delle regole che lo costringono ad una vita lontana dal contatto col Cristo che cerca nel prossimo, Andrea trova proprio in queste regole la sicurezza e la stabilità che sta cercando nel proprio percorso verso la trascendenza. Lo trovo un film tutt'altro che antiecclesiastico; pone certamente un quesito fondamentale: siamo sicuri che l'istituzione ecclesiale sia necessaria e sia una via preferenziale che conduce a Dio? O forse non se ne potrebbe fare a meno per plasmare ognuno la propria strada? Il regista (forse con più simpatia per questa seconda possibilità) ci mette di fronte alle due scelte legittimandole magari involontariamente. La chiesa è importante perché offre a molti la possibilità di trovare una via di sicurezza entro la quale spogliarsi della propria volontà e del proprio ego e trovare nelle regole un modo per staccarsi dalla propria presunzione di autosufficienza. Allo stesso modo possiamo farne a meno, magari correndo più rischi personali (ma il cristianesimo è il rischio per eccellenza), e seguire una strada libera e per questo soggetta a tutti quei 'venti di dottrina' che potrebbero sbalzarci fuori dalla carreggiata. Un film intelligente e ben realizzato (con un'ottima fotografia e musiche molto suggestive) perché pone domande e non cerca di dare risposte semplicistiche a problemi e tematiche troppo complesse per essere risolte nell'economia del racconto. L'unico momento in cui il regista si sbilancia decisamente e sembra volerci dare la propria visione e soluzione del problema è anche il momento più debole, a mio avviso, del film, un momento irrisolto proprio perché poco approfondito e convinto. Il congedo di Zanna nello studio del rettore del Collegio si conclude con un bacio. Questa scena è la trasposizione di un frammento dei 'Fratelli Karamazov' di Dostoevskij. Nella Leggenda del Grande Inquisitore viene raccontato come sulla Piazza di Siviglia, dove ardono i roghi degli eretici, un uomo si sia trovato a guardare in silenzio quella scena di aberrante dolore. Portato davanti al Cardinale Inquisitore, ne ascolta in silenzio le domande ed è il suo silenzio che fa capire al vecchio custode della fede che quell'uomo è il Cristo. La reazione del Cardinale Inquisitore è dura: "Sei Tu?... Sei Tu?... Non rispondere, taci. E che potresti dire? So troppo bene quel che puoi dire. Del resto non hai bisogno di aggiungere nulla a quello che Tu già dicesti una volta. Perché sei venuto a disturbarci? Sei venuto infatti a disturbarci." La scena si conclude con il bacio con cui Cristo saluta il Grande Inquisitore, proprio come si conclude la scena del film identificando così esattamente le rispettive parti e scoprendo le carte del pensiero di Saverio Costanzo. L'Inquisitore, con il quale si identifica non tanto il rettore del collegio quanto tutta la tradizione secolare di cui lui non è che il momentaneo custode, è convinto di compiere il più grande degli atti d'amore: 'togliendo all'uomo la libertà, egli sa di renderlo felice, perché lo solleva dal peso dolorosissimo di dover continuamente cercare e scegliere. (...) Ma Cristo smentisce la presunta verità di questo ragionamento. Cristo è l'uomo libero che chiama l'uomo alla libertà. Egli sa che anche se la libertà ha un prezzo grande, vale sempre la pena di essere vissuta.' Egli sa che l'uomo acquietato dall'assenza di libertà sarà forse apparentemente felice, ma un uomo che non cerca più nulla, che si soddisfa del suo presente, non sarà più uomo. L'uomo che si ferma, che si sente padrone e sazio della verità, per il quale la verità non è più qualcosa da cui essere posseduto ma da possedere, ha ucciso in se stesso non solo Dio, ma anche la propria dignità di essere umano.
Questo il messaggio di Dostoevskij; questo anche il messaggio che forse, in fondo, avrebbe voluto comunicarci Costanzo; solo che in Costanzo non viene esplicitato, rimane timidamente in embrione. Non basta la citazione del congedo di Zanna perché possiamo penetrare nel pensiero più recondito del regista. Questo mancato approfondimento, probabilmente, non è comunque un male; l'ambiguità (forse non voluta) del finale diviene un valore. Il tenere aperte le due porte senza schierarsi eccessivamente per l'una o per l'altra giova ad un film che non avrebbe potuto in ogni modo risolvere un problema che attanaglia da secoli tutte le generazioni di esseri pensanti credenti e non. E' un problema che ha dato origine alla Riforma protestante e a crisi sociali non piccole. Qual è la via giusta per servire il cristianesimo? Se intrapresa in coscienza... chissà, forse proprio ciascuna.

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