la conversa di belfort regia di Robert Bresson Francia 1943
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la conversa di belfort (1943)

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locandina del film LA CONVERSA DI BELFORT

Titolo Originale: LES ANGES DU PÉCHÉ

RegiaRobert Bresson

InterpretiSylvie, Jany Holt, Renée Faure

Durata: h 1.26
NazionalitàFrancia 1943
Generedrammatico
Al cinema nel Gennaio 1943

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Trama del film La conversa di belfort

Un'orgogliosa giovinetta della ricca borghesia entra nel convento delle domenicane di Betania, si affeziona a una delinquente ribelle, si mette in urto con la superiora, è allontanata, vi ritorna di nascosto e muore sfinita, pronunciando i voti.

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Voto Visitatori:   8,25 / 10 (4 voti)8,25Grafico
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Voti e commenti su La conversa di belfort, 4 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

stratoZ  @  07/10/2024 13:10:05
   7½ / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Il lungometraggio d'esordio di Bresson è un film fortemente spirituale in cui l'autore già inizia a rodare il suo stile minimale, è un'opera che mi ha ricordato molto il cinema di Dreyer, che mette al centro del discorso il dilemma tra la fede e la natura umana, lo fa tramite il personaggio principale di Anna Maria, giovane borghese che entra nell'ordine delle suore di Betania per aiutare le donne carcerate contrapponendola sia al personaggio di Teresa, sia all'intero convento, la prima è una donna che a suo parere è stata carcerata ingiustamente - e qui Bresson lascia un capitolo aperto, davvero era innocente Teresa inizialmente? Non lo sapremo mai in realtà, abbiamo solo la sua visione soggettiva - perché tradita da un complice che l'aveva abilmente persuasa, di cui Anna Maria vorrà prendersi cura e provare ad indirizzarla verso la retta via, Teresa una volta uscita dal carcere va a vendicarsi del vecchio socio, uccidendolo, e decide di trovare rifugio presso il convento dove opera Anna Maria, che viene colta dalla felicità di poterla aiutare, considerati i rifiuti precedenti della donna.

Il cuore del film mostra il rapporto tra la fede più pura di Anna Maria, determinata e totalmente dedita ad aiutare il prossimo e il velato opportunismo di Teresa che usa il convento solo come protezione, allo stesso tempo vi è una rappresentazione dell'ambiente ecclesiastico estremamente rigida, è un luogo dominato da regole ferree e spesso fini a se stesse, la rigidità dell'ambiente entrerà in contrasto con l'attitudine di Anna Maria, poco affine alle convenzioni, più spontanea delle altre suore e per questo considerata negativamente come testarda e sovversiva - termine da prendere con le pinze - che porterà dopo vari screzi - e la conseguente creazione di schieramenti, di cui buona parte contro Anna Maria -, all'espulsione di Anna Maria, finendo per distruggerla psicologicamente, arrivando in un climax finale sentitissimo in cui stremata fa l'ultimo sforzo per aiutare ancora una volta Teresa, comunque unica persona che le è riconoscente e portarla verso un percorso di redenzione, il sacrificio di Anna Maria trascinato da una fede incondizionata sarà l'atto definitivo che convincerà Teresa ad intraprendere la via moralmente più retta, come si vede nel finalissimo.

Già Bresson tratta alcune delle sue tematiche cardine, come appunto la redenzione, i rapporti umani, la fede stessa, lo stile risulta già molto minimale, ambientato fondamentalmente tra le mura del convento, senza colonna sonora, fatta eccezione per i canti religiosi intradiegetici e colmo di primi piani, lavora sottraendo, basandosi su splendidi dialoghi e una componente fotografica tendente al realismo.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  11/05/2021 00:19:32
   8 / 10
Esordio già maturo di Bresson, dove si notano molte delle caratteristiche del suo Cinema, a cominciare dal concetto di Espiazione/Colpa/Perdono. Un film molto rigoroso ma a tratti anche poetico (Le "Massime" dei Santi consegnate in biglietti bianchi a ciascuna Suora) ed esilarante (le complicità della Madre Superiora, le battute sul gatto). Più convenzionale il ritratto "peccaminoso" di Therese, la cui interprete (Jany Holt) sembra fin troppo fisicamente ricalcare la Femminilità androgina e inquietante di Marlene Dietrich. Film profondamente bello perché capace di mettere in discussione i parametri dello Spirito anche sul lato "confessionale" (è giusto nascondere e proteggere una presunta assassina?)

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  06/11/2010 21:43:36
   8 / 10
Intensamente spirituale e ambientato in un micromondo femminile come quello dell'ambiente delle domenicane,Les anges du péché segna l'esordio di Bresson alla regia. Esordio da ricordare per svariati motivi.
Il film ha uno svolgimento essenziale,spesso la trama non si sofferma su dei particolari sviluppandone altri (ad esempio l'omicidio,quasi sullo sfondo delle vicende narrate per come è visivamente mostrato ma certo uno dei pezzi fondamentali della pellicola). Impreziosito dal bianco e nero,il ritmo è fluido e dal piglio quasi documentaristico nel mostrare la vita in convento delle suore e delle loro mansioni; tantissimi anche i primi piani,spesso se non sempre fortemente spirituali.
Laddove non vengono risparmiate critiche alla chiesa unitamente all'esaltazione della spiritualità cristiana,si può trovare a voler essere molto maliziosi anche una storia d'amore velata (perché no) che ha un leggero senso di saffico. In realtà ci viene raccontata la salvezza di un'anima che si addossa i peccati e il fardello di qualcun'altro per salvare anch'essa,pur andando contro il suo stesso ordine.

Invia una mail all'autore del commento wega  @  23/07/2009 12:53:24
   9½ / 10
E' del 1943 l'esordio del più grande regista di tutti i tempi, Robert Bresson. Laureato in Filosofia, pittore come lo era Dreyer, ho trovato utile seguirlo parallelamente alla filmografia di Luis Bunuel, un regista con qualche film avente quasi lo stesso soggetto, magari con un epilogo molto simile ma dagli intenti del tutto opposti; perché siamo di fronte ad un ateo anticlericale e ad un credente massimo. Due registi che, se Bunuel tratta la Morte con cinismo beffardo, Bresson fa morire il suo protagonista - sarà il caso di Mouchette - per raggiungere un posto migliore. Se il percorso di Nazarin è lo stesso del curato di campagna (con tanto di fallimento), Viridiana ha molto da spartire con Anna Maria, novizia che entra nella Conversa di Belfort per vocazione, e troverà la sua missione nella redenzione di Teresa, una giovane detenuta per furto, che presto però - appena uscita, scontata la pena - si macchierà di un altro e ben più grave delitto. E' un percorso di sofferenza quello di Anna Maria (la sofferenza fa' da cardine in tutte le opere del regista), a causa soprattutto del suo carattere, ritenuto troppo orgoglioso e individuale (sull'individualismo si svilupperà anche il soggetto del protagonista di "Pickpocket"), un martirio che senz'altro per il regista è l'essenziale per il raggiungimento della Grazia e per la depurazione dello spirito. Sembrerebbe un fallimento come lo è stato per Viridiana, ma nel finale - anche se risoluto come un paio di manette strette ai polsi - in Teresa è cambiato visibilmente qualcosa. "La Conversa di Belfort" è già un Bresson quasi al 100%, dal rigore assoluto, dall'essenzialità della fotografia, dal minimalismo della sceneggiatura e delle scenografie, un Cinema a sottrazione che solo questo regista ha raggiunto con tale elevatura stilistica. Quasi perché c'è un insolito contrappunto sonoro (non si ha ancora la poetica dei rumori che caratterizzerà le opere dal 1950 in poi), e anche le atmosfere, girate in notturna per gli esterni, hanno qualcosa di hollywoodiano, comprensibilissimo trattandosi di un'opera prima che aveva bisogno di visibilità internazionale. Sublimi i dialoghi, che fanno dello humor caustico e del sarcasmo un "motto religioso".

7 risposte al commento
Ultima risposta 11/05/2021 00.22.25
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