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Un Wilder minore dirige uno Sherlock Holmes minore, in cui la comicitā č un po' sciocchina (soprattutto a causa di un Watson fin troppo macchiettistico). Per caritā, alla fine si lascia vedere perché il mestiere c'č tutto e Stephens č uno Sherlock Holmes sofferto e malinconico (anche a causa delle sue vicende personali), ma non un film irrinunciabile nella filmografia di uno dei pių grandi registi e sceneggiatori della storia del cinema.
Ironica variante (nel senso british del termine) della avventure di Holmes con "inserti omosessuali" e riferimenti ad altre opere che riguardano l'investigatore più famoso del Regno Unito. La ragnatela di intrighi da risolvere non è male e abbastanza curiosa visto che di mezzo c'è pure il mostro di Lochness con tanto di grottesca ma geniale spiegazione al fenomeno (ricordiamoci l'epoca in cui è ambientato ossia fine Ottocento). All'inizio mi pareva mediocre e scontato ma da quando si trasferiscono inScozia ha cominciato a suscitare in me un certo interesse...tra castelli di pietra, nebbia ed il mitologico lago ho molto gradito sia a livello visivo che di storia. Così così Robert Stephens come Sherlock Holmes ma molto più simpatico il suo socio Watson interpretato da Colin Blakely. Alla regia nientepopodimeno che Billy Wilder e si vede! Tutto curato con scenografie e costumi sicuramente di buon livello...la mano del grande regista rende il tutto fruibile e mai noioso non lasciando tempi morti e regalando delle gustose sequenze (tipo anche quella al cimitero). Non sono un seguace della saga di Holmes (nemmeno del pornoattore) ma ho voluto vedere questo perché appunto una semi-parodia e direi che si può vedere.
Una versione di Sherlock Holmes molto cupa e particolare. E non poteva che essere cosi trattandosi di un film di Wilder che non lascia mai nulla di scontato. Il suo protagonista, raccontato dal Dottor Watson, è un depresso che ricorre all'uso di droghe per aiutarsi nelle indagini. Tra situazioni imbarazzanti sulla possibile omosessualita' dei due e indagini sul mito del mostro di Loch Ness si arriva al drammatico e sorprendente finale che aggiunge colore alla pellicola.
Fuori dagli schemi un pò abusati del solito Holmes, Wilder gira una commedia spassosa ed allo stesso tempo dolente, raccontando la vulnerabilità dell'uomo ed i rielativi turbamenti dell'animo. E' la storia di una sconfitta, e di un rapporto di amore ed odio verso l'altro sesso. Intelligente e di gran classe. Da vedere, per la verità come un pò tutti i film di Wilder.
Anche da vecchio, Wilder sapeva fare bei film. Con "La vita privata di Sherlock Holmes" Wilder mantiene la sua preferenza per le commedie brillanti (pur nella forma del poliziesco), anche se formalmente si aggiorna ai nuovi gusti degli anni '70. Visivamente ad esempio è molto più ricco (soprattutto dal punto di vista coloristico) e curato rispetto ai film precedenti (quasi tutti in bianco e nero e scenograficamente spartani). Ci sono molte più riprese in esterni, a volte in luoghi assai suggestivi (tutta la parte scozzese). Anche in "La vita privata di Sherlock Holmes" Wilder non rinuncia alla sua arma preferita: l'ironia. Qui il suo bersaglio è l'insorgere della distorsione operata dai mass media sulla percezione del reale (prende in giro il sorgere del postmoderno) e la creazione di icone. In qualche maniera Wilder è stato a lungo artefice della creazione di stereotipi (vedi l'uso della figura di Marilyn Monroe) o ora vengono trattati come oggetti coscienti di sé. E' il caso di Holmes e Watson che agiscono in un contesto (molto moderno e poco vittoriano) in cui sono delle "star", conosciuti da tutti e famosi per le loro imprese. Loro stessi lo sanno e curano la loro immagine. Wilder in qualche maniera ci ironizza sopra. Holmes in realtà è vittima di se stesso, prigioniero del suo ruolo e del suo personaggio; soffre di solitudine e depressione e ricorre a droghe. La storia che poi si svolge durante l'arco del film non fa altro che rilevare le sue capacità, l'acume, ma la sostanziale debolezza interiore e sentimentale. Il suo fallimento come persona in qualche maniera si riflette anche nel suo fallimento professionale. Ecco quindi che si guarda un po' impietosi a cosa c'è dietro i miti e le icone, e si scoprono tante cose che rivelano quanto questi siano fittizi. Wilder si diverte a prendere in giro anche i critici cinematografici. Ironizza sulle interpretazioni omoerotiche date ai suoi film (come ad esempio nel finale di "Non per soldi ma per denaro") scherzandoci apertamente sopra (infatti pure il menage Holmes-Watson si presta ad illazioni). La costante è però un'altra: la diffidenza verso il genere femminile, il rapporto problematico dell'uomo nei confronti del mondo sconosciuto e infido della donna. La donna è quasi sempre desiderio proibito e scombussolamento nei film di Wilder. Il tutto inserito in una trama poliziesca ben congegnata che si dipana con calma, senza però mai far calare l'interesse nello spettatore. "La vita privata di Sherlock Holmes" è quindi un ottimo e piacevole film per una divertente serata.
Pregiata pellicola diretta dal maestro Billy Wilder, dotata di una scneggiatura fantastica e di un cast di tutto rispetto: Robert Stephens nei panni di Holmes, Colin Blakely in quelli di Watson e Christopher Lee in quelli di Mycroft. La storia è intrigante, quanto ironica e molto "british"; la scenografia ben curata, che mi ha affascinato già dalal prima visione; musiche bellissime, d'un classicismo meraviglioso; personaggi ben caratterizzati e società londinese ben ricostruita. Da vedere e rivedere. Col passare del tmpo non perde il suo spessore, ma ne aumenta il valore.
Oggettivamente un altro esempio di sceneggiatura da commedia perfetta, la storia però, può non coinvolgere totalmente, e la lunghezza della pellicola non aiuta. Ultra curato nel dettaglio, bella la fotografia anche se con troppi filtri nebbia, il ritratto di un uomo debole, drogato, mito dell' infallibilità ma che così non è; in definitiva un uomo normale. La forza di questo film, a dieci anni e quattro opere dalla fine, è la spietata e amara rappresentazione di questo mito inglese del secolo scorso, una commedia, che termina con un' iniezione di cocaina.
Una commedia molto elegante diretta da Billy Wilder dove Sherlock Holmes mostra le sue debolezze nascoste. Il personaggio descritto dal Dottor Watson nei suoi resoconti per la rivista Strand, presenta dei connotati diversi, a volte imbarazzanti, ma allo stesso tempo più umani.
Un atipico ritratto, in salsa spy-story, del leggendario Sherlock Holmes che, una volta tanto, viene raffigurato non infallibile, nè integerrimo, nè imperturbabile. Al contrario, questo Sherlock, lamenta alcune debolezze sentimentali, sociali e professionali; nonostante la sua sagacia e le sue capacità investigative non riesce ad evitare di rimanere in balia degli eventi, finendo ingannato e manipolato. Un eroe leggendario svelato, a disagio: misogino, ambiguo, tossico, spesso anticipato e sopravanzato dai rivali di turno; che non ha il controllo della situazione e teme per la sua reputazione, fortemente minata da una gestione del caso tutt'altro che brillante. Un film fondamentalmente amaro ma perfettamente funzionante ed impreziosito da pregevoli scenografie, costumi, fotografia e recitazione. Perfetto il finale. Meritevole.
Bellissima commedia, nata da una sceneggiatura magnifica (del regista e del suo fido colaboratore I.A.L. Diamond) da un'idea geniale. Wilder si sofferma su aspetti sconosciuti e imbarazzanti di sherlock Holmes, sui suoi vizi, come l'uso (e anzi abuso) di droga che l'aiuta a riflettere.
Commedia ironica, ma non farsesca, intelligente, completamente fuori dagli schemi, come le tante di uno dei più grandi registi del secolo.