l'incidente regia di Joseph Losey Gran Bretagna 1966
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l'incidente (1966)

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locandina del film L'INCIDENTE

Titolo Originale: ACCIDENT

RegiaJoseph Losey

InterpretiDirk Bogarde, Stanley Baker, Jacqueline Sassard, Michael York

Durata: h 1.45
NazionalitàGran Bretagna 1966
Generedrammatico
Al cinema nel Giugno 1966

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Trama del film L'incidente

All'università di Oxford Charley e Stephen, due maturi professori, si invaghiscono di Anna, una studentessa appena arrivata. A complicare le cose interviene il corteggiamento del govane studente William che presto diventa il fidanzato della ragazza. Quando William muore in un pauroso incidente a pochi metri dalla casa di Stephen, quest'ultimo seduce Anna ancora sotto shock.

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Voto Visitatori:   7,75 / 10 (6 voti)7,75Grafico
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Voti e commenti su L'incidente, 6 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  15/10/2021 13:45:52
   7½ / 10
Feroce critica sull'ipocrisia dell'alta borghesia per il gia' l'esperto Losey che aveva gia' abbondantemente graffiato in precedenza con "Il servo".
In questo caso un facoltoso professore si invaghisce di una studentessa amata nello stesso tempo da un collega del protagonista.
Regia impeccabile che trasforma una storia piena di sentimento in un thriller psicologico che sembra senza uscita.
Davvero un bel film.

david briar  @  13/04/2020 16:27:10
   8½ / 10
Se ne "Il servo" Losey cercava esteticamente Welles e trovava uno stile personale e unico, debitore ma autonomo, qui cerca un Antonioni all'inglese e trova uno stile forse non altrettanto potente ma certamente aderente alla storia narrata. Ne "L'incidente" l'azione che non si vede ma si sente è più importante di ciò che si vede, perché l'importante non è l'azione ma vederne le conseguenze, che nel film sono sottintese: la classe dirigente borghese in tutta la sua presunzione è in fin dei conti più corrotta dell'ingenua aristocrazia, rappresentata dal personaggio di William, decisamente più pura e ingenua.
Un film molto diverso da "Il servo", capace di espandere l'idea di Losey/Pinter sulle classi sociali e di farla capire meglio. Tutto è sottinteso e per questo tutto è molto più potente, anche quando si sceglie di montare l'audio in fuori sincrono.
Altro filmone di Losey.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  29/06/2013 11:13:16
   7½ / 10
Quanta meschinità si nasconde anche fra coloro che, custodi della cultura e del pensiero, non differiscono affatto dai cosidetti piccolo borghesi. Anzi il gioco che innesca Losey è così sottilmente crudele da spiazzare nella sua composta messa in scena. Sotto la rispettabilità di stimati docenti universitari ci sono individui insoddisfatti a cui sta sfuggendo la gioventù e cerca di parassitare nella giovane coppia di studenti lo spirito ed il vigore di un tempo.
Molto raffinato questo film di Losey, spiazzante per come riesce a descrivere la vicenda con un tono distaccato e mai fuori misura. Nota di merito per l'ottima cura dei personaggi ed il lavoro pregevole alla base di Pinter.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  21/05/2010 13:03:16
   7½ / 10
L’incidente, quello automobilistico, avviene appena cominciato il film: il fracasso, che giunge da oltre l’inquadratura, ne costituisce il titolo.
Seguono gli schianti amorosi, per le vie mnemoniche, in una narrazione raffinata che probabilmente passa da Antonioni, dalla Nouvelle Vague e soprattutto da Resnais.

Ma l’azione che non vediamo, pare, sia sempre importante; così come la parola che non udiamo, o il sentimento che non avvertiamo: buona parte della storia è sviluppata fuori campo. Ciò che resta, così prosciugato, è una rivalità crudele, una vanità crudele, una seduzione crudele. Il vuoto tedioso dell’ambiente universitario: gite in barca, cene, la più aristocratica partita a rugby che si sia mai vista. Un figlio nato nel frattempo: fa fatica a respirare - però respira.
Infine l’incidente.

4 risposte al commento
Ultima risposta 23/05/2010 20.13.34
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Gruppo REDAZIONE amterme63  @  27/04/2009 17:53:30
   7½ / 10
Questo film di Losey non è facile da guardare, soprattutto per chi è abituato ad un tipo di cinema in cui succede qualcosa, in cui c'è una storia o avvenimenti che catturano l'attenzione dello spettatore e lo guidano nella visione. Qui invece è lo spettatore stesso che deve essere attivo e prendere l'iniziativa, deve lui cercare il significato dietro il lento fluire delle immagini, dietro le espressioni, i pensieri e le emozioni solo suggerite o accennate.
Un cinema sinceramente difficile e avaro di emozioni, ricco però di spunti di riflessione sul modo di vivere borghese degli anni '60, che più o meno è anche quello della persona media di oggi. Il tema anima del film è quello classico delle opere artistiche del XX secolo, cioè il contrasto fra istituzioni sociali (ruoli consolidati come quelli di marito, padre, professore ... con le loro regole condizionanti) e gli istinti interiori, fra tutti quello sessuale.
Losey è bravissimo a inquadrare la situazione sociale del protagonista Steven (un bravo Dick Bogarde), un professore di filosofia di Cambridge (?). Si tratta di una persona tollerante, illuminata, che conduce una vita apparentemente tranquilla ed equilibrata con una bella moglie liberale che ama, con due bei bambini, sullo sfondo di una splendida casa e di una bellissima campagna. Cosa si vuole di più dalla vita? ci si potrebbe domandare.
Invece come succede in molti film di Losey interviene ad un certo punto un personaggio (per lo più femminile) ammaliante, perturbatore, distruttivo, che rivela l'instabilità e la saldezza illusoria di questo modo di vivere, che si era creduto soddisfacente e idilliaco.
Steven in qualche maniera cerca di resistere al fascino ammaliatore e ninfomane dell'austriaca Anna. Non così l'altro professore Charles (Stanley Baker nei suoi normali standard) e il giovane aristocratico William, i quali cedono e vengono usati e distrutti dall'apparentemente innocente e innocua Anna. Il finale riserva diverse sorprese, con Steven che riesce a sopravvivere ma solo accettando la maschera dell'ipocrisia, l'unica che riesce a rendere formalmente duratura l'istituzione della "famiglia".
Il film appartiene quindi al genere esistenzialista, con tempi dilatati, frequenti silenzi, descrizione minuziosa, lentezza dell'azione, tutto per spingere lo spettatore a vivere, a sentire la mente e i sentimenti dei personaggi in profondità. Losey però non facilita molto questo compito allo spettatore, perché in genere imposta nei suoi film una recitazione piuttosto fredda e distaccata. Nei film di Michelangelo Antonioni, ad esempio, si esprime molto più pathos ed è più facile cogliere i contrasti interiori dei personaggi. Qui ci si meraviglia a volte di come scoppino all'improvviso queste passioni devastanti e come possano condizionare così tanto i personaggi. Può darsi che questo effetto sia voluto da Losey/Pinter, i quali intenderebbero semplicemente suggerire il dominio completo dell'instinto e del caso nei destini umani, con l'autodistruzione come fine ultimo per chi decide di vivere liberamente i propri istinti.

2 risposte al commento
Ultima risposta 27/04/2009 20.54.32
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  20/09/2007 14:04:17
   8 / 10
Una summa delle ossessioni (ma meglio dire perversioni) Pinteriane, con un climax che ricrea magnificamente lo stato perenne di angoscia e desideri torbidi della vicenda. Grandissimi gli attori, la regia di Losey e il drammatico finale

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