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Tocca un infinità di argomenti come l'appartenenza politica, la depressione con i relativi propositi di suicidio, l'omosessualità, l'amicizia, l'amore ma in pratica rimane quasi tutto senza una vera spiegazione, il che non sarebbe manco male se ci fosse una regia interessante, invece è alquanto invisibile e le intenzioni intellettuali finiscono nel vuoto. Fra gli attori spicca solo il bravo Berger.
Mingozzi si conferma un regista impegnato nel suo tempo...forse anche troppo visto che questo suo "Morire a Roma/La vita in gioco" è molto ancorato al periodo di appartenenza: ovviamente quegli anni '70 pieni di indecisioni, lotte, contestazioni, controcultura, sperimentazioni...delusioni. Tuttavia la storia non è prettamente politica, più che altro è un relazionarsi di personaggi ognuno con i suoi problemi che, all'epoca, magari erano visti come problemi oggettivi. Si parla infatti di omosessualità con momenti che anticipano il pasolinianesimo (ah...ho appena coniugato un nuovo vocabolo!) piuttosto che di disagio sociale e di suicidio. La sceneggiatura, però, è troppo rugginosa e spesso imbocca vicoli ciechi; quello che dovrebbe essere il tema centrale, appunto il suicidio, è relegato in secondo piano (snaturando così il titolo della pellicola); vengono trattati troppi temi senza che ne venga davvero approfondito nessuno come si deve. Forse il perno è la delusione nel vedere gli altri che non seguono i loro ideali...cose ormai passate di moda. Insomma un film invecchiato niente affatto bene.