nanuk l'eschimese regia di Robert J. Flaherty USA 1922
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nanuk l'eschimese (1922)

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locandina del film NANUK L'ESCHIMESE

Titolo Originale: NANOOK OF THE NORTH

RegiaRobert J. Flaherty

InterpretiNanook, Nyla, Cunayou, Allee, Allegoo

Durata: h 1.19
NazionalitàUSA 1922
Generedocumentario
Al cinema nell'Agosto 1922

•  Altri film di Robert J. Flaherty

Trama del film Nanuk l'eschimese

Storico documentario che, nell'arco di tre stagioni, racconta la vita della famiglia di Nanuk composta da moglie, due bambini e un cane. Il villaggio dove vivono è Port Harrison, non molto lontano dalla Baia di Hudson.

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Voto Visitatori:   8,44 / 10 (9 voti)8,44Grafico
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Voti e commenti su Nanuk l'eschimese, 9 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

stratoZ  @  02/12/2025 14:46:51
   9 / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Quando parlo di film come Nanook tendo a mettere da parte il più possibile la componente soggettiva, è il classico caso in cui bisogna inevitabilmente contestualizzare l'opera a livello storico, facendo le solite e dovute premesse sul fatto che considerate tutte le pellicole del muto andate perse nel corso degli anni tra guerre, incendi o semplice decadenza del materiale, non si può stabilire con assoluta certezza quale sia l'opera che per prima si sia spinta su determinati lidi, ecco, però, Nanook è uno di quei casi in cui sbilanciarsi non è del tutto sbagliato, si parla di quello che è considerato il primo documentario, almeno tra quelli che sono arrivati fino a noi, a partire dalla storica premessa all'inizio del film, nella quale Flaherty spiega la lunga genesi della pellicola, le difficoltà produttive, la nuova concezione dell'opera, nella quale il regista assieme alla sua telecamera viaggia fino al luogo oggetto della rappresentazione, in questo caso un remoto e freddo angolo di Canada dove vivono gli Inuk, e l'amaro destino di Nanook, deceduto di stenti solo due anni dopo la fine delle riprese.

L'opera è divisa in tre macro capitoli, ognuno dei quali mostra un determinato aspetto della vita degli Inuk, soffermandosi sulla famiglia di Nanook, la camera di Flaherty è come una presenza invisibile che si aggira tra i ghiacci del posto, introduce velocemente la famigliola, le usanze, mostra il loro stupore di fronte a tecnologie ancora mai arrivate a loro - la scena del grammofono - e successivamente approfondisce quella che è la concezione della sopravvivenza, le splendide scene di caccia, per lo spettatore occidentale, me compreso, troppo crude, ma senza reale cattiveria, solo per pura necessità, come la sequenza di caccia al samone, o quella successiva, in cui Nanook ed altri uomini con cui caccia intraprendono quella faticosa cattura del tricheco, per ottenerne il grasso, o la stessa cattura della volpe, per le pellicce, essenziali per la sopravvivenza, fino ad arrivare nel secondo capitolo alla fase di costruzione dell'igloo, dimora degli Inuk, dall'estrazione dei blocchi di ghiaccio alla compattazione degli stessi per creare la struttura, è tutto documentato con una visione non filtrata, se non da un montaggio che taglia le parti più statiche e dona a questa quotidianità una certa dinamicità, ma nel film c'è spazio anche per una componente melodrammatica intensa, che si palesa nelle parti finali, quelle della tempesta di neve, che mostra un popolo in balia delle rigide condizioni climatiche, la natura, madre, donatrice e carnefice dell'uomo, che da un lato dà, da un lato toglie, costringendo in una dolorosa sequenza a dover sacrificare gli husky per assicurarsi la salvezza.

Nanook nella sua rappresentazione così realistica si porta con sé svariati significati, dalle differenze culturali che implicano riflessioni sulla violenza e la percezione della stessa, la sensibilità, che varia inevitabilmente in base al contesto, fino al rapporto con la natura, in un braccio di ferro infinito con l'uomo nel quale l'uno prova a piegare l'altro al suo volere e viceversa, è un film che funziona sotto tutti i punti di vista da quello prettamente narrativo, alla semantica, estremamente adatta alla situazione rappresentata, fino a, come specificato prima, l'aspetto prettamente storico, vista l'enorme importanza dell'opera.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  12/02/2025 18:30:49
   7½ / 10
Si tratta del primo documentario della storia del cinema quindi va' visto semplicemente per un discorso "scolastico", ma nel lavoro di Flaherty c'è anche dell'altro.

La rappresentazione di uno stile di vita molto lontano dalla societa' moderna, uno sguardo sincero e appassionato su un mondo che sembra irreale.

Poi certo bisogna avere la concezione che si tratta comunque di un lavoro di piu' di 100 anni fa, oggi il montaggio verrebbe etichettato come "monotono".

Alla fine è un documento piu' importante che bello.

david briar  @  18/02/2016 00:14:21
   8½ / 10
Flaherty capisce che il documentario dev'essere narrativo e accattivante, e costruisce un film indimenticabile, emozionante e divertente, che racconta un'appassionante lotta per la sopravvivenza. Non conta molto il fatto che sia stato costruito, o che presenti la caccia col rampone quando già si usavano i fucili, perchè l'obiettivo è appunto rappresentare gli Inuit quando ancora non c'era una significativa contaminazione occidentale, anche se contiene già alcune avvisaglie, come il commercio con l'uomo straniero dove Nanook è entusiasmato dal suo primo contatto con un grammofono. Perfetti regia e montaggio, usati in maniera creativa per creare tensione, suspense e identificazione.
Chiunque voglia studiare, ma anche fare documentari, deve partire da qui. Personalmente trovo un po' noioso il cinema d'osservazione in cui versa talvolta la ricerca etnografica e documentaria. I documentari davvero efficaci sono quelli capaci di creare una narrazione tesa e ritmata, ricordandoci di non prendere per verità assoluta ciò che vediamo. Come il cinema narrativo classico è figlio di Griffith, il documentario classico empatico è figlio di Flaherty. Imprescindibile..

Invia una mail all'autore del commento Elly=)  @  19/08/2011 13:01:29
   9 / 10
Il padre dei documentari, Robert J. Flaherty, crea un classico, dove il coraggio umano di fronte alla natura furiosa del paesaggio artico, diventa il perno di questo grande documentario. Un documentario, che con il passare dei decenni, ha portato con se molti scettici che affermano che sia tutto inscenato solo per dare un tocco in più al film. Ma a parte questa "piccola presa di posizione", la pellicola, in sé, ha una terribile intensità, data soprattutto dalla scena finale, e la maniera che ha Flaherty di catturare, in un certo senso, l'essenza della vita quotidiana.

pinhead88  @  02/04/2010 00:44:21
   8 / 10
Primo esempio di documentario muto realizzato ottimamente.
Gli esquimesi sono un popolo di cui non ne ero pienamente a conoscenza,ma con questo documentario di quasi novant'anni fa si apprende quasi appieno lo stile di vita di questa popolazione sconosciuta ai più.

Invia una mail all'autore del commento wega  @  16/12/2009 20:03:20
   8½ / 10
A dir poco straordinario questo documentario di Flaherty girato a cavallo degli anni '20, quando sulla neve si camminava ancora con le racchette da tennis per intenderci, ed il primo documentario assurto ad opera d' Arte. Se penso ad un degno erede, mi viene in mente Herzog. Al contrario, Flaherty però, i suoi film/documenti li sviluppava su una vera e propria drammaturgia. L' Uomo e il suo istinto di sopravvivenza più animalesco, cacciatore votato ad una esistenza di stenti. Nanook morì infatti di fame due anni più tardi. "Nanuk l' Esuimese" è un documento di storica importanza dove prevale il rapporto con la Natura e rivela l' essere umano in tutta la propria capacità di adattamento (cioè, questi dormono nudi a -30° e si lavano con la saliva).

4 risposte al commento
Ultima risposta 25/12/2009 13.08.09
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  08/08/2009 15:19:42
   9 / 10
Un documentario favoloso, su un mondo fatto di stenti, di dfficoltà d fronte a una natura arida e ostile. Un ritratto realistico di una famiglia di esquimesi e la sua grande carica di umanità.

3 risposte al commento
Ultima risposta 09/08/2009 20.43.29
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  02/08/2009 09:32:45
   8½ / 10
Tra le tante meraviglie che la natura ci concede, esistono spettacoli di smaglianti colori; acque smeraldine sussurrate dal corallo, mari di blu cobalto sventolati dalle onde, laghi dalle luci argentate, arcobaleni, fiumi variopinti che discendono il verde dei monti come lampi.
Esistono poi oceani immobili, d’incantevole candore, che si stendono davanti agli occhi come un’enorme scaglia di ghiaccio e di vuoto, e si presentano a noi come appartenessero ad un luogo occulto ed inaccessibile. Qui non vi sono onde, né coralli, neppure luci argentate, il colore stesso sembra non volerci sostare. Eppure anche in queste lande bianche, dimenticate ai margini del mondo, è possibile raccontare una storia d’umanità. Una storia di fame e di stenti, ma anche di rispetto, d’affetti e di coraggio. E’ da qui che inizia la meravigliosa avventura di Nanook e della sua famiglia...
Scriverà Flaherty (la traduzione è un po’ sommaria): “Meno di due anni dopo le riprese, seppi che Nanook si era avventurato verso l’interno alla ricerca di cervi ed era morto di fame. Ma il nostro “Big aggie”, divenuto poi “Nanook of the north”, è arrivato sino ai punti più lontani della terra, e molta gente ha potuto vedere Nanook, il gentile, valoroso e semplice esquimese.”

bulldog  @  30/07/2009 23:54:22
   8 / 10
Il primissimo esempio di documentario.
Flaherty stette per 2 lunghi anni nel circolo polare artico per riprendere la quotidianità di una famiglia eschimese, seguendoli giorno per giorno documentandone la dura sopravvivenza nel gelo.
Storico

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