In un piccolo eremo semidiroccato vive un anziano maestro zen insieme a due discepoli, il giovane Ki-bong e il piccolo Hae-jin, un orfano di cinque anni. Un giorno Haejin, giocando fra gli alberi con la fionda, colpisce involontariamente un uccello che sta covando e ne distrugge il nido. E' il primo impatto con la morte di Hae-jin, che dovrà affrontare l'esperienza della sofferenza fisica (quando dal maestro gli viene estratto in modo rudimentale un dente cariato), del dolore (quando si interroga sulla sua condizione di orfano), dello smarrimento e della paura (quando rimane solo la notte).La vita del bambino si svolge a contatto della natura, dei suoi ritmi e dei suoi elementi: l'acqua, la vegetazione, il sole, il vento e la pioggia, il fuoco, i giorni, le notti e le stagioni, i rischi, le insidie e le ostilità del quotidiano.Quando il maestro, sentendo ormai prossima la fine, affida a Ki-bong il compito di provvedere alle sue esequie, quest'ultimo si reca in città per acquistare delle medicine. Ha modo così di confrontare l'esistenza di quel mondo con quella del suo.Morto il maestro, Kibong ne celebra di notte il rito della cremazione, poi sale all'alba su una vetta scoscesa incontro al sole, per inoltrarsi infine, all'imbrunire, nel folto della selva, dove scompare, dopo aver affidato al bambino gli indumenti del maestro. Rimasto solo, il piccolo Hae-jin torna all'eremo e brucia gli indumenti del maestro. Rimangono solo sulla soglia le bianche calzature di lui, rivolte verso l'ingresso. Haejin le inverte verso l'uscita, rientra e chiude la porta.
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