sei donne per l'assassino regia di Mario Bava Italia, Francia 1964
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sei donne per l'assassino (1964)

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locandina del film SEI DONNE PER L'ASSASSINO

Titolo Originale: SEI DONNE PER L'ASSASSINO

RegiaMario Bava

InterpretiCameron Mitchell, Eva Bartok, Thomas Reiner, Ariana Gorini, Dante DiPaolo, Mary Arden

Durata: h 1.28
NazionalitàItalia, Francia 1964
Generethriller
Al cinema nel Settembre 1964

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Trama del film Sei donne per l'assassino

In un atelier di moda, la giovane modella Isabella viene trovata brutalmente uccisa. I sospetti ricadono subito sul fidanzato della ragazza, mentre il diario di quest'ultima, che forse conteneva indizi sul killer, viene rubato. Nell'atelier ha inizio così una catena di omicidi, tutti riconducibili allo stesso assassino.

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Voto Visitatori:   7,45 / 10 (64 voti)7,45Grafico
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Voti e commenti su Sei donne per l'assassino, 64 opinioni inserite

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marcogiannelli  @  06/05/2017 20:03:08
   8½ / 10
Se "La ragazza che sapeva troppo" dello stesso regista aveva segnato l'inizio del giallo all'italiana, questo film setta però gli standard di quel genere che ci ha resi famosi anche oltreoceano, che nel film precedente erano solo abbozzati. Oggi potrebbe sembrare simile a tanti altri film più noti, ma pensate che Bava arrivò prima di tutti su ogni aspetto e particolare.
Primo caposaldo: l'assassino con l'impermeabile, i guanti, il cappello e una maschera (alla Slander Man), figura poi ripresa da Dario Argento in primis ma anche per esempio da Craven per il suo Nightmare (l'omicidio con il guanto artigliato vi ricorda nulla?).
Secondo caposaldo: gli omicidi in serie, che poi ebbero una degenerazione nel filone slasher che prese vita grazie a "Reazione a catena" (regia di…sì, ancora Bava).
Terzo caposaldo: l'estetizzazione del delitto, cosa su cui Argento ha campato per 20 anni e che anche Fulci amava mettere in scena. Quattro anni prima Psycho aveva scioccato il mondo, e sostanzialmente era un film in cui la violenza esplicita era annullata dalle scelte preventive di Hitchcock nel cautelarsi in caso di un blocco della distribuzione. Qui gli omicidi sono espliciti e di vario genere, che esso sia accoltellamento, ustione, annegamento o strangolamento. Parliamo di un film del 1964, se oggi determinate scene possono essere affrontate diversamente dagli spettatori, allora sicuramente scioccarono la maggior parte della platea. A maggior ragione se pensiamo che a questo si unisce una manifestazione di sessualità spinta per i tempi (donne in sottana eh, ma comunque qualcosa che solo Marylin Monroe aveva portato sugli schermi).
Uno degli aspetti che poi Argento riprenderà tanto per la Trilogia delle Tre Madri sarà l'uso dei colori e della fotografia. I rossi forti sono il simbolo di tutto ciò, ma anche le luci a neon usate per i secondo omicidio sono stupende. Bava era uno specialista della fotografia, tanto da aver lavorato con i maggiori registi italiani (tra cui Fellini) come direttore della fotografia nella sua carriera pre "La maschera del demonio".
Il film ha 53 anni, e pur essendo fuori tempo per determinate caratteristiche (gli atelier, le acconciature, alcuni aspetti della quotidianità variati fisiologicamente), il film non risulta vecchio nella messa in scena. In sostanza è un film di oggi ambientato negli anni '60.
Avvertiamo una buona tensione per tutta la durata del film grazie al ritmo, scandito da un montaggio eccezionale (magnifico lo stacco dialogo-annegamento). Anche il comparto sonoro contribuisce in maniera sostanziosa alla causa, certo non sarà comparabile a quella de "La cosa" o "Halloween" o "Profondo Rosso", ma fa il suo.
Non esaltanti le prove attoriali, probabilmente a causa di una certa spersonalizzazione dei personaggi: sono tutti ricchi, arrivisti, egoisti, egocentrici e nascondono qualcosa. Infatti è bravissimo Bava nell'usare dialoghi fuori campo e concentrarsi sui volti e sulle reazioni di ogni personaggio con rapide zoomate proprio per sottolineare la disonestà dei soggetti (esemplare la scena della scoperta del diario).
Parlando sempre di regia, sono stupendi i movimenti di macchina calibrati e mai esasperati, basati sul concetto della collocazione della cinepresa tale che venga esaltato lo spazio scenico (esempio: la soggettiva della proprietaria dell'atelier nel finale).
La scenografia è molto particolare quando si sviluppano gli omicidi, sospesa a metà tra surreale e gotico, figlia della filmografia antecedente del maestro e che sarà d'aiuto anche successivamente per generazioni e generazioni di registi.
Bisogna dire anche che la sceneggiatura non è perfetta e a livello strettamente poliziesco potrebbe suscitare più di un dubbio, ma la messa in scena cancella ogni principio di dubitazione.
Insomma un capostipite e un simbolo per il cinema italiano…ma non solo.

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