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In una Los Angeles deserta, senza vita, con cadaveri in putrefazione ad ogni angolo di strada, corre veloce su un'automobile di lusso Robert Neville (Charlton Heston), ex ufficiale medico, apparentemente l'ultimo uomo sano sopravvissuto ad un sterminio batteriologico legato a un conflitto mondiale, provocato dalla entrata in guerra della Cina contro la Russia due anni prima, nel 1975.
L'uomo, uno scienziato rimasto in vita grazie a un vaccino sperimentale da lui stesso prodotto, che considerava in principio di dubbia efficacia, vive, attrezzato tecnologicamente di tutto il necessario, in un appartamento signorile situato all'ultimo piano di un principesco palazzo.
Di giorno Neville gira per i negozi abbandonati della città, reperendo ciò che gli piace o gli serve, oppure guarda per l'ennesima volta, in un fatiscente cinema del centro, il film "Woodstock", che riprende con le telecamere il famoso festival concerto rock, pop, di tre giorni, tenuto nel 1969 negli Stati Uniti.
Un festival cult quello di Woodstock, organizzato da una moltitudine di giovani promotori di una cultura innovativa, di grande spessore ideale, ispirata a principi di libertà, di antiautoritarismo ed emancipazione da tabù sessuali.
Ma l'obiettivo principale di Neville, che si aggira per la città armato di mitra, è di scovare il luogo dove si rifugiano di giorno i componenti del gruppo religioso denominato la Famiglia, fotofobici con occhiali scuri dall'aspetto albino, suoi nemici. Una congrega di credenti mal sopravvissuti al disastro batteriologico capeggiata da Matthias (Anthony Zerbe), deciso ad uccidere Neville perché evoca, con la sua capacità di sopravvivenza vitalizzata dall'uso delle tecnologie ancora attive nella città, l'aspetto più negativo di una società che ha portato l'uomo alla distruzione.
Neville subisce gli attacchi di Matthias di notte, al rientro dal suo giro diurno.
La setta, composta da poche centinaia di fedeli, è armata di grossi bastoni, coltelli e rudimentali lancia palle-infuocate. Il loro covo abituale è, non a caso, il Tribunale della città dove Matthias intende processare Neville. Il nome del nascondiglio racchiude il senso più profondo della loro missione religiosa che è protesa, dopo l'olocausto, verso una giustizia di tipo purificatorio in cui il fuoco dovrebbe rendere i frutti del peccato irriconoscibili.
Neville, solitario, sembra destinato a cedere ma scopre un giorno, in un negozio di abbigliamento, mentre curiosa tra i vestiti, di non essere completamene solo: una figura umana dalle sembianze attraenti si mimetizza con imbarazzo tra i manichini ed è Lisa (Rosalind Cash), la donna di cui si innamorerà.
Riuscirà Neville, insieme a Lisa, a distruggere la setta e a creare con il proprio sangue, divenuto un prezioso siero-vaccino per gli scampati, un futuro del tutto nuovo per l'umanità?
Il film, uscito nel 1971, è diretto da Boris Sagal, noto per "Pazzo per le donne" (1965), "La ragazza made in Paris" (1966), "Le spie vengono dal cielo" (1969), "Il tuo unico peccato era l'amore" (1977).
La pellicola è tratta dal racconto "Io sono leggenda", ("I Am a Legend" del 1954) di Richard Matheson, ed è un remake del film "L'ultimo uomo della terra" (1964) di produzione italo-americana girato da Ubaldo Ragona. Un'opera cinematografica dignitosa, ingiustamente troppo sottovalutata dal pubblico.
"1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra" ha una partenza narrativa coinvolgente, di alta qualità fotografica per la suggestione che suscita, molto espressiva e comunicativa, tale da promettere nella seconda parte del film grandi cose.
La curiosità che suscita sarà in gran parte soddisfatta attraverso scene di alto valore emotivo, liberatorie di una tensione sagacemente costruita, ricche di una drammaticità insolita per un film di fantascienza, perché non consente una facile identificazione con i suoi termini costitutivi.
Emblematica di ciò è infatti la scena del processo a Neville nel Tribunale-covo, nella quale lo spettatore alla fine non sa proprio con chi stare perché, se da una parte si identifica con il suo simile, l'imputato Neville, sopravvissuto al disastro e impegnato a ricostituire un futuro per l'umanità basato non proprio su una razza bianca ma su un meticciato tipicamente americano, dall'altra il pubblico è attratto inconsciamente dalle enfatiche e profetiche parole del gruppo religioso, che credibilmente nel processo sottolinea come sia responsabile di tutto quello che è accaduto il tipo di sviluppo indotto dall'uomo nel sociale, caratterizzato da una crescita tecnologica abnorme, ingannatrice, che ha allontanato l'umanità dai valori fondamentali della convivenza civile e dal sociale più solidale, facendo della tecnica un altro comodo Dio, distaccando l'umanità dal sacro e dal timor di Dio.
Alla fine del film lo spettatore rimane psicologicamente in sospeso, diviso tra valori tipicamente occidentali-laici e valori religiosi legati a un trascendentale spirituale basato su tracce di vecchie scritture sacre.
Da una parte i valori rappresentati in qualche modo dal comportamento e dal pensiero di Naville, come l'amore per le automobili e la tecnica in generale, l'erotismo estetizzato dai consumi, l'affetto per la famiglia americana maschilista, l'affermazione di una medicina arrogante e ideologicamente basata su una rozza innovazione, ex novo, sovrapposta a quella più legata alla psicologia e alla cultura del malato di cui non rimane più alcuna traccia; dall'altra valori metafisici solidi che hanno un saldo legame con la realtà drammatica che i foto fobici stanno vivendo, riassumibili nell'interrogativo: chi se non l'uomo è responsabile della natura, della realtà in cui vive, datagli in custodia da Dio?
Il delirio della setta lascia in un certo senso sbalorditi per forza persuasiva.
Attraverso il sintomo clinico di una prepsicosi ben evidente nei foto fobici albini, un disturbo patologico legato agli eventi in corso, il pensiero delirante richiama lo spettatore, per carisma espressivo e forza evocativa inconscia, a quello che anche lui potrebbe diventare se non partecipa nella vita reale a una scelta politica alternativa al mondo tecnologico.
Il contesto culturale e politico in cui nasce il film è quello del '68, un epoca caratterizzata da una estesa protesta giovanile, studentesca e operaia, in tutto l'occidente che, seppur nel sociale non fosse dominante, lascerà un segno nelle generazioni future di grande rilievo, sia nella storia politica dell'occidente che nei libri di cultura cinematografia e letteratura.
Nel '68 la critica alla cosi detta tecnologia del profitto era radicale, la si riteneva responsabile dei danni all'ambiente e alla salute in fabbrica. Vengono perciò messi in discussione gran parte dei fondamenti dell'economia capitalista, giudicata incapace di risolvere i problemi sociali di tutti.
Numerosi i movimenti pacifisti e anarchici, libertari e con culture del vivere alternative, che nascono in seguito anche alla straziante e interminabile guerra nel Vietnam.
Il film quindi dà consistenza profetica e figurale a realtà sociali vere, vive, molto problematiche, rispecchiando con metafore fantascientifiche tutto un mondo ricco di fermenti culturali nuovi che scaturiscono proprio dalle paure e dalle ansie procurate da un momento storico eccezionale dove una parte del sociale, più sensibile alle questioni planetarie di fondo, prende coscienza del fatto che si sta andando verso una nuova catastrofe, etica e ambientale, lungo un conflitto militare, globale, senza vie di uscita.
Tutto nel film è radicalizzato, come radicali erano le opposizioni nelle nazioni occidentali di quel periodo a certi modelli di sviluppo e di comportamento etico, come estremo era il gioco tra i due blocchi, l'occidentale e quello sovietico fino al punto di far rischiare una guerra atomica anche solo per errore.
La setta della Famiglia di Matthias vuol purificare con il fuoco ciò che resta di vivo di una cultura e di una tecnologia fallimentari ma i componenti della setta non sono del tutto pazzi, come diverse recensioni su questo film affermano. Sono dei fedeli, attendono la risposta di Dio, un cambiamento radicale della vita e del mondo, l'entrata in una nuova dimensione, sconosciuta, ma da sempre promessa e ambita dai fedeli che si riconoscono nei testi sacri monoteisti dell'occidente.
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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 03/02/2011 10.45.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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