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Da più di un decennio si sta affermando nella cinematografia europea la cosiddetta "commedia etnica". Lo attestano titoli come "East is east" o anche "Sognando Beckam", ma anche in maniera traslata il nostro "Lezioni di cioccolato".Gli ingredienti sono più o meno gli stessi: una famiglia di immigrati integrati nella nazione che li ha accolti a lavorare, la nostalgia e le differenze con la madrepatria, le relazioni tra la prima e la seconda generazione.
Il film "Almanya" (parola turca che corrisponde a "Germania"), opera prima della turco-tedesca Yasemin Samdereli, shakera tutti gli ingredienti per dar vita a una saga familiare che comprende tre generazioni con un tono a metà tra la commedia e il patetismo (vedasi la seconda parte girata in Turchia), il tutto tra continui flashback, racconti del passato e un continuo andirivieni tra personaggi al giorno d'oggi e stessi personaggi da giovani. Hüseyin, il patriarca della famiglia Yilmaz, è emigrato in Germania (paese che vede la più alta presenza di etnia turca in Europa) all'epoca del boom economico diventando il milionesimo e uno emigrante nel paese. La sua decisione di portare la famiglia a Monaco si scontra inizialmente con i pregiudizi dei vari parenti: si sognano bottiglie di Coca Cola ma si teme il Crocifisso (in una scena decisamente un po' blasfema per i cattolici l'uomo della croce tormenta uno dei figli di Hüseyin) e c'è chi ha delle riserve in merito all'uso dei sanitari in bagno. Dopo le iniziali perplessità la famiglia si integra presto e l'ormai anziano Hüseyin acquisisce (con un po' di riluttanza) la cittadinanza tedesca dopo anni da "Gastarbeiter" (lavoratore ospite).
Se la prima parte della storia gioca molto sui contrasti tra Turchia e Germania negli anni Sessanta strappando più di un sorriso, nella seconda si assiste al ritorno al passato con la famiglia in viaggio verso la casa avita acquistata in gran segreto dal nonno per le vacanze. Trait d'union tra vecchio e nuovo è il piccolo Cenk, sei anni, nato dall'unione tra il primo figlio dei Yilmaz nato in Germania e una tedesca, incapace di parlare la lingua turca e incuriosito dagli usi e costumi del suo paese d'origine. Glucosio a fiumi e lacrimucce guastano il ritmo della storia regalandole un tono retorico.
Finale interetnico a sancire la definita unione tra popolo tedesco (accogliente e mai chiuso nei confronti dello straniero) e emigranti.
Storia interessante, ben strutturato il rapporto tra i vari membri della famiglia Yilmaz e la loro evoluzione socio-culturale. Voto: più che sufficiente.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 03/01/2012 15.08.00
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