Voto Visitatori: | 8,22 / 10 (9 voti) | Grafico | |
«Ho scritto questo libro per amore del mistero delle vecchie narrazioni, delle superstizioni e dei libri romantici scritti in caratteri gotici che mi balenarono un tempo davanti agli occhi senza permettermi di scoprire il loro contenuto. [...] Mi rivolgo a quanti, di tanto in tanto, si soffermano come me sul mistero di certi cortili, di certi sotterranei, di certi villini e sul mistero degli intrichi della mente intorno a ciň che č arcano. Se riuscirň, con questo mio libro, a evocare in loro quei sentimenti rari e preziosi che mi hanno costretto a scrivere un racconto che rasenta il ridicolo e la futilitŕ, sarň soddisfatto.»
Viteszslav Nezval – Prefazione di Valerie a Tyden Divu
"Valerie a Tyden Divu", piů noto come "Valerie and her Week of Wonders", in Italia č stato tradotto in: "Le Fantasie di una Tredicenne". Si tratta di un film del 1970 ed č il terzo lungometraggio del regista ceco Jaromil Jires, ispirato all'omonimo romanzo del connazionale Viteszslav Nezval (1900-1958). Sarebbe stato certamente piů opportuno applicare la letterale traduzione adoperata per l'edizione italiana del libro di Nezval: "Valeria e la settimana delle meraviglie".
Jaromil Jires (1935-2001) č stato tra i maggiori esponenti della Nova vlna, la nouvelle vague cecoslovacca.
Si tratta di un film di matrice surrealista difficilmente catalogabile, č una sorta di fiaba nera (cosě definiva il suo romanzo Nezval) dalle tinte gotiche, caratterizzata da accese sfumature erotiche, il tutto accompagnato dalla gradevolissima colonna sonora di Lubos Fiser.
Valerie, la protagonista, č una ragazzina tredicenne che vive con la nonna Elsa (i genitori vengono dichiarati morti) in un imprecisato luogo (in Boemia si deduce), in un tempo non precisato ma che pare essere l'Ottocento. Le riprese in interni sono state effettuate ai Barrandos Studios di Praga, mentre per gli esterni si č ricorsi ad alcuni paesini boemi.
Distinguere sogno e realtŕ in questo film č difficilissimo, probabilmente l'uno e l'altro si compenetrano a tal punto che č impossibile. Come sottolinea Freud ne "L'interpretazione dei sogni": "Il sogno č incoerente, riunisce senza esitazione le piů grosse contraddizioni, ammette cose impossibili, trascura le nostre cognizioni..." In questo film, infatti, la logica non tiranneggia, č la fantasia a farla da padrona. Lo spazio e il tempo non esistono, o meglio, non esistono nella loro concezione 'volgare'. Il tempo non č mai lineare, sembra procedere a salti, e sembra quasi avere una struttura circolare e richiudersi laddove era cominciato. Luoghi lontani tra loro appaiono poi vicinissimi. Queste deformazioni spaziotemporali sono tipiche dei sogni.
Il film inizia con una sequenza molto poetica: Valerie, con un lungo vestito bianco, cammina in un giardino di margherite e, ad un certo punto, delle stille di sangue colorano di rosso i piccoli fiorellini.
Č sopraggiunto il menarca, Valerie non č piů una bambina, come dirŕ il mattino seguente alla nonna.
Valerie, svegliandosi,si accorge che qualcuno le ha rubato gli orecchini. Poco dopo, perň, un giovane di nome Orlěk, il servitore di una sorta di vampiro, glieli restituisce. La mattina seguente, mentre Valerie fa colazione con la nonna, questa si affaccia alla finestra e scorge i preparativi per il matrimonio di Hedvika, una conoscente di Valerie, che si sta per sposare con un uomo molto piů grande di lei. Poco dopo Orlěk comunica a Valerie che si terrŕ, nella chiesa del paese, una messa riservata alle vergini, il ragazzo inoltre le regala delle perle magiche che le permetteranno di difendersi da tutte le disgrazie che le capiteranno (nel romanzo viene specificato che si tratta delle perle degli orecchini di Valerie, un tempo appartenuti al vampiro e da lui stesso creati). Dopo la messa, Valerie trova Orlěk incatenato alla fontana della piazza, lo libera e lui prova a baciarla, ma lei si ritrae. Orlěk č costretto a fuggire da una folla inferocita, probabilmente aizzata dal vampiro. Intanto il vampiro raggiunge Valerie e la porta in un luogo oscuro, qui le fa spiare da una fessura la nonna Elsa che si frusta. Arriva Orlěk e mette in salvo la ragazzina.
D'ora in poi, la recensione contiene numerosi elementi di SPOILER, se ne sconsiglia pertanto la lettura a chi non abbia ancora visionato il film.
Il vampiro si presenta alla casa della nonna, la quale gli chiede di poter ringiovanire. Il vampiro, per realizzare il suo desiderio, la morde sul collo, vampirizzandola. Entrambi si recano dunque nella camera nuziale, dove copulano Hedvika e il marito, qui il vampiro vampirizza anche la giovane sposa.
Il giorno successivo Valerie pranza in campagna con la nonna, un prete ed altre fanciulle, il religioso mostra uno strano interesse per lei. In un momento successivo la raggiunge nella sua camera da letto, mentre si sta spogliando, e tenta di approfittare di lei, Valerie perň ingoia la perla e si irrigidisce di colpo, muta e immobile come una statua. Il prete, credendola morta per causa sua, si impicca. Valerie trova poi Orlěk in un fiumiciattolo, legato per punizione dal vampiro. Dopo averlo slegato, ne rifiuta nuovamente le avance. Valerie ed Orlěk, tornati a casa, si recano nello scantinato per riporvi il cadavere del prete e qui trovano, in una bara, anche quello della nonna Elsa, diventata una vampira.
A casa della nonna compare una giovane sconosciuta (che in realtŕ č la stessa nonna ringiovanita), che svela ai due che sono fratello e sorella. Valerie va a dormire, ma quando si sveglia č nello scantinato e vede la nonna ringiovanita baciare un uomo e morderlo sul collo. La donna cerca successivamente di sedurre Orlěk, ma il giovane si sottrae alle avance della provocante Elsa. La scena finisce e in quella successiva, Valerie viene svegliata da Orlěk che le canta una dolce canzoncina.
Valerie al mercato del paese ruba una gallina, poi scende nello scantinato dove trova il vampiro morente (che prende le sembianze del padre), la giovine azzanna la gallina e, con le labbra bagnate di sangue, dŕ un bacio sulla bocca al vampiro, questi assale Valerie e la morde sul collo ma ella non diventa un vampiro grazie alle perle magiche.
La fanciulla esce dallo scantinato e incontra Hedvika, anche lei vampirizzata. Dopo aver dormito insieme a Valerie e dopo alcuni baci saffici, guarisce (nel romanzo interviene una esorcista). Poco dopo, nella piazza del paese, il prete redivivo, per vendicarsi, accusa Valerie di stregoneria e la fa bruciare sul rogo. La ragazzina nuovamente si salva grazie alle perle magiche.
Valerie riappare nello scantinato dove c'č un gruppo festante composto di ragazzine e uomini, c'č anche la nonna giovane e il vampiro. Valerie mette nel calice di quest'ultimo una perla magica, dopo aver bevuto il vino, il vampiro crolla a terra, quindi si trasforma in una moffetta (una puzzola nel libro) e fugge.
Tornata a casa, Valerie si reca in camera sua e si spoglia completamente prima di coricarsi. Il mattina successivo la nonna appare identica alla prima mattina e sembra non ricordare nulla. Piů tardi,Valerie si trova nei pressi di casa, un uomo armato di fucile uccide la moffetta, pochi istanti dopo arriva correndo una sconosciuta servitrice in lacrime che dice alla ragazzina che sua nonna sta morendo. Giunta a casa, la trova agonizzante, questa le racconta di quando scacciň di casa sua madre e poco dopo muore.
Nell'ultima scena, Valerie incontra inaspettatamente i genitori giunti in carrozza. All'incontro č presente anche la nonna Elsa, nuovamente viva. Tutti insieme si dirigono in un luogo sperduto nella natura dove alcune ragazzine si baciano tra loro, il vampiro copula con sua madre, poi con Hedvika tornando ad assumere le sembianze di suo padre. Il prete č imprigionato in una gabbia, e numerosi altri frati e suore girano festanti, anche Orlěk bacia una ragazza. In questo sorta di orgia festosa, Valerie si corica in un letto e si addormenta.
Il film č molto fedele al libro da cui č tratto, il finale č leggermente diverso e Valerie ha diciassette anni e non tredici. Se la storia č complessa e stravagante, le possibili interpretazioni, se si vuol trovarle, possono essere diverse.
Innanzitutto in Valerie a Tyden Divu vengono rappresentate, al femminile, tre differenti etŕ.
La prima č l'infanzia-adolescenza ed č rappresentata dalla stessa Valerie. Lei č pura, la sua stanza č di un biancore accecante, ha ancora lo sguardo incantato ma non č troppo ingenua.
La seconda etŕ, quella della fine dell'adolescenza e dell'ingresso nell'etŕ adulta, č rappresentata da Hedvika: giovane donna, sposata ad un uomo parecchio piů anziano di lei, che perde la verginitŕ la notte di matrimonio (essendo stata vampirizzata non si presenta nemmeno una goccia di sangue ad autenticare la sua illibatezza). Il matrimonio non pare voluto da Hedvika, sembra piuttosto imposto, segno di una societŕ brutale e maschilista che bada alle convenzioni sociali, alle sicurezza economica e non ai sentimenti.
La terza etŕ, quella della vecchiaia, č rappresentata da Elsa, la nonna: ella non si rassegna al suo ineluttabile decadimento fisico, anela a ritornare giovane e per farlo č disposta a tutto. La non accettazione della vecchiaia, e della morte, e sopratutto il rimpianto della giovinezza sono palesi, ella scende addirittura a patti con un vampiro pur di riavere l'aspetto di un tempo. Oltre ad una decadenza fisica qui c'č pure un decadimento morale.
<"em>Valerie a Tyden Divu" č un film che rappresenta la sessualitŕ in modo alquanto variegato, rappresentando le varie determinazioni, le varie sfaccettature di questa variante che si innesta nell'adolescenza, qualcosa di completamente nuovo che rivoluziona tutto l'universo infantile. Valerie vive, come dice il titolo, una settimana di meraviglie. Una settimana, che č una sorta di genesi personale, da cui uscirŕ cambiata, non piů bambina ma adolescente, una giovinetta che tende lo sguardo smaliziato all'etŕ adulta. Nel film ci viene mostrata una sessualitŕ ingenua, a tratti anche incestuosa, come quella di Orlěk; una sessualitŕ aggressiva come quella della ringiovanita Elsa e del prete che prova a violentare Valerie; infine una sessualitŕ saffica nel rapporto tra Valerie ed Hedvika.
L'interpretazione dei sogni (ammettendo che sia tutto, o buona parte, un sogno) č cosa complessa e delicata ma si possono formulare alcune ipotesi. Il vampiro, che ricorda molto il "Nosferatu" di Murnau, puň essere, azzardando un'ipotesi psicanalitica di freudiana memoria, la proiezione di Valerie del padre che non ha mai conosciuto.
Quando si reca alla messa per le vergini, Valerie č l'unica vestita di nero mentre tutte le altre sono in bianco. Essendo il bianco il colore della purezza, puň essere che Valerie, avendo consapevolezza della comparsa del primo ciclo mestruale, si veda vestita di nero in quanto non si percepisce piů pura come tutte le altre che lei suppone essere ancora bambine.
Nella postfazione al libro di Nezval, Sylvie Richterova sostiene che: "La struttura classica del romanzo nero funge qui da portatrice dei fantasmi classici del subconscio." E ancora, soffermandosi sulle ambientazioni, parla di: "...una casa stregata, popolata di esseri misteriosi, metŕ angelici e metŕ diabolici, dotata di segreti corridoi sotterranei e segnata da occulti legami di sangue e di peccato: il subconscio materializzato insomma, dove poter giocare come bambini, consapevoli, in fondo, della propria non innocenza.".
La scena finale (inesistente nel romanzo), che ritrae Valerie nel bel mezzo di una festa nel bosco, mostra tutta la carica erotica della ragazzina. Dopo aver guardato tutti coloro che la circondano baciarsi e scambiarsi effusioni varie, si corica su un letto bianco (come č tutta la sua stanza), dapprima circondato dalla folla orgiastica, infine completamente isolato su uno sfondo rosso (come il sangue mestruale). Valerie sembra essere uscita da tutto, non c'č piů nulla, č tutto finito. Forse č stato tutto un sogno, forse no. Forse non vale nemmeno la pena di cercare di scindere le due cose, seguendo Georgh Christoph Lichtenberg infatti, č solo l'unione di sogno e realtŕ a creare la pienezza della vita umana.
In definitiva, "Valerie a Tyden Divu" č un film di grandissimo impatto visivo che stordisce continuamente lo spettatore senza lasciargli mai punti fissi abbandonandolo ad un'esperienza onirica. Un film di cui bisogna gustare il flusso d'immagini senza voler ostinatamente riportare tutto nel logico, nel razionale, nel quotidiano. Spesso l'immagine, come nei sogni, non č fine a se stessa ma č segno, rimanda cioč ad altro da sé. Il linguaggio č quello dei sogni, un linguaggio che si sposa perfettamente col cinema perché, cinema e sogni usano il medesimo linguaggio, cioč quello consistente in immagini in movimento.
«Purtroppo questa nostra civiltŕ non fa piů affidamento sui sogni perché non possono essere capitalizzati.»
Jan Svankmajer – Surviving Life
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Recensione a cura di Compagneros - aggiornata al 30/01/2012 14.55.00
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