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Mateo scrive e dirige i suoi film. Lena è la sua musa. Amante del magnate Ernesto, e con un passato di prostituta, Lena si lascia travolgere dalla passione per il suo regista. Ma Ernesto non è disposto a perderla, e la fuga dei due verrà arrestata di colpo dal destino e dalla sfortuna.
Il cinema di Almodóvar è costellato da passioni fatali e da donne capaci di annullarsi per amore. Lena è solo l'ultima delle sue eroine. Ma se le sue eroine dei precedenti film erano superficialmente toccate dagli uonimi e sempre in fuga dai sentimenti, qui invece ci sono sentimenti maturi per il salto che porterà le sue donne a divenure icone, come quelle del cinema del passato cui Almodovar sembra tendere ogni giorno di più.
Una donna con un passato terribile e un futuro tragico, che vive il presente come fosse la sua unica speranza di felicità. Anni prima Ernesto l'aveva sottratta ad una vita difficile, semplicemente facendone la sua amante. Lei per anni ha ricambiato la sua passione come fosse un dovere, ma adesso vuole di più. Desidera lavorare, e sceglie la carriera di attrice. Quello che però desidera veramente, un amore vero capace di portarla via dalla sua vita ormai banale, le costerà molto più di quello a cui pensava di rinunciare amando un altro.
Mateo la ama appassionatamente, e sullo sfondo di un mare bellissimo le regala un'illusione di eternità Un'eternità conquistata solo a prezzo della vita. Mateo muore con lei nell'incidente che fermerà la loro fuga. Harry prende il suo posto, ma la sua vista, e con essa la sua carriera di regista, sono sparite con lei.
Almodóvar ha mostrato ormai da tempo la sua capacità di trascendere il cinema, semplicemente filmandolo dal di dentro. In questa nuova pellicola il cinema è il mezzo e il fine delle passioni di Lena e Mateo.
I due amano il cinema e la vita allo stesso modo. E la fuga che li vede protagonisti di una romantica possibilità di sfuggire alla banalità del quotidiano, li distruggerà paradossalmente immortalandoli per sempre in una manciata di foto, distrutte dall'odio. Mateo muore simbolicamente in quell'incidente in cui perde in un sol colpo l'amore e la capacità di vedere, base imprescindibile su cui si fonda il suo lavoro. Harry prende il suo posto, e l'amnesia di cui si finge portatore gli darà la possibilità di sopravvivere al tutto. Intanto il tempo passa e i nodi vengono lentamente al pettine: tutto quello che è stato seppellito nel passato è destinato a riemergere, e con esso l'amore che per anni Mateo ha affidato all'oblio di un mare mai realmente attraversato, quello del dolore e del vuoto.
Almodóvar confeziona il suo personale omaggio ai melodrammi del vecchio cinema che fu, e con la sua indiscussa maestria aggiorna senza nessuno sforzo temi e passioni ormai obsoleti. La citazione metafilmica impreziosice il tutto regalando allo spettatore una complice occhiata sul mondo dietro la macchina da presa e sulle passioni che spesso animano chi crea un film.
Mateo è Almodóvar nella stessa misura in cui in Lena sono rappresentate tutte le sue eroine, donne travolte dalle passioni di cui non sanno fare a meno e sempre un po' "sull'orlo di una crisi di nervi".
Harry è solo il pallido riflesso di una vita vissuta intensamente e altrettanto velocemente distrutta dal desiderio di realizzare in un sol colpo un bel film e una grande storia d'amore.
"Los Abrazos Rotos" è un melodramma di impianto classico, con una regia impeccabile e attori semplicemente perfetti.
Penélope Cruz, interamente brava come le riesce solo con Almodovar, è la più convincente delle donne di questo doloroso omaggio a un cinema viscerale raccontato dall'interno. Mentre Mateo/Harry, un misurato Lluís Homar, è un caledoscopio di sentimenti soffocati e nel contempo espressi in maniera minimale, a volte con una sola piega della bocca, come solo i grandi del passato sapevano fare. Blanca Portillo è una sensazionale aiuto regista che nella realtà risulterà un pilastro imprescindibile per il povero Mateo. Mentre José Luis Gómez è il dolente Ernesto, catalizzatore del dramma e suo modo artefice di una catena imprevista di disgrazie.
La fotografia solare e leggeremente velata richiama alla mente le storie del passato, in un omaggio/citazione di un cinema che viene evocato soltanto quando a filmare sono i grandi.
La colonna sonora e gli scenari coloratissimi fanno da cornice più che adatta a un racconto doloroso e inevitabile, come spesso solo la vita può essere.
E se è pur vero che i colorati e caotici film degli esordi hanno dato al regista la possibilità di esser notato per la sua originalità e per il suo estro, è sicuro che con gli ultimi film più maturi e completi dal punto di vista espressivo, Almodóvar si è definitivamente ritagliato un posto di rilievo tra i più grandi registi della sua generazione.
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Recensione a cura di Anna Maria Pelella - aggiornata al 10/11/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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