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"Come uomo non sono che ossa e carne. Posso essere ignorato. Posso essere distrutto. Ma come simbolo... come simbolo posso essere incorruttibile. Posso essere immortale".
"Batman Begins"
Otto anni sono trascorsi dalla notte in cui Harvey Dent morì, accecato dalla follia che il Joker aveva contribuito a far divampare in lui. Quella fu anche l'ultima notte che vide Batman in azione, costretto alla macchia per via di una menzogna crudele ma necessaria per preservare la speranza nel popolo di Gotham. Tuttavia un nuovo pericolo incombe sulla città, uno spietato e misterioso assassino che costringe il cavaliere oscuro ad abbandonare il suo esilio forzato. Basterà per salvare Gotham dalla rovina?
Otto anni sul grande schermo, quattro nella realtà, questo il lasso di tempo trascorso dall'ultima apparizione cinematografica del Batman incarnato da Christian Bale. L'eredità era di quelle pesanti, inutile dirlo, "Il cavaliere oscuro" rappresentava e rappresenta tutt'ora uno dei punti più alti mai raggiunti da un comic book movie, senza contare che il Joker interpretato da Heath Ledger è ormai entrato nella storia del cinema. Se a questo aggiungiamo poi il fatto che stiamo parlando di colui che ci ha regalato perle come "Memento", "The Prestige" e appunto "l cavaliere oscuro", si capisce il perché di tanta aspettativa.
Partendo da queste premesse, Christopher Nolan e suo fratello Jonathan hanno deciso di optare innanzitutto su un villain sicuramente meno carismatico, iconico e affascinante del precedente, ma comunque dal potenziale indiscusso: Bane (Flagello nella versione italiana a fumetti). Ad interpretarlo un signor attore, quel Tom Hardy che non è nuovo a ruoli "fisici", come dimostrano le sue performances in "Bronson" e "Warrior". Purtroppo però Bane è un personaggio che promette molto nella prima parte, per poi sgonfiarsi nella seconda. Il successo de "Il cavaliere oscuro" risiedeva proprio nella capacità di Heath Ledger di ammaliare lo spettatore con la sadica e lucida follia del Joker, mentre con Bane questo non accade. Del personaggio di Tom Hardy a spaventare è più l'aspetto fisico che non altro, ma a livello di caratterizzazione non ci siamo proprio e questo è un errore inusuale per Christopher Nolan.
A deludere è soprattutto l'evoluzione del personaggio assolutamente inadeguata (capitolo a parte meriterebbe la sua uscita di scena), e di certo il lavoro fatto sul doppiaggio per la versione italiana non aiuta, anzi. Insomma, si resta delusi dal personaggio certamente più atteso, mentre al contrario sorprendono in positivo Anne Hathaway nei panni di Selina Kyle e Joseph Gordon-Levitt in quelli del poliziotto John Blake.
La protagonista de "Il diavolo veste Prada" mette a tacere tutti i detrattori che avevano storto il naso alla notizia del suo coinvolgimento nel progetto con una performance convincente, che si copre di un sottile velo di malinconia e disperazione. Certo, la Catwoman "burtoniana" di Michelle Pfeiffer resta inarrivabile, ma è indubbio che la Hathaway sia riuscita a rendere credibile l'ambiguità del personaggio, grazie anche ad una perfetta alchimia con Bale. Senza dubbio le scene che la coinvolgono sono tra le più interessanti a livello di dialoghi. La sorpresa più grande però (se di sorpresa si può parlare) viene dal protagonista di "500 giorni insieme", che si conferma come uno degli attori attualmente più interessanti che ci sono sul panorama cinematografico. Il suo John Blake è al centro di un sofferto percorso di disillusione che sfocia in un finale a sorpresa, mentre appare alquanto sacrificata dalla sceneggiatura Marion Cotillard.
Detto del cast, occorre soffermarsi su quello che è il vero difetto di questo "The Dark Knight Rises": il realismo. Fin da "Batman Begins" Nolan aveva dato una certa impronta alla sua rilettura del personaggio di Bob Kane, calandolo in un contesto realistico e servendosi della sospensione dell'incredulità con metodo, esaltando di fatto l'aspetto spettacolare senza però mai esagerare. Ecco, qui invece si assiste più volte a situazioni che definire improbabili sarebbe eufemistico.
Trattandosi di un film superoistico la cosa sarebbe anche plausibile, ma non per il Batman di Nolan perché questo significa discostarsi da quel cammino intrapreso nel primo episodio e proseguito con il secondo, e che presumibilmente lo spettatore si aspettava di ritrovare anche qui.
In sostanza Nolan ha creato una certa idea nella mente dello spettatore, difficile da estirpare e di conseguenza determinate aspettative, che purtroppo cedono in alcuni punti. Inutile stare a spiegare quali siano le falle in questione, chi ha visto il film sa bene di cosa si parla, o se ne renderà conto nel caso non l'abbia ancora fatto, ma l'impressione è che si sia voluta mettere troppa carne al fuoco ed il risultato sono proprio queste soluzioni forzate che non hanno la stessa brillantezza e lo stesso respiro innovativo cui Nolan ci aveva abituato con i primi due film.
Questo non significa che "The Dark Knight Rises" sia un brutto film, assolutamente, è senza dubbio un buon film che però paga l'impostazione che Nolan gli aveva conferito con "Batman Begins", una sorta di "peccato originale" insomma. Altro difetto è l'aver messo insieme tanti elementi senza però aver focalizzato l'attenzione su di uno in particolare, cosa che alla lunga disorienta il pubblico che perde di vista il tema portante della storia. Si accenna alla crisi economica e politica, al terrorismo, alla crisi dei valori, al sacrificio, alla solitudine, alla disperazione, alla giustizia e all'ingiustizia, ma non si pone mai l'accento su di uno in particolare, qualcosa che faccia intendere quale binario si stia seguendo.
Paragonare questo "The Dark Knight Rises" al suo predecessore sarebbe oltremodo ingiusto oltre che sbagliato, anche perché quel film, pur con tutti i suoi difetti, raggiungeva vette talmente elevate da rendere improponibile qualunque tentativo di emulazione. A dire il vero le due pellicole sono quasi totalmente scisse tra di loro, se non per qualche fugace ed inevitabile riferimento. Molto più forte è invece il legame con "Batman Begins" con il quale c'è una certa continuità narrativa riscontrabile attraverso l'attacco ad una società marcia e corrotta ed il desiderio di un "armageddon" che la purifichi, con chiari riferimenti storici alla Rivoluzione francese o alla Rivoluzione d'Ottobre.
Al di là di tutto ciò però si tratta comunque di un buon film, emozionante e poderoso, che ci regala uno splendido Christian Bale (qui novello Howard Hughes, ritirato a vita privata e ormai ombra di se stesso) e di riflesso un Batman memorabile, lacerato dalla sua stessa morale, esausto e confinato in un limbo da lui stesso creato. Un Batman che sente avverarsi la profezia del Joker, che sente riecheggiare le sue parole: "L'unico modo sensato di vivere è senza regole".
Ecco dunque che nel momento di massimo sconforto Nolan tramortisce il suo protagonista, prende ciò che resta di lui e lo getta (letteralmente) nell'abisso, ma soprattutto gli toglie la speranza, gli strappa l'ultima risorsa cui potersi affidare nei momenti di smarrimento. Non è un caso che proprio la speranza sia al centro dell'intera trilogia, non è un caso che dietro il simbolo stesso di Batman si celi la speranza, perché essa è il propellente di cui la gente ha bisogno, l'arma in più che li spinge ad andare avanti e a dare il meglio di sé.
Questo ha fatto Christopher Nolan con i suoi tre film, ha messo al centro di tutto l'uomo, non il supereroe, ma l'uomo. Ha scavato nel suo profondo, lo ha ridotto ai suoi impulsi più bassi, lo ha sfidato a rialzarsi, a comprendere gli altri e a comprendersi e questo è qualcosa di veramente innovativo, qualcosa che non si era mai visto in un cinecomic, se non forse nei primi due "Spiderman" di Raimi, sebbene in una forma molto meno estrema.
In definitiva "Il cavaliere oscuro - Il ritorno" non è quel capolavoro che tutti si aspettavano, ma che comunque chiude egregiamente una trilogia che di fatto ha cambiato il modo di concepire i cinecomics e che sicuramente lascia un fardello non indifferente a coloro i quali erediteranno il "franchise". Concludo osservando come, tra i tanti riferimenti simbolici di cui è impregnata l'intera trilogia, risulti centrale la figura del pozzo nella vita di Bruce Wayne. In "Batman Begins" il piccolo Bruce cade nel pozzo di casa dove scopre la sua paura per i pipistrelli, ed è sempre lì che anni più tardi impara ad affrontare e dominare le sue paure. In quest'ultimo episodio troviamo ancora un pozzo, una prigione che è molto di più, è allegoria delle nostre paure più recondite, ultimo ostacolo prima della definitiva rinascita.
Il cerchio è chiuso.
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Recensione a cura di Luke07 - aggiornata al 03/09/2012 15.14.00
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