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Michael Radford, già regista de "Il postino" con Massimo Troisi, (1994) regala una nuova versione di una delle commedie meno rappresentate di William Shakespeare e lo fa cercando l'assoluta fedeltà al testo.
Il film, girato a Venezia per una maggiore immedesimazione, è curatissimo nelle scene e nei costumi: perfetti i colori, indimenticabili le caratterizzazioni dei corteggiatori di Portia (il sovrano scuro di pelle, l'hidalgo spagnolo- caricatura a metà tra il cavaliere della triste figura e un inquisitore).
Si avverte da parte del regista una maniacale attenzione ai particolari forse per la paura di sbagliare, dopo tutto anche se Radford non è stato il primo a portare sullo schermo quest'opera di Shakespeare, (una prima versione italiana risale addirittura al 1910)la sua straordinaria aderenza ai nostri tempi, l'essere ancora troppo politically incorrect potrebbero renderla scomoda o indigesta.
La vicenda si snoda tutta intorno ai protagonisti: Shylock l'ebreo reso straordinariamente da Al Pacino (e per noi italiani altrettanto straordinariamente doppiato da Giancarlo Giannini), Antonio il mercante un po' ambiguo nel suo affetto nei confronti dell'amico Bassanio (interpretato da un gelido Jeremy Irons), il giovane innamorato Bassanio (Joseph Fiennes, nota un po' storta nel trio di primi attori con la sua interpretazione monocorde e incolore) e infine la bella Portia alias Lynn Collins, algida e distaccata ma anche capace di dare grande pathos nel celebre monologo " La qualità della misericordia" (The quality of mercy nell'originale).
La eccessiva teatralità della pellicola, peccato veniale nel quale spesso si cade quando si vuole rappresentare Shakespeare sul grande schermo, può forse non dare al lavoro di Radford né più né meno di quanto avrebbe dato una medesima rappresentazione teatrale ma è sicuramente da lodare l'opera di divulgazione che propone una commedia di alto livello ad un pubblico più ampio e che permette soprattutto di saggiare le capacità degli attori nei monologhi come anche di verificare l'attualità del grande drammaturgo inglese.
Shylock vive il suo disagio di discriminato ed emarginato con grande rabbia. L'antisemitismo, le differenze di credo e di razza emergono nel testo e nel film e danno una grande levatura morale a tutta la pellicola poiché ogni azione è guidata da questi sentimenti.
Il celebre monologo pronunciato da Shylock: "non ha forse occhi un ebreo?" è quasi urlato da Pacino/Giannini, reso più duro dalla fissità del volto a testimonianza di un risentimento quasi congenito vissuto da chi non ha ricevuto che disprezzo solo a causa della sua diversità.
Forse è proprio Shylock a uscire vittorioso dal film più che il mercante Antonio al di là da quella che è la vera trama della pellicola perché è un uomo che ha cercato di rivendicare il suo diritto ad essere e non è un caso che il regista si sia soffermato spesso sulle altre "diverse" dell'epoca, le cortigiane che a causa del loro abbigliamento hanno provocato un divieto alla visione per i minori nei paesi anglosassoni.
Per concludere una piccola nota: la polemica tra film in lingua originale e film doppiati di tanto in tanto divampa nel nostro paese ma quando ci sono dei grandi come Giannini, la diatriba non ha proprio senso.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 04/03/2005
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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