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"La cosa da un altro mondo" è uno "science fiction" USA uscito nel 1951; un film in bianco e nero indimenticabile, di grande suggestione ottica, con tratti horror, splendidamente diretto da Christian Nyby, noto per essere stato anche un montatore cinematografico di successo in film famosi di Howard Hawks che in questa pellicola, forse proprio in nome della lunga collaborazione avuta con Nyby, lavora a diverse riprese di macchina incrementando la qualità del film.
Questo risulta essere l'unico film per le sale girato da Nyby, che rimarrà famoso anche per le serie televisive di "Lassie", "Perry Mason" e "Kojak" e per il grande apporto tecnico dato ad alcuni film di successo come "Rio Bravo" ed "Acque del sud".
Il film trae ispirazione dal racconto "Who Goes There?" ("Chi va là") di John W. Campbell e mette al centro della narrazione un mostro sanguinario, proveniente dallo spazio, con intenzioni di conquista, ma che di fatto è un alieno impaurito, solitario, reduce dall'esplosione della sua astronave, costretto ad uccidere per necessità e che diffonde occasionalmente i suoi semi; un essere approdato sul nostro pianeta con difficoltà, che rimane intrappolato nei ghiacci dell'Artico per un incidente di percorso, e che ha potuto raggiungere la terra in virtù di tecnologie di gran lunga superiori alle nostre.
"La cosa da un altro mondo" è un film prevalentemente artigianale, che forse proprio per questo resiste allo scorrere del tempo, mantenendo tutto il fascino del linguaggio visivo di una volta, specialmente per quanto riguarda la composizione dell'inquadratura, i cui oggetti fanno parte integrante della comunicazione filmica anticipando o sostenendo quello che in seguito nella narrazione si manifesterà.
Novità in questo film si riscontrano anche negli accorgimenti tecnici più legati all'illusione ottica, che sono semplici ma di difficile realizzazione, senza eccessi ma efficaci, in grado di soddisfare le nuove richieste del pubblico in termini di miglioramento della capacità ipnotizzante dei film.
All'epoca della realizzazione del film gli spettatori chiedevano più o meno inconsapevolmente qualcosa di più al cinema, scene che rispecchiasse meglio il verosimile della vita e mantenessero una buona simbiosi con la fantasia, seppur in una forma a volte anche un po' paradossale.
Si chiedevano immagini più familiari, credibili, vere, ma nello stesso tempo stranianti, capaci di fingere, macchiate di fantasia, mai del tutto separate dal processo immaginativo libero che evocavano, vivificate e consolidate da un reale impregnato di senso. Qualcosa che risulterà indispensabile agli spettatori per ottenere una più efficace identificazione con il film. Una richiesta che verrà soddisfatta già con questo film e perfezionata negli anni successivi, diventando quasi un canone del linguaggio del cinema. Basti pensare più recentemente ad alcuni film di Alfred Hitchcock dove la star per rafforzare il senso di realtà delle scene mastica una chewingum, facendoci precipitare nel familiare più intimo.
Ne "La cosa da un altro mondo", l'illusione ottica creata dal dispositivo filmico è praticamente invisibile, funziona perfettamente, è presente solo con i suoi risultati fatti di coinvolgimento, che rispecchiano diversi piani della realtà.
L'illusione soddisfa la domanda di inganno intelligente avanzata giocosamente dal pubblico, da spettatori sempre più esigenti di fronte al cinema di finzione perché ormai in grado di capire, dopo una lunga esperienza con lo schermo, ciò che meglio poteva dirigersi verso la soddisfazione di un gusto più ricercato.
Il film si fonda su ipotesi scientifiche e tecnologiche un po' audaci ma tutto sommato coerenti, sempre ben sostenute nei punti chiave della narrazione da formulazioni precise, sorprendenti, riproposte in diverse varianti, capaci di resistere, a volte caparbiamente, al nostro tempo così intricato e scientificamente disincantato, eccitando quella parte dell'immaginazione ancora fiduciosa in un futuro fatto di miracoli scientifici e tecnologici.
Il film di Niby suscita tuttora nella nostra mente più creativa raffigurazioni di vita quotidiana angosciose, quasi avvolte e lenite dal filo indistruttibile della certezza divina, calandoci in rappresentazioni mistiche molto forti, capaci di illuderci sulla presenza reale di un altro mondo, e in grado di appagare una parte importante del nostro immaginario: quello più solitario, a volte un po' in balia dell'assurdità dell'esistenza.
La "cosa" allora è qualcosa che riguarda un altrove non del tutto decifrabile, forse scollegato dal nostro mondo razionale, uno spazio- tempo animato da raffigurazioni disparate, frutto di una proiezione materna proveniente dall'inconscio, le cui propaggini desideranti sembrano avvertirci che la nostra misteriosa attrazione per la fantascienza, il nostro desiderio di altrove altro non è che un ritorno del rimosso, aspirante a colmare in qualche modo, sempre attraverso un tessuto ideativo e fantasioso colorato di parvenze eccitanti, ciò che la nostra insistenza immaginativa mostra paurosamente come mancante: la madre persa.
Il film inizia con una segnalazione ufficiale da parte della base Artica americana al servizio di Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, l'oggetto della comunicazione riguarda un misterioso scoppio avvenuto vicino al campo di ricerca scientifica al Polo. Subito dopo il capitano Patrick Hendry si dirige sul posto in aereo, con una squadra militare addestrata, con l'incarico conferitogli dalle autorità della difesa di relazionare su quanto successo.
Giunti sul luogo dell'accaduto, gli uomini della missione scoprono la presenza di un grosso disco volante, proprio sotto la superficie dei ghiacci artici. Probabilmente il veicolo spaziale è rimasto imprigionato dal cedimento improvviso dei ghiacci durante la fase dell'atterraggio.
Per accedere al veicolo gli uomini decidono di far esplodere il ghiaccio soprastante il disco volante, ma la dose dell'esplosivo risulterà eccessiva e finirà per far esplodere anche i motori del mezzo. Gli uomini però riescono a trasportare verso l'aereo un essere sconosciuto, ibernato in un blocco di ghiaccio, che verrà poi custodito in un magazzino della base artica.
Durante un turno di guardia al corpo, per un errore del militare di turno che mette sopra il blocco di ghiaccio una coperta termica accesa, l'essere si sveglia e comincia a uccidere uomini e cani da slitta rifugiandosi a un certo punto nella serra della base scientifica.
Da un braccio strappato dai cani all'alieno, il dottor Carrington riesce a capire qualcosa di molto importante sulla fisiologia e la costituzione biochimica dell'essere spaziale sconosciuto. Si viene a sapere tra l'altro, mettendo insieme anche gli studi su alcune muffe trovate nella serra, che è un essere privo di circolazione sanguinea e tessuto carnoso, la sua evoluzione è vegetale e proprio per questo superiore alla nostra perché non disturbata da passioni e desideri sessuali; l'intelligenza straordinaria della "cosa" è frutto di un equilibrio tra corpo e mente rimasto costante nel tempo.
La decisione di eliminare la "cosa" da parte del capitano Patrick Hendry trova una dura opposizione da parte del dottor Carrington che per ragioni di studio vuole preservare viva la creatura spaziale. Lo scontro tra i due sarà durissimo rischiando di mettere a repentaglio la vita di altri uomini.
Dopo diversi tentativi falliti, tra i quali quello di dargli fuoco, agli uomini della base viene l'idea di distruggerla con degli archi elettrici, generati dal gruppo elettrogeno della base.
Vengono quindi predisposti in un lungo corridoio d'ingresso una lunga rete metallica adagiata sulla pedana di calpestio, collegata alla rete di terra della base, e tre lunghi elettrodi, un po' mimetizzati, inseriti all'incirca all'altezza della testa e delle spalle della "cosa".
L'impresa rischia di andare a monte all'ultimo momento, per l'intervento cruento del dottor Carrington, che spegne il gruppo elettrogeno lasciando tutti al buio proprio quando la "cosa" era già presente nel caseggiato e cominciava ad avanzare, nello stretto corridoio trappola, verso gli uomini in possesso dell'interruttore ad alto voltaggio. Dopo uno scontro violento tra i militari e il dottore, il gruppo elettrogeno ritorna a funzionare normalmente e gli uomini della base si accingono quindi a mettere a punto il proposito di eliminare l'essere.
Il dottor Carrington, ormai delirante, fa ancora un disperato tentativo di dialogo con la "cosa", forse nella speranza di evitarne l'avanzamento verso i mortali elettrodi, ma l'essere non capisce e dopo una lunga esitazione lo colpisce al petto violentemente sbarazzandosi di lui e mettendolo definitivamente fuori gioco.
Ripresa la sua avanzata verso i militari, la "cosa" giunge nei pressi degli elettrodi mortali, dai quali a un certo punto si innescano verso il corpo dell'essere alieno tre violenti archi voltaici che lo riducono gradualmente a un mucchietto di cenere, del tutto inutilizzabili dalla scienza.
Il proposito della "cosa", che si nutriva di sangue animale per autorigenerarsi, era di diffondere sulla terra, attraverso la moltiplicazione di semi autosviluppantisi in forme simili alla sua, innumerevoli esseri vegetali, alti e forti, molto intelligenti, assetati di sangue per poter moltiplicarsi infinitamente. Il suo piano è stato indebolito dalla distruzione del disco volante. Quello della "cosa" era un vero e proprio tentativo di invasione, su larga scala, con l'intento di conquistare il pianeta e distruggere il mondo animale.
Il film finisce con un messaggio radio del giornalista e fotografo Ned Scott, presente nella spedizione quasi a sottolineare l'importanza dei media nel dialogare con la gente e diffondere nel mondo notizie importanti, Scott dopo aver sottolineato la piena vittoria dell'uomo sull'ignoto proveniente dallo spazio, invita tutti i cittadini a scrutare spesso il cielo, attentamente...
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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 03/04/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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