Recensione la prima cosa bella regia di Paolo Virzì Italia 2010
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Recensione la prima cosa bella (2010)

Voto Visitatori:   7,40 / 10 (184 voti)7,40Grafico
Miglior attore protagonista (Valerio Mastandrea)Migliore attrice protagonista (Micaela Ramazzotti)Miglior sceneggiatura
VINCITORE DI 3 PREMI DAVID DI DONATELLO:
Miglior attore protagonista (Valerio Mastandrea), Migliore attrice protagonista (Micaela Ramazzotti), Miglior sceneggiatura
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locandina del film LA PRIMA COSA BELLA

Immagine tratta dal film LA PRIMA COSA BELLA

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"La Prima Cosa Bella" di Virzì è un grande film. Finalmente un buon cast viene supportato da una sceneggiatura solida, come forse solo "Romanzo Criminale" negli ultimi anni è stato in grado di fare; un film d'altri tempi per ambizioni e risultati: un gigante sulle spalle di giganti, o poco ci manca.

La storia, attraverso un sapiente uso del flashback, si muove su due piani temporali: il presente, in cui due fratelli Bruno e Valeria (Valerio Mastandrea e Claudia Pandolfi) si riuniscono al capezzale della madre Anna (Stefania Sandrelli), morente ma ancora piena di vita, e sono costretti a fare i conti con un passato che ha portato lentamente alla disgregazione dei loro rapporti ed ha inesorabilemnte influenzato tutte le loro scelte.

L'irrazionalità delle dinamiche umane, ed in particolare quelle familiari, sono al centro di un film scevro di qualsivoglia intento satirico o grottesco, elementi spesso presenti e ingombranti nelle opere del regista livornese. Anzi, "La Prima Cosa Bella" è una dichiarazione di pace con il passato (per Virzì, probabilmente anche con la stessa Livorno), la speranza che un'inquietudine che ti segna per quarant'anni possa risolversi in un attimo, per quanto drammatico.

La figura ingombrante di Anna influenza la vita dei figli, costretti a subire le sue esuberanze incoscienti da piccoli come da grandi. Anna, una persona "larger than life" come direbbero gli americani, è capace di commuoversi per un film come per una bella giornata, ma non sempre è in grado di guardare oltre il momento presente e di scegliere razionalmente per sè e per i suoi cari.
Gli uomini sono attratti magneticamente dalla sua figura, portandole grandi illusioni e altrettante delusioni quando inevitabilmente scappano (tutti, tranne il devoto Nesi, uno straordinario Marco Messeri), ma ai figli non è concessa tale opportunità e devono, da piccoli, restare aggrappati alla madre che nel bene e nel male dà loro più amore di chiunque altro, e da grandi fare i conti con gli squilibri portati da questo "troppo amore".

Il film è letteralmente illuminato dall'interpretazione di Stefania Sandrelli, in un ruolo che sembra cucito sulla sua innata leggerezza, insostenibile per i figli, in particolare per Bruno. Mastandrea, costretto ancora nei panni dell'indolente sarcastico e malinconico che tanto gli viene bene, stavolta trova in Bruno un percorso umano che giustifica tale personalità, fino allo svelamento finale dell'origine di tanta acrimonia.
Sul contrasto tra Anna e Bruno il film fonda la sua tensione emotiva, ma accanto ai due personaggi principali brillano davvero anche tutti gli altri: Claudia Pandolfi mai così brava, mentre Micaela Ramazzotti ormai non è più una sorpresa, e finalmente la si vede in un ruolo meno stereotipato del solito. Come la Sandrelli è perfetta per interpretare Anna che, in fin di vita, riesce ancora ad essere il cuore di una famiglia e una persona radiosa (a volte quasi in maniera fastidiosa), così la Ramazzotti riesce a rendere credibilmente lo stesso personaggio trent'anni prima, sfumando l'ingenuità spensierata con l'inquetudine della giovinezza e un istinto materno quasi animalesco.
Il massimo della felicità ed il massimo della tristezza sono racchiusi in pochi minuti. La commozione per la festa diventa commozione per la perdita: in quel momento, si è dentro quella casa, con tutti i personaggi.

Con "Tutta la Vita Davanti" Virzì ha provato a raccontare le difficoltà dell'Italia di oggi con i modi che fecero grandi Monicelli, Risi e Scola, ma la commedia all'Italiana oggi non può avere lo stesso ruolo che ebbe nella sua epoca d'oro. Mancano le condizioni sociali, le implicazioni politiche e, in generale, le qualità artistiche per ripetere miracoli come "Il Sorpasso" o "C'eravamo tanto amati". "La Prima Cosa Bella", invece, arriva dritto al cuore dello spettatore ottenendo il risultato che quei grandi film ebbero: raccontare le persone, ma dare a tutti un punto di vista privilegiato, quello dell'artista, per riflettere su se stessi; creare un'opera che, raccontando una storia, diventi documento di un tempo, il nostro, in cui le paure personali e le questioni irrisolte sono altrettanto pesanti e limitanti, se non di più, delle condizioni sociali del paese per la ricerca della felicità e della realizzazione.

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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 19/02/2010

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