Voto Visitatori: | 8,15 / 10 (58 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 7,00 / 10 | ||
Come trasporre sul grande schermo il musical più rappresentato e visto della storia di Broadway (repliche ininterrotte sin dall'ottobre 1985, più di "Cats")?
Probabilmente è un interrogativo destinato ad avere nessuna e infinite risposte, fatto sta che la versione firmata Tom Hooper, dopo il trionfo del suo "Il discorso del re", dello spettacolo teatrale di Schönberg e Boublil tratto dal capolavoro letterario di Victor Hugo, "Les Miserables", porta con sé molti pregi e altrettante falle.
Nella Francia del XIX Secolo, il galeotto Jean Valjean (Hugh Jackman), reo di aver violato la libertà condizionata e, a suo tempo, di aver rubato una pagnotta di pane per salvare il figlio di sua sorella, vive sotto la falsa identità di sindaco in un villaggio, dove è stimato da tutti come benefattore. L'arrivo dello spietato gendarme Javert (Russell Crowe), da decenni impegnato nella sua ricerca e cattura, cambierà ancora una volta i piani dell'uomo che, nel frattempo, è diventato tutore di Cosette (Amanda Seyfried), figlia dell'operaia Fantine (Anne Hathaway), morta di stenti anni prima. Sullo sfondo, si prepara la rivoluzione.
La produzione è di prima grandezza, mastodontica, quasi asfissiante. Facile elencare i pregi di un'operazione che, almeno sotto il profilo tecnico, è assolutamente invidiabile (8 le nominations agli Oscar, 2 le statuette agguantate, per trucco e sonoro, senza contare i 3 Golden Globe portati a casa come miglior film musicale, miglior attore per Jackman e miglior attrice per Anne Hathaway): semplicemente, non c'è spillo scenico che non sia al suo posto. E allora perché si mugugna dubbiosi e vagamente appesantiti da cotanto sforzo e sfarzo?
Tanta perfezione lascia indifferenti se, almeno sullo schermo, non subentra mai quella sublimazione del reale nell'immaginifico, che è intrinseca al genere musicale. Di contro, si ottiene 'solo' la versione cantata di un romanzone stranoto.
Come da tradizione operistica, gli interpreti cantano tutti dal vivo con risultati pregevoli, ma spesso strizzati in inquadrature fisse in primo e primissimo piano, che affaticano intensità d'attore e visione di spettatore, scelta opinabile (ma per molti condivisibile) di una regia grama e senza particolari guizzi creativi.
Nonostante l'impegno di Jackman e Crowe, straripanti di tormento, la scena è tutta per Anne Hathaway, premiata a gran richiesta con l'Oscar alla miglior attrice non protagonista, meravigliosa nei panni laceri di Fantine, unico vero elemento di pathos in un film cinematograficamente povero e mai davvero coinvolgente, fatalmente pedissequo nel rispetto della tradizione teatrale e dimentico della grande lezione di musical americano del passato.
A dare verve alla narrazione ci pensano gli esilaranti furfanti di Baron Cohen e della Bonham Carter, irreprensibili fino alla fine nella loro scorrettezza, senza tener conto, ovviamente, della forza di una storia di per sé infallibile.
Le grandi emozioni hanno disertato quello che doveva essere il kolossal della stagione, ma almeno “I Dreamed a Dream” cantata dalla Hathaway, infreddolita e distrutta, regala il brivido tanto atteso.
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Recensione a cura di atticus - aggiornata al 10/06/2013 18.02.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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