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Ivan e Wanda, freschi sposi, si recano a Roma in viaggio di nozze per conoscere gli zii di lui e per far visita al Papa. Qui Wanda si reca clandestinamente a fare visita al suo eroe dei fotoromanzi perdendosi senza riuscire a ritrovare la via per l'albergo, e Ivan cerca in tutti i modi di nascondere ai parenti la scomparsa della moglie.
"La vita vera è quella dei sogni", dice una sanguigna signora alla spaesata protagonista di questo film. Perché già alla sua prima regia (escludendo la co-regia per "Luci del varietà"), Fellini ci immerge in quel mondo visionario ed onirico che contrassegnerà gran parte della sua filmografia. Fondendo realtà ad illusione egli ci mostra uno spaccato sociale dell'epoca, rendendolo grottesco e ridicolo, ma al contempo molto lucido ed ironico.
I due protagonisti di questa pellicola incarnano proprio quelli che erano i luoghi comuni e le debolezze di una società appena uscita dalla guerra e non ancora entrata in quel boom economico che di lì a poco avrebbe contrassegnato l'Italia intera. Con questa pellicola siamo più dalle parti del neorealismo, anche se Fellini ci mette del suo, quel tocco che ha contribuito a distinguerlo dalla massa e renderlo così originale da risultare inimitabile e inarrivabile. Con i suoi primissimi piani che scrutano da varie angolazioni i turbamenti di Wanda e la disperazione di Ivan e l'uso delle luci che si fanno man mano più opache una volta che Wanda si rende conto dell'"inconsistenza del suo sogno", Fellini ci fa riflettere sulle bassezze dei vari protagonisti: chi si preoccupa solo dell'onore del proprio nome, chi è diventato ricco grazie ad intrallazzi col Vaticano, chi si dimostra un "burino" nonostante interpreti un uomo elegante, distinto ed eroico e chi si abbandona ad atteggiamenti poco consoni facendosi intortare da storielle incredibili dimostrando tutta la sua ingenuità.
"Lo sceicco bianco" risulta ad una prima e superficiale visione una semplice commedia di costume che fa sorridere in più di un'occasione e termina con un lieto fine un po' rocambolesco. In realtà è anche questo, ma non solo. Perché "Lo sceicco bianco" ci mostra una realtà che forse non possiamo comprendere perché cresciuti in un mondo dove c'era già la televisione, oltre che un più elevato grado di istruzione che permetteva di trovare svaghi più alti ed impegnati che i rozzi e semplici fotoromanzi che imperversarono all'epoca nelle case delle casalinghe e delle donne che sognavano fughe amorose con gli eroi delle storie che leggevano facilmente, perché illustrate dalle fotografie. Di particolare interesse risulta infatti la sequenza nella quale viene mostrata la messa in scena di uno di questi fotoromanzi, "Lo sceicco bianco" appunto, girata in maniera fulminea e interpretata da gente alquanto rozza e del tutto distante dall'immaginario collettivo, immaginario creato proprio dalla patina raffinata che contrassegnava le pubblicazioni e dall'alone avventuroso che permeava le storie che li vedeva come protagonisti. Protagonisti che facevano innamorare più di una donna, come Wanda del tutto invaghita del famosissimo sceicco bianco (un Alberto Sordi in forma smagliante), tanto da arrivare a scrivergli numerosi lettere sotto le pseudonimo di Bambola appassionata e soprattutto da "abbandonare" il marito in albergo fingendo di andare a farsi una doccia e recandosi invece a far visita all'eroe dei suoi sogni.
Sarà così che si ritroverà a recitare una parte nella prossima puntata della famosa saga, rendendosi conto che l'oggetto dei suoi desideri più reconditi non è affatto un eroe, anzi. Lo sceicco bianco si dimostrerà, infatti, un uomo volgare che tenterà persino di approfittare della piccola e indifesa Wanda, inventandosi una storia patetica per muoverla a compassione e finendo alla fine per essere più volte rimbrottato da una corpulenta moglie.
Interessante, a questo proposito, la prima apparizione di Alberto Sordi vestito da sceicco e avvolto in una luminosissima luce seduto su un'altalena posta in alto sul tronco di un albero. A guardarlo sembra quasi di trovarsi in un sogno e anche il suo modo di comportarsi appare oltremodo raffinato e gentile.
Nel frattempo Ivan dovrà cavarsela per nascondere ai parenti la scomparsa di sua moglie per mantenere intatto il suo onore e quello della sua famiglia. Inizialmente riuscirà a mantenere il controllo, fingendo un terribile mal di testa della moglie, ma quando le cose si faranno più difficili piomberà nella disperazione più totale, arrivando a vagare solo e sconsolato per le strade di Roma dove farà anche la conoscenza di due simpatiche e solidali prostitute (una delle quali è Giulietta Masina nel ruolo di quella che sarà la Cabiria dell'altro famosissimo film del regista). Il viaggio di nozze, interamente organizzato in ogni minimo particolare, sarà un disastro per entrambi i coniugi, che alla fine si ritroveranno in preda al delirio più totale, ma che riusciranno a mantenere intatto parte dell'itinerario precedentemente panificato.
Quando Ivan ritroverà in ospedale la sua Wanda, la prima cosa di cui si preoccuperà sarà quella di arrivare in orario all'appuntamento con suo zio, piuttosto che sapere cosa è successo a sua moglie e cosa l'ha portata a scomparire per un giorno intero, dimostrando in questo senso tutta l'ipocrisia di una determinata fetta di società e soprattutto di una determinata epoca.
Alla fine, Wanda ormai disperata e decisa a farla finita, confesserà che "a volte il sogno è un baratro fatale", rendendosi conto della sua sprovvedutezza.
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Recensione a cura di A. Cavisi - aggiornata al 13/02/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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