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Trovare un appartamento d'epoca in zona Monte Verde è il segnale di una nuova vita per il giovane e timido Pietro (Elio Germano, "Mio fratello è figlio unico" e "Tutta la vita davanti"), partito dalla Sicilia per tentare la strada di attore a Roma. Sempre insieme alla più disinibita cugina Maria (Paola Minaccioni, "Mine vaganti" e "Ex"), sbarca il lunario preparando ogni sera cornetti e si dispera di un amore non corrisposto da un ragazzo frequentato per il breve tempo di una serata.
Ma quello che era sembrato un colpo di fortuna, diviene presto un incubo: la casa è "infestata" da strane presenze. Le anime in pena appartengono alla compagnia teatrale Apollonio, morta misteriosamente durante un incendio a teatro. Filippo Verni (Beppe Fiorello) e Lea Marni (Margherita Buy), Beatrice Marni (Vittoria Puccini) e Yusuf Antep (Cem Yilmaz), e poi ancora Luca Veroli, Ambrogio Dardini, Elena Masci e Ivan sono gli otto fantasmi che preoccupano il povero Pietro. Per sua fortuna i cari estinti si rivelano subito non soltanto innocui, ma anche molto propensi ad aiutarlo con consigli ed altro nella sua voglia di diventare attore, chiedendo al giovane di trovare una persona per loro.
Livia Morosini (Anna Proclemer, "Viaggio in Italia") è il nome attorno cui tutto gira. L'ex stella indiscussa della compagnia Apollonio è l'unica che si è salvata dalla tragedia ed è l'unica che, svelando i fatti accaduti la sera dell'incidente, può forse aiutarli ad uscire dalla casa e guadagnare la pace che ogni fantasma che si rispetti cerca. Pietro la trova, la ascolta e ne carpisce un terribile segreto di cui mettere a conoscenza i suoi "trasparenti" coinquilini. Purtroppo essendo lui l'unico a poterli vedere e sentire, come tradizione vuole verrà preso per matto dalla cugina e dal dottore che avanza bislacche ipotesi di stress, ma la sua volontà di aiutarli è forte, e dopo aver svelato il mistero della loro morte, li aggiorna sugli avvenimenti degli ultimi...70 anni di storia.
I fantasmi possono finalmente uscire facendo ritorno nel vecchio teatro, recitando di nuovo e per un unico spettatore: Pietro.
"Questi fantasmi", "Sei personaggi in cerca di autore", "Opera", "Twilight"... Sono solo una parte dei film e opere teatrali che riecheggiano mentre scorrono le immagini dell'ultimo film (e che sia davvero l'ultimo...) di Ferzan Ozpetek. L'occhio che si trucca all'inizio alternandosi con le scene in teatro riporta immediatamente all'incipit di Dario Argento. Mancano solo i corvi del "Macbeth. La storia è invece talmente simile a quella già recitata dal grande De Filippo che sembra quasi inutile l'uso di uno sceneggiatore. Così come evidente (ed infatti ammesso anche da Ozpetek stesso) è l'omaggio a Pirandello. Rimane da spiegare il rimando alla saga dei vampiri luccicanti e dei licantropi palestrati. Presto detto: Pietro, resosi conto di non essere ricambiato dal suo "amore", viene consolato dal corteggiamento di Luca Veroli, uno dei fantasmi, che ogni notte gli si pone davanti per vederlo dormire. Per nostra fortuna ci è risparmiato il melodramma tra l'uomo e il caro estinto che sarebbe oltremodo stucchevole.
Che nel cinema sia stato detto tutto o quasi è risaputo, che sia difficile "inventare" storie nuove è palese, ma riciclare senza apportare nulla di nuovo o comunque di profondamente personale è un delitto. Ancor più un delitto è la serie di battute e personaggi che portano lo spettatore a reazioni in catena riassumibili con un onomatopeico "bah!". Ad esempio quando Pietro cerca Livia Morosini si imbatte nell'unica persona che sa dove sia, una specie di santone interpretato da Platinette!!! Oppure quando incontra il suo vicino di casa, che, di tanti nomi che poteva avere, si chiama Paolo... Va bene l'ambientazione a Roma, ma sentire "piacere Pietro", "Piacere Paolo", non fa ridere, fa piangere.
Ancora: le prime parole che rivolge ai fantasmi sono: "siete attori?", domanda più che lecita, ma se è rivolta a Beppe Fiorello, alias Fiorellino, alias Filippo Verni, la parola "attore" suona un po' offensiva della categoria. La serie di sconsideratezze termina davanti al portatile del protagonista che spiega gli avvenimenti storici alla compagnia, susseguendo battute e controbattute oltremodo scontate e già sentite su argomenti come il papa tedesco o il presidente americano di colore. Pietà del pubblico!!!
Finiti i "bah!", iniziano le riflessioni. Cosa resta di un film che sì, divertente (a suo modo), sì, ben recitato (Elio Germano, Margherita Buy, Paola Minaccioni e Anna Proclemer sono grandiosi), sì, evocativo di un tempo che fu, ma che alla fine non dice nulla?
Non sviluppa le storie di contorno, tipo quella tra Pietro e Paolo (sic!), o quella tra il dottore e Maria che rimane incinta ma non glielo dice, o quella interna del protagonista, e ciò è grave, che non sembra cambiare nonostante la sua esperienza coi fantasmi, non progredisce, non cresce. Ozpetek filma la classica commedia italiana del nostro tempo, una storia che, a pellicola conclusa, non lascia nessuna traccia di sé. Potrebbe almeno regalarci uno squarcio suggestivo di Roma quando, nel finale, gli attori viaggiano sull'8 per arrivare al Teatro Valle, magari con qualche inquadratura un po' più ricercata. Già, potrebbe. Ma non lo fa.
E di certo non basta la classica frasetta ad effetto da apporre sulle magliette o come status su facebook ("la menzogna alle volte può essere convincente... la realtà lo è molto di più") a risollevare le sorti di un film destinato ad essere dimenticato molto presto.
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Recensione a cura di marcoscafu - aggiornata al 15/03/2012 17.53.00
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