Voto Visitatori: | 4,94 / 10 (141 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 6,50 / 10 | ||
Com'era prevedibile, il piccolo film, scoperto e portato in auge da Steven Spielberg, sbancando i botteghini a dispetto di film horror elaborati e artificiosi, ha avuto un seguito.
Oren Peli, questa volta, abbandona il ruolo del regista per indossare i panni del produttore e affida la direzione del prodotto a Tod Williams, regista al suo secondo lavoro.
Daniel e Kristi documentano con una videocamera amatoriale i primi giorni di vita del loro bambino appena nato Hunter. In seguito ad un strano evento di vandalismo nella loro abitazione, Daniel decide di installare delle telecamere in tutta la casa. Da questo momento ognuno di loro avvertirà la presenza di qualcosa in casa che viene segnalato anche dalle riprese video, la cui natura pare non essere umana. Intanto Kristi sospetta che la causa di questa presenza paranormale sia dovuta a qualche avvenimento del suo passato e ne parla con sua sorella Katie, mentre la figliastra Ali si documenta e avverte il pericolo dell'entità maligna.
I sequel generalmente partono penalizzati. Quella dei produttori, forse anche più dei registi, è una sfida che spesso, in un modo o nell'altro, finisce per essere un buco nell'acqua, poiché si tenta di spremere fino all'ultima goccia un'idea che ha centrato il bersaglio.
Il pregio, che diventa poi un problema per i produttori, è l'originalità, dopodiché il gioco è da dichiararsi finito e si dovrebbe reiniziare da capo. Ma la macchina dei soldi deve girare e quindi si continua a tentare, puntando tutto sulla curiosità degli spettatori, anche se poi il prodotto non risulta all'altezza delle aspettative. Il genere horror è quello più flagellato dallo sfruttamento creativo. Si dissangua, è proprio il caso di dirlo, un'idea fino a che è possibile, fino a che non ne rimane niente, penalizzando poi anche la fonte originale.
Sta quindi all'ingegno dello sceneggiatore e del regista rimpinguare e arricchire quell'idea di base, perno obbligatorio di tutto il meccanismo. Il segreto, in teoria, sarebbe non discostarsi troppo dall'idea originale ma rielaborarla in modo da dare una parvenza di originalità, tale da soddisfare lo spettatore che gradiva il primo episodio e stupire quello che invece lo aveva criticato.
"Paranormal Activity" ha avuto successo per la sua semplicità, per la maniera semplice e decisa di manipolare le paure primordiali umane, a partire dalla madre di tutte: quella per il buio. E' perciò piuttosto impegnativo assemblare un sequel che sia in grado di gestire questa semplicità così efficace imbastendo una trama diversa, dando qualcosa in più rispetto a ciò che si è visto nell'opera prima.
La sceneggiatura, curata da Michael R. Perry (produttore e autore di serie televisive di successo come "Persons Unknown", "Law & Order", "La zona morta" e "Millennium"), ha agito con furbizia e creatività, dotando di un po' di trama anche il primo film. Ciò che vedremo in "Paranormal Activity 2" è infatti un lungo prequel, un breve parallelo alla vicenda del primo capitolo e un epilogo che chiude la vicenda immediatamente dopo la fine di "Paranormal Activity".
Si avvisa il lettore che da qui in poi si parlerà dei punti più significativi del plot, per cui se ne sconsiglia la lettura.
Questa scelta di gestione del plot risulta senza dubbio efficace, poiché permette di seguire quella che, in fin dei conti, è un'unica storia. Kristi è la sorella di Katie, protagonista di "Paranormal Activity", e tre quarti del lungometraggio si concentrano sui fatti avvenuti due mesi prima della storia di Katie e Micah: questo è un fattore che lo spettatore avrà modo di scoprire gradualmente.
Man mano che gli eventi paranormali procedono e diventano più gravi, la storia viene arricchita di particolari, concedendo un po' di spessore ad una trama di per sé povera e scarna, giustificata forse da quello stile finto amatoriale che tanto ha aiutato il primo film e che qui viene appunto ripreso. In questo le spiegazioni erano scaltramente poche e vaghe. Si faceva riferimento a un demone che spaventava Katie e la sorella quando erano piccole e il resto procede sulla base di questi pochi dettagli, uniti ai pochi ma significativi particolari ripresi dalla telecamera. Questa vaghezza è stata efficace, perché c'è ben poco da spiegare, ed inoltre più si svela e meno si teme. In "Paranormal Activity 2" si aggiunge qualcosa, sempre di poco chiaro ma posto in modo da tale da spiegare meglio le dinamiche che legano questa vicenda a quella del precedente film. Katie parla di una situazione familiare instabile, dove Kristi era una bambina perennemente in balìa della paura e della disperazione, con una madre completamente logorata dalla pazzia e dal suo credere alla presenza infestatrice. Si aggiunge inoltre una presunta maledizione che dovrebbe ricadere sul primogenito maschio della stirpe della famiglia delle due sorelle, cioè Hunter.
Questi dettagli permettono allo spettatore di avere un quadro molto più ampio della vicenda iniziale, in cui Katie sembra ormai avere un ruolo marginale.
Viene più semplice considerare infatti questi due lungometraggi come uno solo, un'unica vicenda, nella quale "Paranormal Activity" appare quasi come una parentesi che si frappone alla trama principale, ovvero la maledizione di Kristi come madre del primo erede maschio della sua stirpe da pressappoco un secolo. Questo perché la presenza, in fin dei conti, una volta che viene dirottata su Katie ritorna al nucleo originario da cui si era alimentata.
"Paranormal Activity 2" è quindi una spiegazione e un arricchimento, ma assume anche il ruolo di plot centrale dell'intera vicenda. E' questo un modo intelligente di gestire un sequel, che non gode di spunti originali e nel quale è bene puntare su dettagli che possano renderlo più interessante senza ricorrere all'utopica novità.
A prescindere da ciò, la scena è comunque decisamente più varia del suo precedente. Al posto della coppia abbiamo davanti una famiglia di quattro elementi e di conseguenza un ambiente casalingo più ampio e vario. Di sicuro effetto, per alimentare la tensione provocata dal buio e dall'impossibilità di gestire l'entità, è la presenza del cane, personaggio topico del genere, capace di avvertire gli umani, a volte senza essere considerato abbastanza, di qualcosa di sinistro. Lo stesso vale per l'introduzione della figura del bambino, indifeso e puro, capace di vedere e sentire ciò che in altre età resta invisibile.
Questi elementi variano e condiscono il film di caratteri precedentemente non utilizzati e aiutano a creare un'atmosfera credibile come base di partenza. Gli espedienti utilizzati per creare la suspense e generare tensione negli spettatori invece sono più o meno gli stessi già utilizzati, ma nonostante questo riescono a sortire l'effetto desiderato.
E' comunque l'andamento della storia, prolungata fortemente sulle dinamiche familiari (con Kristi che prova a non credere che la presenza ci sia realmente; Ali che la sostiene e ci crede, mentre Daniel minimizza tutto; infine Katie che prima scansa la questione per poi finirci dentro, proprio a causa della sorella) e sulle riprese diurne, che genera tensione e induce alla catarsi. E' infatti l'attesa a provocare più turbamento, piuttosto che le poche scene in cui l'entità dà mostra di sé.
Ciò che invece non convince affatto è il finale. Dopo aver curato dignitosamente l'intera storia, dando ampio spazio agli atteggiamenti della famiglia e facendo vivere l'intera vicenda come una lunga attesa, ciò che al contrario otteniamo è una sbrigativa sequenza in cui Katie si sbarazza del cognato e della sorella. E' tutto molto affrettato e appare nettamente incoerente con il trattamento globale della storia. I tempi sono molto rapidi (avviene tutto in pochi minuti) e le modalità dei delitti sono secche e asciutte, totalmente prive del pathos e della ferocia che ci si aspetta. In "Paranormal Activity" abbiamo avuto modo di apprezzare diversi finali, dei quali il peggiore era sicuramente quello scelto da Spielberg; qui abbiamo invece un taglio che smonta il plot finora gestito con cura. Se il finale fosse stato curato diversamente, l'idea complessiva del film ne sarebbe uscita sicuramente più ricca e più convincente; in questa maniera viene invece screditata.
La regia si avvale sempre della tecnica finto-amatoriale, affidata alternativamente ad una videocamera portatile e a quelle di sicurezza poste in varie stanze della casa. E' una tecnica che non mostra né grandi pregi né grandi difetti poiché l'effetto, probabilmente voluto, è quello di far apparire il montaggio come fosse stato curato da mani inesperte, per il fatto che si fa esclusivo rapporto su ciò che è avvenuto.
Nelle riprese a infrarossi della cantina si nota un effetto che è largamente utilizzato in "REC": riprese confuse, a volte sfocate, che registrano solo le voci dei protagonisti che errano al buio e che portano lo spettatore a sentirsi infastidito perché privo di informazioni che invece vorrebbe avere.
Gli attori risultano credibili e misurati, limitati certamente dallo specifico tipo di regia.
Per concludere, il prodotto è abbastanza elaborato e curato da poter essere apprezzato sia da chi ha gradito il primo che da chi lo ha criticato. E' naturale che non può soddisfare le aspettative di chi considera il genere horror come una lunga sequela di mostri e sferruzzate sanguinolente, o di psicopatici creativi che si divertono a torturare il prossimo.
"Paranormal Activity 2" appartiene ad un genere realista e minimale che si affida all'immaginazione del pubblico e all'innata paura del buio che, in fin dei conti, tocca tutti.
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Recensione a cura di ele*noir - aggiornata al 04/11/2010 10.29.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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