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Opera prima da regista di Alessandro Gassman, che si regala il ruolo del protagonista, il film "Razzabastarda" è la rielaborazione di una pièce teatrale nord americana, "Cuba and his Teddy bear", ambientato nei sordidi sobborghi delle città americane e nel mondo degli immigrati ispanici.
Nella rielaborazione italiana, prima teatrale e successivamente adattata al grande schermo, il personaggio principale è un romeno che, dietro l'attività precaria di sfascia carrozze, nasconde una non redditizia di pusher.
Roman (Gassman), devoto alla Madonna nera, vive in Italia, nei bassifondi di una città laziale da ormai trent'anni. Il suo unico bene è il figlio Nicu, diciotto anni e tanta vergogna per le sue origini, che tenta di nascondere agli amici e alla ragazza. Il suo unico amico, un outcast di origine pugliese, Geco, tenta di mediare nella travagliata relazione padre-figlio.
Roman vorrebbe il meglio per suo figlio detto "Cucciolo", ma il ragazzo subisce il perverso fascino di un tossico filosofeggiante, che lo trascina in una chute à l'enfer destinata alla tragedia finale.
Pellicola girata con i toni seppia, a sottolineare la cupa esistenza dei protagonisti (la vicenda si apre con il doloroso e incalzante vituperare di una mater dolorosa, a cui la droga venduta da Roman ha portato via la figlia), il film è un nero percorso verso il baratro, senza alcuno spiraglio di luce, forse intravisto attraverso una giovane che per un attimo sembra dare speranza a Nicu (unico momento di colore dell'intero film, come il cappottino rosso nel film "Schindler's list").
Il mondo dei rumeni è fatto di squallore e di sotterfugi, denuncia delle cattive condizioni di chi, giunto in Italia in cerca di una vota migliore è di fatto da essa respinto e costretto a vivere ai margini.
Alessandro Gassman è un interprete a tutto tondo, che enfatizza la figura paterna di Roman, uomo imperfetto, spesso infantile nelle sue manifestazioni sia di affetto, sia di rabbia cieca. Un padre protettivo, però incapace di aiutare il figlio, immigrato di seconda generazione, ad affrontare i suoi inevitabili drammi esistenziali.
La storia, malgrado lo stereotipato manicheismo di molte figure rappresentate e l'accento romeno artificioso degli attori quasi tutti italiani, convince e si inserisce nel filone delle pellicole dedicate agli adolescenti contemporanei, sempre più incerti nel cammino della vita, ma s'inserisce anche in quella cinematografia di denuncia, che ha sempre dato valide prove nel corso dei decenni. Da segnalare il giovane co-protagonista, Giovanni Anzaldo (Nicu), alla prima esperienza seria sul grande schermo.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 21/10/2014 15.45.00
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