Recensione the german doctor regia di Lucía Puenzo Argentina, Germania, Spagna, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Norvegia 2013
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Recensione the german doctor (2013)

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locandina del film THE GERMAN DOCTOR

Immagine tratta dal film THE GERMAN DOCTOR

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Immagine tratta dal film THE GERMAN DOCTOR
 

Patagonia 1960. Il medico criminale tedesco Josef Mengele, ex nazista, famoso scienziato, rifugiatosi in Argentina dopo la sconfitta tedesca della seconda guerra mondiale, esercita sotto mentite spoglie la professione di veterinario. Delle sue vecchie ossessioni naziste, tra le quali la credenza nella necessità della manipolazione genetica e l'informazione medica per migliorare le caratteristiche fisiche ed estetiche della razza umana, gli è rimasto nella mente molto, sufficiente per indurlo, in segreto, ad eseguire su alcune persone malate esperimenti terapeutici assai azzardati in cui i pazienti rimangono del tutto ignari dei grossi rischi provocati dal trattamento.
Nel 1960 la sottocultura nazista ben presente in Mengele continua attraverso il cinismo terapeutico a mietere vittime, in questo caso in Argentina.
Mengele conosce bene alcune nozioni di base, tecniche e metodologiche della ricerca genetica e biochimica acquisite 18 anni prima, ma è poco aggiornato sulle scoperte scientifiche più recenti, inoltre è affetto da una sorta di ideologismo-mistico strutturale, nevrotico, patologico, che invade tutta la sua psiche sconfinando nella paranoia, due aspetti che tendono a fargli sopravvalutare nell'immediato la portata della terapia che potrebbe mettere in atto con l'ausilio delle sue nozioni.

Il pericolo di essere riconosciuto nella sua vera identità lo costringe nelle relazioni alla prudenza: Mengele imposta un dialogo con le persone del tutto banale e compiacente, il suo aspetto interiore è sempre freddo, lucido, dominato da disistima e odio verso le etnie in parte diverse dalla sua come ad esempio quella argentina.

Il film mette al centro della storia la piccola dodicenne Lilith, dall'aria sofferente, settimina, cresciuta poco in altezza, personaggio magistralmente interpretato dalla giovane esordiente Florencia Bado. La ragazza si immedesima con sorprendente facilità professionale nel suo personaggio ravvivandolo di un vero altro, dando al film un tono di realismo che lascia stupiti gli spettatori per forza evocativa, per potenza del richiamo inconscio verso un mondo psichico più profondo e autentico, denso di ombre e di speranze mistiche che formano propaggini consce di estrema inquietudine e sogni ad occhi aperti.

La famiglia di Lilith vive in una atmosfera un po' raccolta e assente, che non è però indice di infelicità. Le persone sono segretamente animate da una gioia contenuta causata per lo più da affetti familiari intensi, positivi e sicuri. La famiglia è composta dal padre Enzo, la madre Eva e due fratelli.
Un giorno il nucleo familiare percorre in automobile la strada poco frequentata, immersa in un bellissimo panorama boschivo, che conduce a Bariloche, dove l'attende un albergo con vista incantevole nella zona del lago Nahuel Huapi di proprietà della famiglia stessa. Durante una sosta i componenti del nucleo famigliare fanno conoscenza con un uomo molto disponibile e cordiale, che altro non è che Josef Mengele, il pericoloso medico nazista.
Alla vista della dodicenne Lilith, Mengele rimane colpito dal suo corpo gracile e minuto, insolito per l'età che ha. Incuriosito, il medico è assalito da un'idea improvvisa, in parte ancora oscura che lo sollecita a cercare amicizia con la ragazzina. L'idea è collegata al desiderio di mettere in pratica con Lilith un esperimento terapeutico, di cui via via prende corpo nella sua mente la possibile configurazione.

Il medico si offre, dopo aver rotto il ghiaccio con la ragazzina e la sua famiglia, di sottoporre Lilith ad un trattamento di ormoni estrogeni al fine di stimolarne la crescita. Solo la madre di Lilith, consenziente, verrà messa a conoscenza dell'esperimento medico di Mengele.

"The german doctor" è un film dall'andatura lineare che crea progressivamente un nodo di questioni umane e disumane con estrema chiarezza, rinunciando ad intrecci troppo elaborati finalizzati a suscitare effetti emozionali sorprendenti e singolari.
Che senso ha oggi continuare a fare film sui mali postumi del nazismo, quando i criminali di guerra tedeschi si stanno nel mondo ormai estinguendo per l'età avanzata? Forse questo film vuole essere un richiamo etico sul passato, qualcosa che scuote un ricordo epocale tragico in parte assopito nella sua maggior spaventosità dalle novità di costume e di pensiero sorte con la post modernità?
Una riflessione su cose che se dimenticate, rimosse, potrebbero ripresentarsi nel sociale in forme diverse, con un simbolismo ingannatore, in modalità simili per sostanza omicida e narcisismo folle, alla brutalità di quel tempo storico cui il film fa riferimento?
Oppure nel film la materia storica dell'epoca nazista, in tutte le sue infinite forme negative e illusorie, si presta a garantire un forte interesse cinematografico già ripetutamente collaudato nella storia del cinema tale da portare a un sicuro successo critico del prodotto?

Difficile rispondere, resta il fatto che il film scorre, meritatamente, senza ricorrere a particolari elucubrazioni narrative, andando incontro a esigenze di verità storiche depurate da ogni forma di spettacolo. C'è infatti un rifiuto da parte dell'autrice a suggestionare cose realmente accadute con il gioco delle metafore visive, perché sono cose che per una semplicità estrema del male che racchiudono e che le anima non si prestano a eccessive sfumature, a picchettature scultoree più raffinate, a inutili giri di parole e immagini metafora; sono cose che rimangono portatrici, tramite la vista e l'udito, di emozioni forti così come sono, cioè esclusivamente per via di una scrittura fondamentalmente prosaica scolpita su pagine cinematografiche grezze.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 11/03/2015 12.05.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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