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"Lasciateci dire che 2 + 2 fa 4. il resto verrà da se" George Orwell
Con questa frase utilizzata nel film "Viva Zapatero" Sabina Guzzanti sembra aver finalmente risolto il proprio dubbio "Orwell è banale? È un modo di pensare manicheo, buoni e cattivi, il potere che ti vuole controllare?". Evidentemente l'aver superato la paura della retorica e della banalità delle citazioni colte ci mostra quanto l'allarme di Sabina Guzzanti sia grande, come sia grande la sua indignazione e la sua voglia di raccontare in che modo anche solo enunciare un fatto possa essere pericoloso. Questo, a mio avviso, non deve essere stato l'unico messaggio del comunista deluso dal governo comunista ad averle toccato il cuore; perché niente è più pericoloso di un regime che si instaura senza clamori, ma serpeggiando direttamente nel tinello di casa nostra, travestito da faccione abbronzato.
"Ma io non voglio sentir parlare di regime. Il regime è una cosa seria: quando noi facemmo le leggi fascistissime avevano già fatto il colpo di stato: prima il colpo di stato poi le leggi, sennò la gente non capisce. Uno straccio di marcia la vogliamo fare o ci si guasta il fondotinta?"
Corrado Guzzanti, brano inedito da "Fascisti su Marte" presente nello spettacolo teatrale RaiOt.
Sabina Guzzanti ci racconta la storia di chi vuole fare il proprio mestiere, senza tagli e censure, di chi ha voglia di parlare fra adulti, di chi si è reso colpevole di aver toccato argomenti tabù, con dati alla mano, ma nel contesto sbagliato!
Perché gli italiani, si sa, vogliono ridere, gli si deve dire che va tutto bene, vanno trattati come bambini di undici anni (c'è chi vi ha costruito degli imperi su questi principi, e non parlo naturalmente dell'ottimista Tonino Guerra), non si può andarli ad angosciare con storie complicate come la legge Gasparri o il conflitto di interessi, non sono pronti, di certo il Tg1 non li ha preparati a tanto!
Il suo programma "RaiOt", è stato prima voluto e poi chiuso, alla prima puntata, da RaiTre, un gesto censorio deciso da chi a suo tempo aveva portato proprio l'esempio della Guzzanti ad emblema di "satira buona" da contrapporre a quella "cattiva" dell'empio Luttazzi.
"Castigat ridendo mores" Jean de Santeuil
Da qui prende slancio questo film-documentario, su come un paese si culli al riparo di un pluralismo fittizio, in cui l'informazione è manipolata e svilita, in cui i "presidenti di garanzia" non garantiscono nulla, e che scivola via, sempre più in fondo, nelle classifiche internazionali per la libertà d'espressione. Il ritratto del Belpaese (e non mi riferisco ovviamente al formaggio, pur sapendo di essere in netta controtendenza con l'inclinazione del giornalismo odierno, che privilegia salumi e latticini rispetto ai fatti di cronaca).
Il programma della Guzzanti fu cancellato (pardon... "sospeso" come i dirigenti Rai tengono a precisare, come se ciò cambiasse la sostanza delle cose) per via di una causa di 20 milioni di euro alla Rai da parte di Mediaset.
Una citazione in cui si "istruisce" la signora Guzzanti sul "vero" significato della satira.
"Secondo lo studio Previti" la satira non può per sua natura, perseguire il fine di contribuire alla formazione dell'opinione pubblica". Ecco: non deve far pensare. Aristofane, Plauto, Molière, Shakespeare, Karl Kraus non avevano capito nulla: ancora ignari delle nuove scoperte della scuola drammaturgia del Circolo Canottieri Lazio, si erano fatti della satira un'idea diversa. I loro reati sono comunque prescritti."
P. Gomez, M. Travaglio, "Regime" 2004, Bur.
La magistratura stabilirà che il reato non sussiste, e che la Guzzanti, pur con il paradosso e l'iperbole tipici della satira, ha detto cose vere. Ma nonostante questo, del suo programma non ve n'è più traccia. Ed ecco dunque che Sabina torna a chiedere perché non sia possibile dire col sorriso e con forza cose vere e inconfutabili, perché il suo lavoro non rientri più nei piani editoriali della Rai. Torna da chi non l'ha difesa, da chi ha screditato il suo lavoro, da chi semplicemente ha chiuso gli occhi, ha fatto finta di non vedere e ha mascherato la viltà da impotenza. La Guzzanti non si lascia andare allo sconforto o all'invettiva, non insulta, non urla, si concede giusto un broncio da bambina e diventa una vera giornalista d'assalto che insegue a passo di carica coloro che le hanno negato una regolare intervista.
"In totale vogliono da me 41 miliardi. Non ce li ho, non sono mica un idraulico."
Daniele Luttazzi dallo spettacolo "Adenoidi, ovvero Bin Laden può andare in video e io no"
Sabina Guzzanti crea una testimonianza in presa diretta della trasformazione di una democrazia in qualcosa che è sfuggito al nostro controllo ed alla nostra comprensione, ci mostra l'accelerazione di un atteggiamento servile, di una repressione sottovalutata.
Di risposte ne ottiene poche, ma del resto, perché stupirsi quando la Rai, col suo già citato "presidente di garanzia", ha bellamente ignorato le sentenze della magistratura che imponevano il reintegro di Santoro nel proprio posto di lavoro?
In maniera precisa, calibrata ed ottimamente cadenzata, utilizza immagini di repertorio, spezzoni dalla propria trasmissione e dei TG. Lega la propria vicenda a quella analoga di Biagi (allontanato e insultato con licenziamento con ricevuta di ritorno), Santoro, Luttazzi (che ha collezionato querele miliardarie), Paolo Rossi, Dario Fo, Tagliafico, De Bortoli, Furio Colombo, Beppe Grillo e tanti altri. Ci racconta come il giornalismo sia ormai asservito alla voce del padrone, come le notizie che disturbano non arriveranno mai a profumare d'inchiostro.
"Avete viso i nuovi programmi in TV? Rosanna Cancellieri che vomita su un'isola tropicale. Molto meglio di Santoro!"
Daniele Luttazzi, da "Bollito Misto con Mostarda", 2005, Feltrinelli.
La Guzzanti rende un giusto omaggio al premier spagnolo che dopo aver promesso ha cercato di mantenere alcune delle promesse fatte in campagna elettorale (cosa a dir poco impensabile nel nostro paese), ed ovviamente strizza l'occhio al film "Viva Zapata!"; ed è quanto mai emblematico che questo piccolo gioco di parole ci riporti alla mente la figura di un rivoluzionario deciso e vigoroso, che quando si trova al potere si rende conto di quanto sia difficile esercitarlo, ma soprattutto del fatto che e' il potere stesso a corrompere gli uomini e decide di tornare a combattere con il proprio popolo.
Sabina Guzzanti dunque si rivolge ai giornalisti che ora si spellano le mani ad applaudirla, ma che da anni accettano supinamente il proprio bavaglio. Si rivolge ai politici che avrebbero dovuto battersi, interpretando la volontà dei cittadini, e non l'hanno fatto; che avrebbero dovuto indignarsi e che per aver chiuso gli occhi, ora, come Edipo, dovrebbero accecarsi e partire per Tebe.
"Non esiste tirannia più crudele di quella perpetrata sotto lo scudo della legge ed in nome della giustizia". Montesquieu
Ciò che fa più male è sentire la sinistra rispondere alla domanda sul perché non si sia fatto nulla sul conflitto di interessi. Come ha dichiarato la Guzzanti "È un film contro il sistema marcio che consente a lui e a chiunque altro vada al governo di fare quello che gli pare. [L'obbiettivo è] far capire ai politici che devono fare quello per cui vengono votati". Ed infatti ad accompagnare questo film vi è anche un intelligente appello che viene rivolto al futuro governo italiano, quale che sia il suo colore politico. La nostra sinistra dovrà comunque rispondere delle proprie responsabilità, dovrà uscire dal salotto di Vespa e rimboccarsi le maniche per fare in modo che questo non si possa ripetere, perché è ormai chiaro che il sistema fa comodo a tutti e che il vero difetto della politica italiana non è la debolezza ma l'opportunismo.
"Molti a sinistra si mobilitano quasi esclusivamente per mantenere i loro privilegi, con l'aggravante che lo fanno sotto la bandiera del popolo".
Sabina Guzzanti, "Il Diario di Sabna Guzz" 2003, Einaudi
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Recensione a cura di Laura Ciranna - aggiornata al 23/09/2005
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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