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E venne il giorno in cui vidi questo film, in un cinema vuoto con lo scemo del villaggio a tre poltroncine di distanza (ma con tutta la sala a disposizione, proprio vicino a me doveva sedersi?) che, braghe ascellari come Fantozzi, ha bisbigliato incomprensibili salmodie per tutto il primo tempo. Poi mi sono spostata io. Doveva essere un presagio… ma io avevo la risposta dentro di me, solo che era quella sbagliata (adatt.). E allora sono rimasta in sala, a vedere un paio d'ore di persone che camminano all'indietro e vengono colpite da neurotissine che le spingono al suicidio ma solo se stanno sottovento, e peraltro non tutte (qualcuno è immune? Perché?). Ho visto Mark Wahlberg e la sua mogliettina cinematografica colpiti dalla sindrome della tossina botulinica (quella che ti impedisce di cambiare espressione), ho visto un professore di scienze delle superiori comprendere l'origine dell'ondata di morte collettiva solo concentrandosi un attimo grazie alla pulce nell'orecchio arrivata da un vivaista cui piacciono gli hot dog. Ho visto un regista con la malattia de "La guerra dei mondi", in cui un eroe per caso salva la sua famiglia da un inizio catastrofico e nel percorso incontra un individuo matto (nel film di Spielberg era Tim Robbins, qui la vecchia isolata che pensava di stare ancora sul set di The Village) e alla fine vissero tutti felici e contenti
mentre l'epidemia vegetale colpisce democraticamente la vecchia Europa .
Insomma, ho visto un film dalle premesse interessanti, naufragate tuttavia in un'accozzaglia di citazioni nemmeno troppo velate, in una trama incoerente e in un finale che trasuda melassa in modo insopportabile.