Sul finire degli anni '80, il detective Vadim Timurovic Lesiev, giovane magistrato, padre di famiglia e comunista modello, si ritrova ad investigare sul 'Mostro della Striscia di bosco'. Sotto questo nome si cela un uomo che ha divorato e ucciso più di 50 bambini e adolescenti senza lasciare traccia attraverso lo sconfinato territorio del paese che un tempo si chiamava Unione Sovietica.
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Extra EVILENKO, IL COMUNISTA CHE MANGIAVA I BAMBINI
23/04/2007 Intervista al regista David Grieco
EVILENKO, IL COMUNISTA CHE MANGIAVA I BAMBINI
Intervista al regista David Grieco
Extra a cura di Gabriela - aggiornato al 23/04/2007
A David Grieco, giornalista e sceneggiatore, gli sono bastati 30 secondi d'immagini di Chikatilo in TV per decidere di partire, dodici anni fa, verso Rostov, dove il mostro viveva. Rimase molto colpito da quella storia e con questo viaggio voleva comprendere cos'era successo nella vita di un intellettuale iscritto al Partito Comunista, che aveva seviziato, torturato, ucciso e mangiato più di cinquanta bambini e adolescenti, e cos'era successo a quella società smarrita e priva d'identità. Dopo essere arrivato a Rostov iniziò la sua appassionata ricerca di materiale, di interviste a chi lo aveva conosciuto, visita nei luoghi dove aveva trascorso la sua vita e soprattutto l'incontro nell'aula del tribunale, dove era in atto il processo a Chikatilo.
Dieci anni dopo il processo e la condanna del mostro di Rostov, Grieco ha deciso di debuttare alla regia e trasformare il Chikatilo dei suoi ricordi in una creatura cinematografica: Evilenko.
Parlare con David Grieco non è parlare soltanto con il regista ma anche con la storia del cinema e con la storia della sinistra italiana; durante l'intervista ho voluto chiedere il perché di questa passione per Chikatilo, le sue impressione e la sua teoria.
Quale è stato il fattore scatenante che ha suscitato in te una tale curiosità da raggiungere Rostov immediatamente dopo aver visto Cikatilo in TV?
Ogni volta che lo dico mi sento un po' ridicolo, eppure continuo a pensare che Cikatilo, in quei brevi attimi che l'ho visto in TV, mi abbia ipnotizzato. Fare i bagagli in fretta e furia e andare a Rostov è stata la conseguenza di un impulso inspiegabile, totalmente irrazionale. Le spiegazioni le ho trovate dopo, erano tante ed erano tutte valide. Mio nonno Ruggero Grieco ha fondato il PCI e ne è stato segretario dal 1934 al 1938, io sono nato e cresciuto comunista, un ramo della mia famiglia è sovietico, quindi è ovvio che mi abbia irresistibilmente attratto la storia di quest'uomo, intellettuale comunista pazzo, assassino e cannibale. Se poi aggiungiamo il fatto che nel 1992 ero appena diventato padre di due figli molto piccoli, tutto si spiega. Però, esiste un altro elemento che non è spiegabile. Un elemento che si è rivelato, in realtà, il più forte di tutti. Per assurdo che possa sembrare, io sono andato a Rostov per "soccorrere" Cikatilo. E appena il suo sguardo implorante ha incontrato il mio, nell'aula del tribunale, la sensazione che dovessi aiutarlo si è fatta ancora più impellente. Qualcuno giustamente si chiederà: perché aiutarlo? Perché era un uomo malato e nessuno voleva riconoscere la sua malattia. E soprattutto perché questa malattia poteva impadronirsi di chiunque era nato e cresciuto comunista nel momento in cui il comunismo moriva senza che null'altro nascesse. Inoltre, c'è da dire che come scrittore e sceneggiatore di racconti e di film "gialli", ho sempre parteggiato per l'assassino. Ho sempre visto l'assassino, specialmente nei casi di serial killer, come unica, autentica vittima della storia che avevo deciso di raccontare. Storie di crimine, di morte, di orrore. Ma in realtà, almeno per me, sono storie di profondi disagi esistenziali.
Quali sono state le tue impressioni quanto ti sei trovato in tribunale davanti al mostro, davanti ai parenti delle vittime, o quando hai visto il materiale filmato delle ricostruzioni dei delitti?
Le sensazioni sono state tante, veramente tante. E tutte violente, allucinatorie, primordiali. Mi sembrava, infatti, che in quel tribunale si stesse celebrando il processo al primo uomo apparso sulla Terra. Un uomo molto alto, filiforme, con un cranio voluminoso, dalla forma strana, quasi aliena, con due occhi chiarissimi, dallo sguardo e dall'espressione infantili, e un sorriso deforme, disarmante. Per non parlare delle mani, grandi, dalle dita molto lunghe. Cikatilo era qualcosa di molto diverso da un uomo. Mi è venuto in mente, appena l'ho visto, il "Nosferatu" di Murnau. Un vampiro espressionista, lontano nel tempo, anzi nella notte dei tempi. L'ho già detto, era una figura che creava in me un'ansia, un'apprensione quasi incontrollabili. E' stato un po' come guardare da vicino un pipistrello spaventato, rannicchiato in un angolo, col cuore che pulsa all'impazzata. Ti fa ribrezzo. Ma anche una pena straziante. Quanto ai parenti delle vittime, sembravano quelle comparse che vedi nei film con lo sguardo smarrito di chi non sa bene cosa fare perché non conosce la sceneggiatura. Erano trafitti dal dolore, e increduli. Molti dicevano che non poteva essere stato lui a commettere tutti quei delitti, e parlavano di complotti, poiché nella cultura sovietica la dietrologia, il sospetto, il complotto sono concetti importanti e ricorrenti. Ma come tutte le comparse di tutti i film, i parenti delle vittime si sentivano anche un po' lusingati da quella situazione. Era soprattutto gente povera, emarginata, che viveva di stenti. Trovarsi per una volta al centro dell'attenzione in un certo senso li inorgogliva. Venendo ai filmati sulle ricostruzioni dei delitti, li ho visti come si guarda un documentario sull'Olocausto. Cikatilo descriveva in modo impassibile e infallibile tutto ciò che aveva fatto come fosse stato l'artefice di una missione suprema. Lì si percepiva chiaramente il disegno folle di un ideologo fanatico. L'ho rivisto in questa veste un giorno, in aula, quando ha detto in modo convinto e accorato: "Perché mi perseguitate? Cosa ho fatto, in fondo? Ho eliminato persone inutili, gente sbandata, priva di educazione e di coscienza. E' questa la mia colpa?"
Come definiresti la malattia mentale di Cikatilo? E quali ritieni siano, di preciso, le caratteristiche rivelatorie?
So che da dieci anni si discute molto di questo, e non si finirà mai di discuterne. Ma non sono un medico, pertanto non vorrei imbarcarmi in questa discussione. Io l'ho definito uno schizofrenico, diciamo per comodità. Cikatilo ospitava in sé personalità ben distinte e contrapposte. La gente che lo conosceva lo definiva abulico, lento, distratto, ingenuo, lagnoso. Il suo capufficio alle ferrovie lo costringeva ad andare in giro con un taccuino per annotare qualunque cosa gli venisse chiesto di fare, perché altrimenti poteva dimenticare le consegne più elementari. Nella sua vita criminale, invece, Cikatilo ha dimostrato un'efficienza e una memoria quasi soprannaturali. Si è ricordato ogni momento, ogni singolo dettaglio, ad anni e anni di distanza dai fatti. E' riuscito a condurre magistrati e poliziotti in luoghi distanti parecchi anni e migliaia di chilometri dalla realtà processuale, indicando con estrema precisione le sepolture delle sue vittime, i loro nomi, il loro abbigliamento, qualunque cosa era stato detto o fatto. Io non so dare un nome a queste sue capacità, e non so collegarle alla sua malattia, anche se un nesso ci deve pur essere. Cikatilo era dotato di un istinto atavico, che i normali esseri umani devono aver perduto migliaia e migliaia di anni fa. Un istinto scatenato dal cannibalismo. Però è bene precisare una cosa. Cikatilo era un cannibale involontario. Aveva cominciato a mordere le sue vittime quando aveva scoperto che la vista del sangue gli consentiva di superare l'impotenza che lo affliggeva. Durante i suoi primi delitti, Andrej si stupiva che le sue vittime morissero. Non desiderava la loro morte. I primi tempi, passava ore a piangere sui cadaveri le sue lacrime di coccodrillo nel segreto del bosco. Poi, a poco a poco, diventò cannibale a tutti gli effetti e cominciò a provare piacere nell'asportare delle parti e mangiarsele. Ecco, la mia teoria, assolutamente non scientifica, è questa: Cikatilo, in conseguenza della sua malattia, ha intrapreso un viaggio a ritroso nel tempo fino alle origini dell'umanità, recuperando col passare degli anni un istinto preistorico. L'esempio che mi viene alla mente è quello di certe notizie che ogni tanto leggiamo sui giornali, tipo: "Cane smarrito in Sicilia si ripresenta un anno dopo, stremato, a casa dei padroni a Trieste". Solo che qui abbiamo a che fare con un uomo, non un cane, ed è questa la notizia veramente sconvolgente. Parlando delle caratteristiche più evidenti della malattia di Cikatilo, mi ha colpito molto il suo strabismo verticale. I suoi occhi potevavano guardare contemporaneamente due soggetti, a due altezze completamente diverse. Me ne sono accorto filmandolo per un lungo lasso di tempo. Ho scoperto poi che questa caratteristica porta anche il nome di "occhio del camaleonte", e se ne trova traccia in alcuni testi scientifici sulla schizofrenia. E' un sintomo raro, ma è stato spesso documentato.
Cosa pensi del figlio di Cikatilo, Yuri, che si è rivelato anche lui un serial killer, forse il primo serial killer figlio di serial killer che la storia ricordi?
Ho anche cercato di incontrarlo, Yuri, dopo il suo arresto. Ma mentre facevo tutte le pratiche per ottenere il permesso di entrare nel penitenziario di Mosca, sono stato improvvisamente informato del fatto che era stato ammazzato da altri detenuti. Ammesso che abbia fatto questa fine, resta il fatto che Yuri ha ucciso e divorato più di venti persone. Quasi tutti uomini, quasi tutti di mezza età. Suo padre ammazzava i bambini, cioè i figli, e lui ammazzava gli adulti, cioè i padri. Quando lo hanno arrestato, ha detto testualmente: "Non guardate i miei documenti, sono falsi. Io sono Yuri Andreievic Cikatilo, e sto continuando la missione di mio padre". L'avessi scritta io, da romanziere, questa storia del padre e del figlio, mi avrebbero preso per uno scrittore un po' troppo fantasioso e un po' troppo schematico allo stesso tempo. Invece è la realtà, una realtà che somiglia in modo incredibile alla più fosca tragedia shakespeariana. D'altra parte, se Andrej Cikatilo agiva seguendo la dottrina del suo modello paterno (Stalin) uccidendo i bambini sbandati e ribelli che non obbedivano alle regole della dittatura sovietica, Yuri ha agito seguendo il modello di Andrej, uccidendo gli adulti postsovietici che avevano ormai rinnegato la fede comunista. Sarà pure schematico, ma è straordinariamente affascinante, no?
Puoi spiegare in modo preciso perché hai voluto associare i delitti di Cikatilo alla fine del comunismo?
Il comunismo al potere è stata un'esperienza unica nella storia dell'umanità, cominciata con la Rivoluzione d'Ottobre del 1917 e finita idealmente con la caduta del Muro di Berlino nel 1989, anche se l'Unione Sovietica ha cessato di esistere soltanto tre anni più tardi, alla fine del 1992. Quando dico che è un'esperienza unica, dico anche che è un viaggio senza ritorno. Un giornalista ebreo, nei giorni del processo di Rostov, mi spiegò così la fine del comunismo: "Il comunismo è come un'automobile che si è infilata in un vicolo cieco, è arrivata in fondo, e quando ha scoperto che l'unica soluzione era tornare indietro, si è accorta di non possedere la retromarcia". Cos'è la retromarcia? La retromarcia è la Storia. La Storia indica sempre all'umanità la via per uscire dalle crisi epocali. Si consulta la Storia, si scopre che ciò che ci accade è già accaduto in passato e si trova il rimedio, lo stesso rimedio del passato, magari aggiornato al presente. Ma nella storia del comunismo non c'è passato, quindi non c'è rimedio. Infatti, più di dieci anni dopo, gli ex sovietici lo stanno ancora cercando. Non so perché, a me è parso chiaro fin dal primo momento, arrivando a Rostov, che milioni e milioni di persone, con la caduta del comunismo, avrebbero sofferto di una grave, gravissima crisi di identità. Ho pensato che tutte queste persone, improvvisamente derubate dalla realtà, senza più terra sotto i piedi, si sarebbero ammalate. E mi è parso che la storia del "Mostro di Rostov" poteva rappresentare la metafora ideale per questa occulta malattia collettiva. So bene che alcune persone, in special modo gli spettatori del film, "Evilenko", che ho tratto dal mio romanzo, sono rimaste un po' scettiche di fronte a questo ragionamento. A qualcuno è parsa una forzatura. Rispondo indicando un saggio di un sociologo americano, intitolato "Un paese di vedove", che racconta come negli anni ‘80 e ‘90 i maschi sovietici al di sopra dei quarant'anni abbiano cominciato a tirare le cuoia in quantità impressionante, come durante una guerra o una carestia. Morivano delle malattie più disparate, ma in realtà morivano probabilmente di una crisi di identità, che abbassava implacabilmente le loro difese immunitarie e li lasciava alla mercè dei quotidiani ostacoli della vita.
Alla fine del tuo romanzo e soprattutto del tuo film adombri l'ipotesi che Cikatilo non sia morto. Fino a che punto ne sei convinto? Puoi spiegare perché?
Purtroppo, ne sono convinto. Dico purtroppo perché mi rendo conto di sembrare un visionario, ma ne sono autenticamente convinto. Vedi, Cikatilo è stato ritenuto sano di mente e condannato a morte nell'ottobre del 1992. Qualche mese dopo, il suo avvocato è riuscito ad ottenere un processo d'appello, con nuove perizie psichiatriche e tutto il resto. Nel dicembre del 1994, un giornale tedesco, Der Spiegel, pubblicò la notizia che due istituti di ricerca, uno tedesco e l'altro americano, si erano recati a Mosca offrendo dei soldi per entrare in possesso di Cikatilo vivo. Il 14 febbraio del 1994, una settimana dopo l'uscita del mio romanzo "Il comunista che mangiava i bambini", l'agenzia Reuter ha diramato un breve dispaccio in cui si diceva che Cikatilo era stato giustiziato a Novocerkassk, un paesino di quattro case dove il Mostro di Rostov abitava prima di essere arrestato. Il giorno seguente, la stessa Reuter rettificò: è stato giustiziato nella prigione di Rostov. Ma neppure la prigione di Rostov era abilitata per eseguire una pena capitale. Senza contare che l'imputato era in attesa di un processo d'appello già accordato. Un anno dopo, incontrai il sindaco di Mosca e gli dissi che secondo me Cikatilo non era stato giustiziato ma venduto al miglior offerente. Lui, imperturbabile, mi rispose che a Mosca tutti pensavano la stessa cosa.
E dove si trova adesso Cikatilo secondo te?
Ovviamente non lo so, così come non so se è ancora vivo. Se lo fosse, avrebbe poco più di settant'anni. Mi è capitato spesso di fantasticare sulla sua sorte. Ho sempre pensato che potrebbe essere in una clinica in Finlandia. Perché la Finlandia? La Finlandia è un paese storicamente socialdemocratico che ha sempre intrattenuto buoni rapporti con i sovietici. E' in Finlandia che i sovietici e gli americani si scambiavano le spie o tenevano summit segreti durante la cosiddetta guerra fredda. Ma è un'ipotesi da romanziere, ovviamente. E neppure la più fantasiosa. L'ipotesi veramente agghiacciante è che qualcuno sia riuscito in qualche modo a clonare Cikatilo, trasmettendo il suo eccezionale istinto primordiale a guerrieri superdotati capaci di combattere le tante, spaventose guerre che scorgiamo all'orizzonte. E francamente, se da scrittore e da regista la prospettiva potrebbe sembrarmi interessante e stimolante, da comune mortale spero proprio che ciò non sia accaduto. Infine, mi sono anche chiesto: che ne è di sua moglie, che era sua complice, di sua figlia che vive da qualche parte con documenti falsi, di suo figlio Yuri che forse non è stato ammazzato in carcere? Chissà. Magari tutta la famiglia Addams è felicemente riunita in un luogo sicuro. Mi chiedo se leggeranno un giorno il mio romanzo o vedranno il mio film. Ma non sono affatto curioso di conoscere la loro opinione.
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