il ritratto della signora yuki regia di Kenji Mizoguchi Giappone 1950
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il ritratto della signora yuki (1950)

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locandina del film IL RITRATTO DELLA SIGNORA YUKI

Titolo Originale: YUKI FUJN EZU

RegiaKenji Mizoguchi

InterpretiMichiyo Kogure, Koshiko Kuga, Ken Uehara, Eijiro Yanagi

Durata: h 1.30
NazionalitàGiappone 1950
Generedrammatico
Al cinema nel Gennaio 1950

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Trama del film Il ritratto della signora yuki

La signora Yuki, proveniente da una famiglia nobile, è la sposa infelice di un uomo che la offende portandole delle concubine in casa. Disperata, si trova un amante che però non la soddisfa sessualmente. Incapace di trovare una via d'uscita alla sua condizione esistenziale...

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Voti e commenti su Il ritratto della signora yuki, 3 opinioni inserite

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kafka62  @  10/02/2018 18:13:41
   7½ / 10
Ritratto della signora Yuki è un film relativamente poco noto in confronto agli altri film della maturità di Mizoguchi, quasi tutti jidai-geki, cioè film in costume. Eppure questo melodramma contemporaneo non sfigura affatto di fronte a pellicole come Vita di O-Haru, donna galante, I racconti della luna pallida d'agosto, L'intendente Sansho, in quanto di essi conserva sia il classico stile mizoguchiano sia l'altrettanto tipico tema della condizione femminile. Anche qui si riscontra un uso sistematico della profondità di campo e soprattutto del piano sequenza, con lente e morbide carrellate laterali che conferiscono alle sequenze un ritmo suggestivamente fluido (ad esempio, la panoramica iniziale della sala da bagno e delle stanze di Yuki). La macchina da presa non è mai del tutto ferma, ma piccoli spostamenti fanno sì che le inquadrature incornicino sempre gli attori (ripresi prevalentemente in figura intera o in piano d'insieme) secondo un criterio eminentemente pittorico, attento alle geometrie e all'armonizzazione delle linee di forza interne al quadro. C'è una grande delicatezza, una pudica allusività nel modo in cui Mizoguchi affronta i momenti più drammatici o scabrosi della storia di Yuki.

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER E' esemplare anche la sequenza in cui il dispotico e animalesco marito costringe Yuki ad assolvere i suoi doveri coniugali il giorno stesso della morte del padre: quando, il mattino dopo, la domestica Hama porta la colazione in camera, la macchina da presa inquadra il marito seminudo ma evita pudicamente di riprendere la donna, soffermandosi solo sulla cintura del suo kimono abbandonata per terra.
Se un limite esiste rispetto agli altri capolavori di Mizoguchi, esso sta forse in uno scarso approfondimento della dialettica suono-immagine (fondamentale invece in film come Gli amanti crocefissi e L'intendente Sansho): la colonna sonora del film, eccessivamente melodrammatica e sovrabbondante, sta a testimoniarlo. La sceneggiatura è abbastanza semplice e tradizionale, con un impianto nettamente teatrale (denotato anche dal fatto che sono i personaggi secondari a introdurre la vicenda, mentre Yuki entra in scena solo dopo dieci minuti), cui si può solo imputare il difetto di non aver voluto passar sopra a scene francamente superflue (quella in cui il giovane servitore penetra nottetempo nella stanza del marito di Yuki per ucciderlo, e, più in generale, l'intera parte che descrive la caduta in disgrazia del consorte).
Sotto il secondo punto di vista, quello più specificamente tematico, Ritratto della signora Yuki è uno splendido apologo sulla condizione della donna in una società maschilista che conserva ancora oggi regole e strutture anacronisticamente feudali. Yuki è completamente sottomessa al marito e il suo desiderio di emancipazione si scontra contro una serie di vincoli e di pregiudizi (ad esempio, la maggiore colpevolizzazione dell'adulterio femminile rispetto a quello maschile) che rendono la sua solitaria battaglia una vera e propria lotta con i mulini a vento. Ma in questa lotta, la donna è ostacolata anche da ragioni extra-sociali (e qui la morale di Mizoguchi è meno condivisibile, perché più retrograda e semplicistica): sono la sessualità ( o meglio la soggezione agli incontrollabili impulsi sessuali) e il rapporto con il proprio corpo, visto come una sorta di strumento del peccato (che si materializza simbolicamente nel figlio che Yuki aspetta dall'odiato marito), a perpetuare questa condizione di schiavitù e a far esclamare a Yuki: "Perché sono nata donna?". Mizoguchi è in ogni caso assolutamente pessimista. Persino gli uomini moderni e progressisti come Kikunaka sono talmente velleitari e meschini da non poter rappresentare una valida alternativa per un reale cambiamento. Non solo, ma sia il marito, ipocritamente, sia l'amante, per sottrarsi a ogni responsabilità, finiscono per tacciare Yuki di codardia,

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER Questo contrasto, tra ciò che gli altri, egoisticamente, pretendono da Yuki, e gli angosciosi, irrisolvibili problemi che Yuki tiene chiusi dentro di sé, è bellissimo e sottolinea drammaticamente quel senso ontologico di solitudine della donna, che è il vero e proprio leit-motiv del film.

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