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Un piccolo corto documentarista di Pasolini che lancia un 'appello all' UNESCO per salvare la città yemenita dalla distruzione causata dalla modernizzazione dopo secoli di stallo. Certamente superato e datato ma ugualmente interessante,in quanto mostra dal vivo un mondo alle prese con un passaggio cruciale e le riflessioni di un' intellettuale dinanzi al cambiamento. Piacevo e veloce.
Piccolissimo documentario girato come un appello all'Unesco per salvare la bellezza dello Yemen, con un Pasolini che fu rapito dall'estetica antica mentre girava Medea. Le immagini parlano da sole ma la disillusione dell'intellettuale è enorme quando parla dell'Italia paragonandola proprio allo Yemen,non ancora perduto come il nostro paese all'epoca nel vortice capitalista. Condensare in poco più di dieci minuti una lucida critica al nostro paese e in generale all'Occidente per poi far risaltare la bellezza di una realtà lontanissima poteva riuscire solo a Pasolini,nonostante ciò farne qualcosa di più sostanzioso non avrebbe di certo guastato.
Un urlo di disperato di Pasolini contro certa stupida modernità distruttrice. In questo appello all'Unesco Pasolini fa sentire la sua "sola puerile voce" contro un mondo che distrugge la propria storia e la propria bellezza per far posto ad una modernità brutta e omologante.
Un accorato appello a tutto ciò che costituisce il nostro retaggio con il passato, alla sua conservazione affinchè non venga distrutto da una modernità aberrante nella sua distruzione delle diverse identità culturali. In questo caso vale per lo Yemen, ma il concetto di fondo può essere applicato ovunque.
14 minuti che, più che essere catalogati sottoforma del classico documentario, potrebbero essere invece compresi come il disperato appello (con macchina da presa sulla spalla) gridato a tutti di un grande uomo all'Unesco, per poter salvare ciò che di più bello è rimasto ad un paese come lo Yemen.