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Il primo capitolo A sex horror story nonostante si ispirasse agli slasher originali come non aprite quella porta riusciva a divertire ed eccitare, soprattutto per le protagoniste, Mia Goth era sessualmente arrapante, Jenna Ortega poi praticamente faceva il suo esordio al cinema facendo la porn-girl. Il sequel era invece una sorta di narrazione del personaggio antagonista del primo Pearl, e mostrava in poche parole la deriva della sua vita che la portava a diventare una squilibrata ma letale serial killer. Maxxine si riallaccia al primo film con la protagonista che arriva a Los Angeles dopo essere stata l'unica sopravvisssuta al massacro nella fattoria. La ragazza ha comunque le idee chiare, vuole diventare una stella del cinema e smettere con il porno, insomma diventare un attrice di Hollywood. Sebbene Ti West ricostruisca in maniera peddisequa l'ambientazione losangelina del 1984 il film si trascina stancamente, complice anche una lunghezza che supera i 100 minuti mentre avrebbe potuto ridurre il tutto ad un ottantina. Aimè è un peccato ma soprattutto nella terza parte la scoperta dell'assassino che altri non è
che il padre religioso e invasato di Maxxine il quale la vuole purificare con un esorcismo riprendendolo in video è un personaggio un pò troppo eccessivo e sopra le righe, insomma una macchietta. Sarà anche voluto ma lo trovato poco efficace
Alcune situazioni poi sono troppo improbabili per essere un briciolo credibili vedi
i due investigatori che inseguono ed affrontano il padre di Maxxine finendo uno ucciso e l'altra, una anonima Michelle Monaghan con un coltello in un occhio, oltretutto il padre è ferito
Il film si salva con i cameo di un pugno di star che allietano almeno la trama: da Kevin Bacon a Bobby Cannavale, da Elisabeth Debiki alla Monaghan invero un pò sacrificata. Fino al ruolo a tutto tondo di Giancarlo Esposito e Lily Collins. Spero che Ti West migliori nell'aspetto narrativo perchè la qualità registica la possiede, deve scegliere meglio le storie secondo me.