violent virgin regia di Koji Wakamatsu Giappone 1969
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violent virgin (1969)

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locandina del film VIOLENT VIRGIN

Titolo Originale: SHOJO GEBA GEBA

RegiaKoji Wakamatsu

InterpretiEri Ashikawa, Toshiyuki Tanigawa, Miki Hayashi, Atsushi Yamatoya, Akitaka Kimata

Durata: h 1.06
NazionalitàGiappone 1969
Generedrammatico
Al cinema nell'Agosto 1969

•  Altri film di Koji Wakamatsu

Trama del film Violent virgin

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Voto Visitatori:   8,36 / 10 (11 voti)8,36Grafico
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Voti e commenti su Violent virgin, 11 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Vax87  @  08/05/2016 18:13:47
   7½ / 10
Visivamente potente, folle, goliardico, violento, brillante ed illuminante, carico di riferimenti biblici ( i giapponesi in generale hanno la fissazione per la coda ad esempio e i significati ad essa associati) zeppo di immagini simboliche, la trama mi è piaciuta soprattutto per come si evolvono i fatti, per essere un prodotto 69 si lascia guardare senza noia e scorre velocemente sebbene paradossalmente alcune scene sono lente, convincenti anche gli intrighi interpersonali.

Danae77  @  11/11/2015 19:00:00
   8½ / 10
Sette, il plotone dell'ordine..lo scardinio di ciò che è sacro nella scrittura. Scelta dell'amore proibito, peccato da punire. Corpi come oggetti, nudi, ciechi. Tagliati dal gelo della desolazione. Amanti legati, sconosciuti prima di essersi annusati. Condanna segnata, beffa per un giorno. Crocifissa al suo destino, guarda dall'alto la fuga che abbandona e si abbandona a sogni di paradiso perduto. Sui passi, la scoperta, tradimento visivo senza laghi e sotterranei. Dal fronte opposto, riunione di controllo, foto ricordo, ristoro e diletto per il coraggio solitario. Gioco al mirino dritto al cuore, ma non è il cuore che sanguina. Ira epica, l'uomo, bestia primordiale, sfodera la coda, sotto la virginea sottoveste...ed è contagio al ritorno. Una per una, nel sacro candore di una tenda. È caccia grossa all'ultimo sopravvissuto, urlante le torture inflitte. Preghiera di salvezza, inascoltabile alla natura animale. Sacrificio in un sacco e, all'ultimo sparo, ritorno alla luce. Gesù viene deposto dalla croce, tra le braccia della pietas che infuoca i pali.

Barteblyman  @  17/10/2013 15:01:23
   8 / 10
Esattamente un anno fa, a seguito di un incidente con un taxi, moriva quello che ai tempi veniva considerato (certo rozzamente) uno dei pilastri della pornografia giapponese: Wakamatsu Kōji. Figlio di quella nuova onda nipponica che tra gli anni Cinquanta e Sessanta, con il nome di gruppo Kurosawa, iniziava la produzione di film porno in 8 e 16 mm Wakamatsu era più correttamente uno dei portatori del cosiddetto cinema politicizzato, quel cinema che negli anni Sessanta e Settanta infiammava sia l'Europa che l'Asia. Il pinku eiga (soft-core) di Wakamatsu è quindi una modalità espressiva che attraverso il nudo e la violenza mira alla reinterpretazione in chiave artistica della coercitiva repressione sessuale, politica e poliziesca (da lui stesso brutalmente sperimentata). In patria i suoi film non vengono propriamente accolti con il dovuto entusiasmo, per la stampa Wakamatsu Kōji non è altro e nulla più che un disonore per il Giappone. E' un sovversivo, un provocatore, i suoi film sono spazzatura. Solo con gli anni la sua figura e la sua prolifera filmografia han visto sedimentare o maturare il giusto riconoscimento. A 76 anni suonati era un regista più che mai attivo, non fosse stato per un taxi arrivato nel momento sbagliato in quel di Tokyo, Wakamatsu avrebbe continuato a sfoderare la sua arma più potente: il cinema. Detto questo, Violent Virgin. Un simpatico gruppetto composto da tre uomini e quattro donne trasportano con loro una coppia di prigionieri. Bendati, i due vengono scaricati in un luogo desolato e ventoso. Praticamente subito si evince che stiamo per assistere ad una esecuzione. La coppia, Hanako e Hoshi, sono due amanti clandestini, la donna del boss e uno dei suoi dipendenti. La punizione è or dunque inevitabile nonché inesorabile. Non fosse per una clausola che renderà il seguito oltremodo bizzarro e quindi inizialmente kafkiano: il boss ha dato l'ordine di chiamare il prigioniero capo.

Nel film di Wakamatsu ci sono una tenda, una croce, degli uomini e una landa desolata. Uno spazio incorporeo tradotto come uno scantinato o come un territorio in prossimità di un lago. Nel tentativo, certamente astruso, di addentrarmici non ho potuto fare a meno di ripensare a Pasolini e alla sua ricotta, ossia a La ricotta (1963). Anche in quel film -episodio- vi è una croce e un individuo in croce e anche in quel film vi è l'interazione tra bianco e nero e colore. Lì il bianco del bianco e nero rimandava ad una qualche sacralità, ad un luogo non inquinato dal mellifluo, ad una zona (paradossale) di sacra appartenenza. Il colore invece è il luogo dell'egoismo estremo e della estrema soggettivizzazione, dello sguardo fine a sé stesso. Un luogo che è anche lo stesso occhio del regista, il luogo a colori di quella che non è "l'educazione alla riflessione" [a tal proposito il libro Lo cerco dappertutto di Gabriella Pozzetto]. Se per Pasolini in quella croce c'era la criminale caduta del sottoproletariato, per Wakamatsu -nella sua croce- vi è ugualmente una caduta, non di una classe sociale e umana ma di un corpo, di una sessualità in ostaggio nonché di un corpo sacrificale. Una caduta che intreccia simbolismi evangelici e in special modo arché pagani. Qui poi il colore non costituisce il vero o l'originale ma il calore; il calore del colore, il calore salvifico della riconquista del lato animale.

Hoshi, l'animale. Il capo branco suo malgrado. Il cosiddetto uomo giusto al momento giusto che può riportare le cose allo stadio ideale. Questo grazie anche alla sua musa, alla sua esca, all'amata Hanako. Oggetto d'amore da rincorrere e con la quale correre nudi (come nella copertina di Með suð í eyrum við spilum endalaust dei Sigur Rós). La deliziosa infinita possibilità del mondo onirico. La dolce Hanako, scintilla, magna pars nell'istintività animale di Hoshi, e non c'è coda che tenga. Una donna ispiratrice e cosciente. La creatura più cosciente, la sola capace di avvertire uno scantinato buio in un luogo all'aperto. Lei, costretta sì all'immobilità ma anche ad una visione globale, dall'alto. La prima a sentire sulla nuda pelle la brutalità dell'aria gelida. Il soffio dato dal progressivo sfaldarsi della città in decadenza. O forse anche queste meandriche risposte fanno parte del calore-colore del sogno consolatorio di un Hoshi che nel mondo in bianco e nero è, più semplicemente, uno dei tanti tasselli della barbarie generale se non l'animale più spietato di tutti. Capace di contaminare il colore con la cruda verità del bianco e nero nonché con alienazioni demiurgiche. Mah.

Un Mah il mio che quasi certamente ballonzola in quello che è un nodo nichilistico nonché, giustappunto, la morte di un Dio. Una morte che, a dispetto delle filosofie d'oltralpe, non garantisce nemmeno la libertà di appartenersi. Di essere per sé stessi essendo per gli altri. Un nichilismo passivo che trasforma il suo stesso antro gocciolante in una tana strategica. Con un Cristo che invoca la salvezza e un Dio che risponde "Vorrei ma non posso". E Dio non può perché la sua natura e antropologicamente animale. La salvezza alla fine è quindi, chissà, ad appannaggio del soave mondo del sogno? Il bel mondo ove dar fuoco ai pali e ai paletti, alle storpiature del bislacco animale umano, alle oppressioni di svariata matrice? Chi può dirlo?

Al momento nonché in conclusione, a seguito di un saluto ed un inchino, rintraccio la similarità che lega i due amanti. Amanti ciechi all'inizio -che manco si riconoscono- e poi corpi allegorici che si caricano sul groppone qualcosa di più di una pena amorosa. Si ritrovano ad essere il frutto di un parto gemellare, sbocciati dall'utero-terra. Un corpo unico che si scinde in due argomenti. La ricerca di Hoshi e il martirio di Hanako. Un corpo sociale e la sua diramazione, la deriva o la presa di coscienza ma soprattutto Wakamatsu Kōji e il proprio spettatore. Vale a dire buona visione eventuale e ai posteri, nelle proprie profumate stanzette, l'ardua sentenza.

Invia una mail all'autore del commento Tokyo'sRedLight  @  10/08/2013 12:34:55
   10 / 10
Il capolavoro assoluto del Maestro.
Poesia per gli occhi e la mente.

Cose che mi sono piaciute:

- Le stupende sequenze a colori
- Musiche
- Dialoghi
- Misticismo
- Riferimenti biblici
- L'idea geniale

Cose che non mi sono piaciute:

- Nessuna, film enorme

Un topo in LSD  @  06/08/2013 15:05:49
   9½ / 10
Viaggio onirico attraverso la bestialità dell'Uomo.
Uno dei capolavori del maestro Wakamatsu, un film cinico, fuori da ogni schema, carico di simbolismo e riferimenti biblici.
Non può mancare.
Emozionante oltre ogni limite.

X SPOILER X

X SPOILER X

X SPOILER X

La pellicola si apre con un gruppo di giovani a bordo di due automobili (probabilmente appartenenti alla yakuza) dirette verso un luogo sperduto, una interamente occupata da uomini e l'altra da donne (da notare questa divisione netta tra i due sessi tipica di Wakamatsu), entrambe trasportano una persona bendata (tutto farebbe pensare a un'esecuzione).
Siamo in bianco e nero.
Arriviamo al luogo prestabilito (curiosa la presenza di una croce), scopriamo che i due sono amanti, il ragazzo (Hoshi) ha avuto la cattiva idea di soffiare la ragazza (Hanako) al boss di questo clan (da segnalare le bellissime sequenze nelle quali i due amoreggiano bendati sotto gli occhi di tutti).
Hanako viene crocefissa e a Hoshi viene spiegato che (prima di essere ucciso) per un giorno avrà il diritto, per ordine esplicito del boss, ad essere chiamato "boss" (cosa che creerà grossa confusione all'interno dei giovani yakuza) e potrà "usufruire" delle belle quattro ragazze del clan, tutto sotto gli occhi dell'impotente Hanako.
Hoshi fa sesso con una del clan, la strangola e fugge dal retro della tenda (senza preoccuparsi di Hanako, forse a raffigurare il tradimento, Hoshi è il Giuda che si allontana dal Cristo crocefisso Hanako? Si parla anche della crescita di una coda).
A questo punto il film entra in una fase "mistica", Hoshi finisce in un fosso e inizia a sognare (il passaggio a colori dovrebbe suggerirci che non si tratta della realtà) di correre nudo insieme (mi pare) alla sua Hanako lungo quella steppa desolata che assomiglia a un limbo di dannati (da segnalare la presenza della coda che spunta dal sedere di Hoshi).
Hoshi si risveglia nel fossato, è vestito da donna, si pone delle domande (Mi è cresciuta la coda, non sono più umano. Sarà forse la punizione per aver abbandonato Hanako?) e incomincia a camminare.
Cammina fino a raggiungere un falò, qui trova quello che probabilmente è il boss, si abbandona alla lussuria con delle belle ragazze (totalmente noncurante di ciò che può essere successo ad Hanako), viene invitato a sparare un colpo con un fucile di precisione (bellissima la sequenza del capezzolo nel mirino).
Da segnalare che la mattina seguente si accorge di un binocolo puntato verso il luogo dell'esecuzione (probabilmente il boss segue l'operato dei giovani yakuza da svezzare).
Hoshi torna da Hanako (figliol prodigo?) e assistiamo a una superba sequenza a colori (qui l'alternanza con il bianco e nero sembra non seguire più una logica) nella quale la ragazza ha un foro sul petto (è il colpo sparato da Hoshi nella notte), il paraocchi la copre in mezzo alle gambe e il sangue le cola fino ai piedi.
Un importante elemento religioso sono le mani congiunte di Hoshi, in posizione di preghiera (redenzione?) che raccoglie il sangue colante dai piedi di Hanako per berlo (il sangue di Cristo) e il bellissimo dialogo con cui Hoshi si rivolge ad Hanako come se stesse parlando a Dio.
Si torna in bianco e nero.
Hoshi impazzisce, è realmente convinto di essere il boss, violenta tutte le giovani yakuza, i ragazzi sono confusi, vorrebbero ucciderlo ma non possono (è lui il boss, lo ha detto il boss!), le ragazze fuggono e vengono uccise dal fucile di precisione.

FASI FINALI
Hoshi è dentro a un sacco, i due giovani yakuza lo prendono a bastonate fino a causarne la morte e poi iniziano a bastonarsi tra di loro, uno muore e l'altro viene ucciso dal fucile del boss.
Sono tutti morti, all'improvviso parte un dialogo indimenticabile tra Hoshi e Hanako, i temi sono la vita e la morte, si parla anche di una terra con pesci, serpenti, frutti e un lago meraviglioso che i due non riescono a trovare (forse l'Eden) e di Hoshi che dice di essere sepolto in un sotterraneo (l'inferno?), della sua coda che cresce sempre di più (lucifero?), la scena si conclude con la meravigliosa canzone "la coda di Hoshi".

LA FINE

Il boss (quello vero) arriva davanti alla croce con tutto il suo clan, è molto deluso dall'operato di quei ragazzi che aveva messo alla prova.
Decidono di fare una foto ricordo, una sequenza di fotogrammi ci mostra Hoshi che si rianima (resurrezione?) e con un bastone si avvicina minaccioso agli yakuza.
Li uccide tutti, il boss viene massacrato per ultimo e ai piedi di Hanaku crocefissa ("Hanaku, guardami!" e un tuono squarcia il cielo).
Si torna ai colori, riparte la meravigliosa canzone, Hoshi abbraccia Hanaku sulla croce (l'amore ha vinto sulla bestialità degli istinti primordiali?), la porta via mentre la croce brucia tra le fiamme.

Più o meno è tutto ciò che vediamo in questo grandissimo film.

Badu D. Lynch  @  26/02/2013 00:39:36
   9 / 10
A parer mio, il miglior Wakamatsu. Allegorico e simbolico.. La brutalità umana che ci fa trasformare in bestia, così da perdere anche il senso reale di "amore".. Ma tutto può essere una lezione, e dopo la bestia "malvagia" che alberga in noi si può sempre rinascere.. Fino ad abbracciare e a trovare, in maniera trasversale, l'amore eterno.

Gruppo COLLABORATORI Compagneros  @  12/12/2012 16:02:26
   7 / 10
Assurdo, surreale, eccessivo, simbolico... bravo Wakamatsu, un film molto particolare.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  09/12/2012 12:49:48
   6½ / 10
Non ci ho visto nulla di geniale ma riconosco a Wakamatsu un indubbia liricità e capacità nello svicolarsi dal rischio di cadere in scene compiaciute e pruriginose per concentrarsi più sul messaggio pregno di simbolismi vari.
Surreale, grottesco ma anche mai eccessivo, anche se da quel che si legge e da alcune immagini potrebbe apparire tale. In realtà l'ho trovato confusionario e troppo concentrato visto che dura appena un'ora e una manciata di minuti.
Mah... mi resta solo molta perplessità. Mi è piaciuto poco, per fortuna non dura abbastanza da annoiare. Alcuni dialoghi però sono bellissimi.

Ciaby  @  26/06/2010 21:31:21
   10 / 10
Quanto coraggio ci vuole a filmare nel 1969 un film che sarebbe scandalo anche se filmato nel 2010? Tanto. E Koji Wakamatsu, oltre al coraggio, ha anche talento, molto talento e dirige nel 1969 "Violent Virgin", il suo film più cattivo, crudele, violento, disperato.
Il tutto è rappresentato nella più desolata (e desolante) campagna, dove uno spunto poco originale, ma intrigante (la vendetta di un boss yakuza nei confronti di un suo compagno che gli ruba la donna) viene trasformato in un opprimente e sconvolgente campo di battaglia. Corpi, sono solo corpi.
Uomini-animali, donne crocifisse. E' l'inferno di Wakamatsu, dove (per fortuna), alla fine è l'amore a vincere. Non un amore strappalacrime hollywoodiano, ma un romanticismo malsano ,che giunge come il colpo finale.

Diretto e recitato benissimo, "Violent Virgin" dimostra il coraggio e la vitalità del cinema di Wakamatsu, che visto anche oggi conserva quella straordinaria potenza del passato.

"Violent Virgin" (probabilmente la sua opera più onirica ed estrema) rientra certamente tra i suoi capolavori.

6 risposte al commento
Ultima risposta 27/06/2010 13.28.19
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Gatsu  @  10/03/2009 03:43:43
   7½ / 10
E' passato a "cose mai viste" su raitre ieri sera. Non ne ero a conoscienza e devo dire che è stata una bella scoperta. Un film davvero allucinato con questi ragazzi che fanno giochi erotici per le gioie dei potenti. Pazzesco.

Gruppo COLLABORATORI bungle77  @  02/02/2009 22:05:50
   8½ / 10
Uno dei miglior Wakamatsu, allucinato, allegorico...

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