(segue)
“Samuele, corri a vedere, c’è un cammello alla porta!”, urlò stupita Trota. “Non è un cammello, oh mia adorabile, incolta sgualdrina. Ha una gobba sola, quindi è un dromedario”. “Anche il Geometra Bonfanti ha una gobba sola, ma non è mica un dromedario”, replicò ottusa Trota, non senza una punta di sarcasmo nella voce che non potei fare a meno di notare. “Sì ma il Geometra Bonfanti non è nemmeno un cammello, sciocca meretrice”, fui costretto a puntualizzare. “E che ne sai tu, mica l’hai mai visto un cammello. Magari non lo va a dire in giro perché si vergogna, come te che c’hai le corna ma mica sei una renna”, replicò lei. “Trota, questa discussione non ha senso, non possiamo sovvertire così l’ordine dei mammiferi! Il Geometra Bonfanti è per l’appunto un uomo, e sappi che posso smentirti quando voglio su questa cosa perché mi sono già fatto le ossa con mia moglie, che si ostinava a sostenere che il Geometra fosse un montone”, fu la mia risposta seccata.
A quel punto la tensione tra me e Trota era piuttosto evidente, ma per fortuna intervenne il dromedario ad allentarla: “Mi perdonino lorsignori, ma vorrei precisare di essere in realtà un alpaca, ossia un camelide di origine sudamericana dalla pregiata lana”, fece. “Ma non puoi essere un alpaca, hai una gobba, gli alpaca invece non ne hanno!”, gli urlai di rimando, subodorando che la bestia mi nascondesse qualcosa. “Quella non è una gobba, ma acne giovanile”, disse la bestia pelosa. "Nessuno ha chiesto il tuo parere, Trota", le risposi.
A quel punto feci accomodare l’alpaca, non prima di avergli chiesto se gli creasse qualche problema sedersi su una poltrona di pelle. “Affatto. Anzi, devo confessarle che nutro una sana antipatia verso i bovini da quando mia moglie è fuggita con un toro di nome Giuliano. Però le è andata male, ahahaha non si era accorta che era un bue, ci sarà rimasta malissimo quella vacca”, mi fece. “Non deve preoccuparsi, le mogli a volte sono così. Poi però capiscono, e quando lo fanno tornano sui propri passi”, esordii per consolarlo, “Devo anzi confessarle che mi capitò la stessa cosa”. “Cioè che sua moglie l’ha tradita e poi è tornata da lei?”, mi fece l’alpaca. “No, ovviamente”, risposi stupito da tale ottusità, “Che mia moglie mi tradisse con un toro salvo poi scoprire che si trattava di un castrato. Sono eventi in grado di sconvolgere una donna, sono stato costretto a mandarla in cura un anno da uno psicoterapeuta. Ho capito che era guarita quando mi sono accorto che era incinta. Dello psicoterapeuta. Ma mi dica del suo problema”.
Fu così che l’alpaca iniziò a raccontarmi la sua penosa storia. Era una storia fatta di abusi, soprusi e violenza, per fortuna a lieto fine visto che il barbone non sporse mai denuncia. Poi la bestia ci prese gusto, ma quando iniziò a raccontare di quella volta in cui distrusse una stanza di albergo con Mick Jagger ed Alex Infascelli strafatti di crack decisi che era ora di darci un taglio. “Senta, signor alpaca, io qui non ho tempo da perdere con mammiferi rivoltanti che non siano Trota. Mi dica cosa vuole da me e soprattutto quanto intende pagarmi”, gli dissi deciso. “ Non si alteri o le spezzo l’osso del collo”, mi fa lui, arrogante. Io scoppiai a ridere sardonico: “Prima deve trovarglielo il collo, idiota d’un finto cammello”. “Non a quel cesso di segretaria, a lei, Signor Spada”, mi fece lui, minaccioso. Mi fermai a riflettere. Avendo già utilizzato fin troppo l’espediente comico del fraintendimento, fui costretto a prenderlo alla lettera: “Va bene, signor alpaca, mi dica”.
“Innanzitutto io ho un nome. Mi chiamo Merda”, esordì lui. “Mia mamma pensò che chiamandomi così avrebbe scoraggiato gli allevatori dal sottrarmi le mie preziose pelli per farne un cappotto. Si immagina un ricco signore chiedere ad un altro ricco signore ‘Bel cappotto, di che cos’è?’ ‘E’ di Merda’. Ma comunque l’espediente ha funzionato, se ora sono qui. E sono qui perché c’è qualcuno che mi vuole morto”. Quel discorso mi aveva inquietato, così mi alzai e lo afferrai per il bavero del cappotto ed iniziai a scuoterlo, a scuoterlo forte, ma lui mi spinse via dicendo di mollare il cappotto che gli stavo rovinando la mamma. Dopo essermi scusato fui pronto ad ascoltare la seconda parte della storia di Merda, e quel che sentii mi privò del sonno per giorni.
(continua)
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Prima puntata
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"Giovani (de)menti allo sbaraglio")
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