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Quinto capitolo, in realtà il primo, anche se il primo c'è già stato... operazione ambiziosa, esaustiva, eccessivamente costruita e studiata appositamente per far in modo che ogni pezzo del puzzle si inserisse nel proprio esatto posto. Operazione per certi versi riuscita: ogni domanda trova risposta, ogni buco viene coperto, ogni interrogativo lasciato in sospeso cade. Chi è l'uomo pipistrello, da dove viene, perché, per come, ha superpoteri, come fa a volare, dove prende la tuta, dove prende la macchina, e la bat-caverna?
Come qualcuno che si metta lì, munito di buone intenzioni, con lo scopo di far ordine in una soffitta buia e polverosa, così Nolan e compagni (David S. Goyer, l'altro sceneggiatore) hanno messo mano alla storia del supereroe mascherato con il dichiarato intento di fare chiarezza. E l'hanno fatta. Partendo da traumi infantili, risalendo ad affetti paterni, passando da promesse giurate, ingiustizie subite e dichiarazioni di vendetta, pescando dal bagaglio della psicanalisi freudiana a base di rimozione, spostamento, elaborazione del lutto e sensi di colpa, seguendo il percorso che attraversa il dolore per giungere alla catarsi, arrivando al giusto addestramento ninja che forgia prima il corpo e poi lo spirito, e agli insegnamenti zen per permettere di trasformare la paura in coraggio e compiere le giuste scelte non accecate dall'ira, la genesi dell'eroe non potrebbe essere più completa. Là dove il "Batman" di Tim Burton alludeva il "Batman Begins" di Nolan dichiara senza mezzi termini.
Ma a conti fatti nel "Batman" di Burton c'era già tutto. Anzi: c'era molto di più. C'era l'atmosfera, c'era l'eroe, c'era il mito, c'era quell'ambiguità di fascino e mistero, di terra inesplorata, di zone oscure indecifrabili, volutamente confuse nelle tenebre, che sono parte integrante del personaggio e della sua congenita inquietudine. Qui invece pur essendo buio è tutto fin troppo chiaro. Eccetto qualche concessione al sentimentalismo filiale grondante retorica, quella di Nolan & Co. è una sceneggiatura di ferro, risultato di un lavoro accurato su approfondimenti psicologici e rapporti di causa ed effetto, da cui nasce un film altrettanto solido e adulto, pletorico al limite del ridondante, protetto da una superficie impossibile da scalfire, in grado addirittura di giustificare e spiegare ipotetici sviluppi futuri, una perfetta miscela in equilibrio tra azione e introspezione.
Senza timori di mettere troppa carne al fuoco, egli (autore di già provato spessore) è come un puparo che riesce a giostrare i fili di tutti i discorsi portandoli tutti a convincente compimento, supportato nell'impresa da un cast di attori impegnati in una gara di bravura (gara vinta, a nostro dire, da Michael Caine. Ultima ovviamente Katie Holmes che già faceva ridere in Dawson's Creek). Tutto quadra, tutto torna, insomma. Ma impegnato a ritagliare i tasselli al raggio laser e a mettere ognuno nel posto che merita, il regista di "Memento" non si accorge però di dimenticare per strada la dimensione del sogno e della poesia, la surrealtà e la pazzia di cui invece erano e sono impregnate le storie di Burton, la cui poetica dark a meraviglia si sposava con l'aura emanante dal Cavaliere Oscuro, quella fantasia al potere densa di metafore e simbologie sospese a mezz'aria, leggere come bolle di sapone, che costituiscono l'essenza di ogni fumetto. Ci sono cose che non si possono spiegare. Altre che non si devono (da dove viene il ghiaccio di "Edward mani di forbice"?). Invece, a furia di umanizzare e razionalizzare, di scavare per trovare un sostrato credibile alla vicenda, il Batman di Nolan fallisce proprio là dove credeva di porre rimedio, denunciando una mancanza d'ironia drammatica al punto che tutti gli sforzi compiuti per giustificare verosimilmente l'identità mascherata del supereroe si sciolgono come neve al sole. La logica conseguenza è tra le più tragiche: che pur avvalorando le motivazioni intimiste di tutte le idiosincrasie di questo mondo, il miliardario Bruce Wayne, con il costume da pipistrello indosso, finisce col sembrare solo un povero e ridicolo coglione.
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Recensione a cura di mirko nottoli - aggiornata al 11/08/2005
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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