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Ritorna Patrice Leconte già regista di successo con "Il marito della parrucchiera", "Tandem" e "L'uomo del treno" ma questa volta non sceglie più come suo attore principale il grande Jean Rochefort.
Raccontare la trama di un film di Leconte è impresa ardua e facile al tempo stesso, la base è quasi sempre la stessa: un incontro tra due persone assai diverse che si sviluppa in modo tale da far cambiare le esistenze dei due soprattutto spiritualmente.
Stessa cosa avviene in "Confidenze troppo intime": qui l'incontro è tra una giovane donna (Sandrine Bonnaire) e un fiscalista (Fabrice Luchini, ineffabile maschera purtroppo poco conosciuto da noi in Italia). Lei è Anna che, diretta ad un appuntamento con uno psicanalista, per errore entra nello studio di William, il fiscalista, lui, dapprima per gioco poi attratto dalla vita misteriosa e intrigante di lei, finisce con l'ascoltare le intime confidenze della donna.
Trama fin troppo semplice e lineare per una storia di stampo prettamente teatrale giocata sugli sguardi e sulle parole. I protagonisti sono solo loro, gli altri sono semplici comprimari un po' ridicoli: il marito di lei e la sua assurda gelosia, il nuovo goffo fidanzato della ex moglie di William, la matura segretaria, la portinaia spettatrice assidua di soap opera. L'azione si svolge quasi completamente negi interni, in particolare nell'elegante casa-studio di William nel centro di Parigi.
Come nei precedenti film di Leconte anche qui i protagonisti sono prigionieri di un loro ruolo, hanno rinunciato a qualcosa e si aiutano a scoprire i loro problemi per finire migliori, diversi.
Misurati, privi di sbavature, i due interpreti, aiutati da una incalzante e onnipresente colonna sonora sviscerano le loro vite e si psicanalizzano.
La lezione che ci vuole dare a intendere il regista è che è importante imparare a parlare e ad ascoltare per venire fuori dal baratro delle proprie paure e dei propri limiti. Le relazioni sociali sono quindi il segreto per scacciare la monotonia dell'esistenza siano esse relazioni amicali (le amicizie virili di "Tandem" e "L'uomo del treno") o storie d'amore "in nuce" come potrebbe evolversi quella descritta in "Confidenze troppo intime".
In conclusione c'è da dire che i registi francesi (e Leconte in particolare) hanno il dono di saper dare con povertà di mezzi dei prodotti di alto livello che risultano sempre essere superiori alle loro aspettative, chissà quando i nostri cineasti impareranno da loro qualcosa in merito...
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 14/01/2005
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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