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"Fantasma d'Amore" è l'ultimo passo di quell'evoluzione artistica cominciata da Dino Risi nel 1976 con il thriller psicologico "Anima Persa".
In una Pavia diafana ed incolore, con le sue nebbie e le sue piogge leggere, la voce fuoricampo di un commercialista, Nino Monti (Marcello Mastroianni), ci racconta la sua storia.
Un giorno, quasi per caso, Nino sale su un autobus dove viene avvicinato da una donna (Romy Schneider) dall'aria malata e trascurata. Ha denti anneriti e occhiaie profonde; la pelle del suo viso è avvizzita e grigia, come grigi sono i suoi capelli spettinati, raccolti dietro la nuca e con ciocche libere che le scendono sulla fronte e sugli occhi. La donna non ha le cento lire per pagare il biglietto dell'autobus; Nino gliele offre, ma lei le accetta mettendo bene in chiaro che sono un prestito che lei restituirà. Alcuni scambi di sguardi fra i due personaggi: perplesso quello di lui; curioso ed eccitato, ma anche timido e ferito quello di lei.
Nino Monti è sposato con Teresa (Eva Maria Meineke), una donna più anziana di lui, polemica, logorroica, fredda e volitiva, sempre impegnata nelle attività culturali della borghesia clericale della città. Non hanno figli e vivono come una coppia di amici. Il loro matrimonio non fu il coronamento della passione, ma una scelta ponderata e ragionata "intelligentemente".
Una vita monotona, triste e noiosa, quella di Nino, che sempre più spesso si rifugia nell'isolamento, nella lettura e nella fantasia. Poi una telefonata cambia tutto. È la donna che Nino ha incontrato sull'autobus. È rammaricata dal fatto che lui non l'abbia riconosciuta. Si presenta come Anna Brigatti, una vecchia fiamma di Nino. La bellissima donna il cui amore segnò per sempre la sua vita rendendolo incapace d'amare chiunque altra.
Era ad Anna che Nino pensava quando faceva l'amore con Teresa, ma, dopo quell'incontro sull'autobus, dopo averla vista così cambiata, così sciupata e degradata, avrebbe potuto continuare a pensare a lei?
Nasce in lui il desiderio di rivedere i luoghi della sua trascorsa giovinezza e di ripercorrere le strade del suo passato amore. Così, mentre la moglie è ad una conferenza su Sant'Ignazio di Loyola, Nino cammina nel centro storico di Pavia e percorre la Via Porta, dove viveva la bella Anna Brigatti. Là, immersa nella nebbia, la donna compare nuovamente e domanda un bacio in ricordo dei tempi passati. Quando vede che Nino esita, è lei a baciarlo per poi fuggire scomparendo in quella nebbia da cui è venuta. L'uomo resta nauseato e disgustato.
Intanto quello stesso pomeriggio, proprio in Via Porta, viene assassinata la portinaia del palazzo in cui viveva la Brigatti.
Alcuni giorni dopo durante una rimpatriata fra amici, il professor Arnaldi (Giampiero Becherelli), titolare di una clinica, rivela a Nino che la Brigatti è morta da tre anni a causa di una brutta malattia. Il medico ne è assolutamente sicuro perché era stato lui a seguirne la terapia, in quanto amico del marito di lei, il conte Zighi (Wolfgang Preiss), e sempre lui aveva firmato il suo certificato di morte.
Monti resta confuso non sapendo se credere o meno all'amico. Poi il successivo incontro con don Gaspare (Michael Kroecher), un prete spretato, studioso d'alchimia e di parapsicologia, estimatore del poeta inglese Samuel T. Coleridge, proietta Nino in una realtà ambigua. Egli incontra nuovamente Anna, che effettivamente è la moglie del conte Zighi ed è ancora bella proprio come lui la ricordava. Lei gli spiega che non solo non è morta, ma che la persona che Nino ha incontrato sull'autobus è una donna che le assomiglia e che, gelosa della sua bellezza, si spaccia per lei. Sarà vero?
Anna Brigatti Zighi, si dichiara una moglie devota, ma insoddisfatta. Ancora innamorata di Nino è da lui ricambiata.
I due continueranno ad incontrarsi, ma il loro passaggio sarà sempre accompagnato da macabre scoperte e da un alone spettrale di morte. Sempre in bilico fra passato e presente, fra un amore attuale ed il suo semplice ricordo, fra il desiderio d'amare e la paura di soffrire ancora, Nino dovrà scegliere in che cosa credere.
"Fantasma d'Amore" è tratto da un romanzo di Mino Milani, prolifico scrittore di Pavia, ed è sceneggiato da Dino Risi insieme con Bernardino Zapponi.
Alla sua uscita, questa pellicola non fu ben accolta. Definita un "goffo tentativo di fare un film gotico all'italiana", con una trama "artificiosa e contorta", è stata snobbata e accantonata come se si trattasse di un qualcosa di presuntuoso e poco serio, su cui nemmeno vale la pena spendere due parole.
Ovviamente critiche di tale fatta non vengono qui reputate condivisibili.
"Fantasma d'Amore" è un film gotico, che alle atmosfere più cupe ed inquietanti, tipiche di questo genere letterario ed artistico, preferisce atmosfere più rarefatte in cui le tematiche portanti amore, vendetta, desiderio, passione e morte, abbandonino i loro connotati più angoscianti e più irruenti, per sviluppare, invece, il loro lato più poetico e malinconico.
La prima cosa che salta all'occhio dello spettatore è l'eccellente fotografia realizzata e curata da Tonino Delli Colli. I colori sono tenui, quasi sbiaditi. Tante differenti gradazioni di grigio contribuisco a creare un'atmosfera spettrale e misteriosa, che, insieme alle nebbie che invadono i vicoli di Pavia e alle foschie che salgono dalle acque del Ticino, sfuma gli oggetti e cancella i confini dello spazio visivo proiettando sia i personaggi, sia lo spettatore, in un clima irreale, sospeso nel tempo e nello spazio, scevro di concretezza.
Tonino Delli Colli (grande artista scomparso esattamente un anno fa, da ricordare per l'eccellente lavoro che ha sempre svolto in circa centotrenta produzioni, collaborando con artisti fra cui Pasolini, Fellini, Sergio Leone, Roman Polanski, Jean Jacques Annaud, lo stesso Dino Risi) aveva curato anche la fotografia di "Anima Persa". A questo punto è facile vedere come il cast tecnico dei due film sia praticamente il medesimo. Forse per questa ragione quanti si aspettavano due pellicole simili sono rimasti inevitabilmente delusi.
In "Anima Persa", Risi dirige una storia carica di tensione, cupa e inquietante, torbida e psicologicamente violenta, quindi è ovvio che in quel film la fotografia giocasse molto di più con l'alternanza di chiari e scuri, risultando più vivace e d'impatto. "Fantasma d'Amore", invece, ci racconta una storia più malinconica, permeata di poesia e di dolcezza.
I ritmi narrativi sono rarefatti e leggeri proprio come le foschie di Pavia. Dino Risi non vuole creare tensione nello spettatore, ma un senso d'inquietudine e di nostalgica malinconia. Forse è per questo motivo che non ricorre all'uso di quelle che Hitchcock definiva "scene shock". Anche quando ci viene mostrata la portinaia con la gola tagliata, la macchina da presa non indugia su particolari truculenti. Questo non è un film dell'orrore, non è un thriller, né un noir, né un giallo. Questa è una storia d'amore. E come tale ci viene raccontata.
Le eccellenti sfumature di grigio della fotografia vengono poi esaltate dalle musiche composte da Riz Ortolani, i cui temi sono eseguiti al clarinetto da Benny Goodman. Dolci e melanconiche, esse accompagnano con tenerezza i personaggi nel ricordo e nella riscoperta del loro amore, mai dimenticato.
La recitazione degli interpreti è perfetta. Quella di Mastroianni, convincente, delicata e seducente, ci trasmette questo sottile dolore di un'esistenza, quella di Nino Monti, vissuta sottotono, schiva e timorosa di affrontare le traversie della vita, sottomessa ad un esercizio mentale, razionalmente opportunistico, di fuga dalla sofferenza il cui prezzo è l'assenza di felicità. La recitazione della Schneider è più sofferta, così come lo è il suo personaggio. È tormentata, bramosa di vita, affamata di carnalità, ma al contempo eterea e leggera come spesso sono i ricordi di un amore passato.
Come non citare a questo punto l'eccellenti prove di Wolfgang Preiss e di Michael Kroecher. Il primo, attore tedesco che vanta partecipazioni in oltre cento film di produzioni internazionali, in "Fantasma d'Amore" interpreta il conte Zighi, il marito di Anna Brigatti. Anche qui la sua partecipazione si riduce a un breve duetto con Mastroianni, in cui Preiss con pochi gesti delle mani, con lievi mutamenti d'espressione percettibili nello sguardo, nella linea della bocca e nella postura, ritaglia perfettamente un personaggio solitario e colpito dai dolori della vita, regalandoci una bella interpretazione assolutamente convincente.
Michael Kroecher a sua volta è perfettamente credibile e sottilmente inquietante nel ruolo dello spretato ed eccentrico don Gaspare, che vive col suo gatto nero fra i libri di poeti romantici e testi alchemici, indossando la sua tonaca e impugnando un bastone sormontato da un teschio d'argento. Con i suoi occhi azzurri dallo sguardo spiritato e con voce solenne, cita testi di Shakespeare e di Coleridge. È il personaggio chiave che guida Nino al di là del mondo sensibile, proiettandolo in una dimensione permeata di soprannaturale e in bilico fra negromanzia, divinazione e spiritismo.
Sono affascinanti i vari riferimenti alla simbologia classica. Dino Risi ci offre alcuni primi piani di una moneta da cento lire, quelle cento lire che Nino Monti offre alla donna sull'autobus perché possa pagare il biglietto di passaggio. La moneta compare a più riprese ed è sempre inquadrata sul lato della testa. È evidente il riferimento all'obolo che doveva essere versato a Caronte, il traghettatore infernale, per passare dal mondo dei vivi al mondo dei morti. Oltre che obolo, quelle cento lire sono anche un pegno rimasto in sospeso fra Nino ed Anna. Così come era rimasto in sospeso fra loro un pegno d'amore: un bacio richiesto e mai dato.
"Sai, Anna, un giorno, tu forse non te lo ricordi, ma al momento di lasciarci mi hai offerto le labbra per un ultimo bacio, ma io non me ne sono accorto. L'ho capito subito dopo, ma tu eri già andata via".
"Non mi sembra così grave", replica lei.
"No, ma vedi: quel bacio, che tu volevi e che io ho dimenticato di darti, è come un debito che ho verso di te. Per quanti baci ti abbia dato dopo, non potrò mai andare in pari con quel bacio che mi chiedevi e che non hai avuto".
La simbologia giunge poi alla sua apoteosi con la metafora acquatica come momento di fisica transizione fra il mondo dei vivi e quello dei morti. Un incontro sul fiume. Le acque del Ticino scorrono placide fra le sponde alberate e velate di nebbia. Nino le attraversa con una barca a remi per incontrare ancora Anna in un luogo dove un tempo si nascondevano per fare l'amore. Un personaggio dallo sguardo assente sembra attendere su una sponda qualcuno che gli dia un passaggio, ma quando Nino glielo offre, questi neppure risponde. Poi l'incontro fra gli amanti. Segreti del passato che vengono rivelati senza colpi di scena, ma con la solita dolcezza che permea tutta la pellicola. E ancora il volto bellissimo della Schneider, che affonda sotto la superficie dell'acqua con un'espressione serena ed indulgente, sembra elevare il suo personaggio a divinità, come fosse la Dama del Lago. Anche se resta quella metafora acquatica che indica la transizione fra i due mondi.
Film denso e carico di simbologia, "Fantasma d'Amore" scorre morbido senza voler preparare colpi di scena eclatanti. Ritmi rarefatti per una storia sospesa, raccontata sottotono, con un filo di voce che è al contempo preghiera e sussurro, invocazione e ricordo, speranza e lamento.
La sceneggiatura, ricca, fluente e con dialoghi lunghi e complessi, dona emozione e sentimento, oltre che poesia e una dolce tristezza.
Forse i critici che hanno stroncato "Fantasma d'Amore", asserendo che "le interpretazioni straordinarie di Mastroianni e della Schneider sono state sprecate", pensavano oppure speravano di trovarsi di fronte ad un thriller dai ritmi convulsi e con scene di forte impatto visivo. Spiacenti per loro! O forse avrebbero preferito un film che avesse i soliti contenuti politici e ad "alto valore sociale", come se far cinema in Italia fosse solo questo.
Contrariamente a costoro, chi scrive reputa assai apprezzabili film come questo ed "Anima Persa", in cui gli autori, per una volta, se ne sono fregati del mondo politico italiano e di tutta quella presuntuosa intellighenzia politicizzata, mai sufficientemente paga della propria pochezza artistica e culturale, che desidera soltanto film demagogici in linea con la loro ideologia.
Rimane il rammarico per il fatto che, a tutt'oggi, questo film venga trasmesso raramente per televisione e ad orari improbabili.
"Fantasma d'Amore" è un film d'alta scuola! Forse non ha espresso interamente il suo potenziale, così ricco e poetico, ma resta un film da scoprire e da riscoprire. Forse non un capolavoro, ma di certo un'opera di grande qualità.
Potrebbe anche dirsi che si tratta di un film che rimane in sospeso fra generi differenti, fra il compiuto e l'incompiuto, così come la storia che narra. E così come dice Nino Monti in questa sua riflessione:
"Vede, caro signore: tutto quello che dicono dell'aldilà, dell'aldiquà... sono soltanto storie! Perché siamo sempre noi; siamo vivi e siamo morti nello stesso tempo!".
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Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli - aggiornata al 29/08/2006
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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