Voto Visitatori: | 6,91 / 10 (33 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 7,50 / 10 | ||
Il titolo dell'ottavo film di Pedro Almodóvar potrebbe, a primo impatto, far alludere lo spettatore privo di cognizioni di causa alla pratica del sadomasochismo, e le cause di ciò non sarebbero neanche così irragionevoli, dal momento che, soprattutto nelle sue prime fatiche registiche, il buon Pedrito ci ha più volte mostrato cosa – e fin dove – la natura umana (etero od omosessuale che sia) sia disposta a spingersi al fine di appagare i propri desideri di natura carnale.
Ma, purtroppo o per fortuna, non è questo il caso, visto che il tema predominante in "Légami!" è l'amore, trasposto in celluloide con tutte le stravaganze e le contraddizioni che si possono riscontrare in tutta la filmografia del cineasta iberico.
Protagonisti assoluti della storia sono un uomo e una donna, tali Marina e Ricky. Lei è un'affascinante e nevrotica attrice cinematografica con un passato da pornostar e da tossicodipendente, lui è un giovane disadattato appena uscito da una casa di cura, dove ha trascorso gran parte della sua vita.
Appena reinseritosi nella società, Ricky ha come unico obiettivo quello di raggiungere Marina, conosciuta un anno prima in una discoteca e con la quale ha passato una notte d'amore. Giunto sino al suo appartamento, Ricky si vede costretto a sequestrare Marina legandola al letto, dal momento che quest'ultima non si ricorda minimamente della notte passata assieme a lui e non si dimostra disposta a condividere i sentimenti del giovane nei suoi confronti.
L'intenzione di Ricky è quella di tenere 'prigioniera' la sua amata fin quando essa non si innamorerà di lui...
Ci troviamo dinnanzi ad una pellicola della quale è assai difficile decifrare il genere di appartenenza, poiché classificarla come semplice commedia romantica non è solo sbagliato ma anche pretestuoso ed estremamente semplicistico, e ancor più difficile risulta trasformare in parole tutte le sensazioni che affollano la nostra mente al termine della visione.
Possiamo concepire "Légami!" come una sorta di parabola onirica sull'impossibilità di accettare la triste realtà in cui ci si trova costretti a vivere, una realtà dove le persone iniziano ad assumere lo stesso significato degli oggetti e delle cose materiali, al punto che noi stessi, come fa d'altronde il personaggio di Ricky, non vediamo altra possibilità se non quella di appropriarci con tutte quelle che sono le nostre forze delle cose (intese, in questo specifico caso, anche come persone) di cui sentiamo l'inappagabile mancanza e bisogno.
Uno degli intenti del film è, molto probabilmente, quello di cercare di far comprendere agli spettatori che, in un modo o nell'altro, siamo tutti vittime delle nostre dipendenze, che possono essere molto comunemente la dipendenza dalla droga (quindi da cose materiali) avvertita da Marina, che ricordiamo essere una ex tossica, e la dipendenza dalla stessa che pare essere l'unica ragione di vita per quanto riguarda Ricky, che, come avremo modo di scoprire, avrà risvolti quantomeno inaspettati.
A tal proposito è d'obbligo sottolineare che, come successe nelle precedenti opere del regista e come succederà in quelle future, anche "Légami!" conserva nella sua struttura narrativa un particolare ed innato gusto per il paradosso, che possiamo indubbiamente identificare come uno dei principali marchi di fabbrica del cinema Almodóvariano, arrivando, in diverse occasioni, ad assumere un significato di fondamentale importanza per quanto riguarda l'intera cifra stilistica del film.
In riferimento al fatto che è impossibile e sbagliato considerare questa come una semplice commedia romantica, subentrano nella storia diversi fattori che la rendono qualcosa di molto più profondo, complesso ed affascinante rispetto alla maggioranza di love story che tutt'oggi vediamo sul grande schermo, rappresentati dai suddetti risvolti della vicenda inaspettati che, per questioni di correttezza, non possiamo rivelare, e addirittura da svariati particolari scenografici volutamente ed ostentatamente eccessivi posti in risalto da un sapiente uso della fotografia che ne fa risaltare i colori accesi, tendenti spesso al rosso fiammante, rendendoli assolutamente non fastidiosi, come si rischiava di fare, ma anzi accattivanti ed innovativi.
Almodóvar non ci parla però soltanto di amore ed attrazione fisica tra l'uno e l'altro sesso, ma dedica inoltre particolare attenzione all'amore dell'essere umano verso l'arte, in questo caso l'arte cinematografica, e lo fa non solo in maniera plateale e conforme alla narrazione attraverso il personaggio del regista Máximo Espejo, ossessionato anch'esso dalla bellezza di Marina, ma ne compie altresì un interessante sviluppo attraverso il linguaggio prettamente cinematografico, facendo della macchina da presa l'oggetto indispensabile per appagare il proprio voyeurismo.
Analogamente ad uno pionieri della New Hollywood quale Brian De Palma, anche Pedrito considera il porno come un valido espediente per dare sfogo alle proprie pulsioni voyerstiche, riuscendo tuttavia a mantenerne il distacco quando si trova a girare un'intensa scena di sesso tra Ricky e Marina che verrà sicuramente ricordata come una delle più significative e curiose della cinematografia anni '90.
L'efficacia dimostrata dal punto di vista stilistico e tecnico, con un'ottima colonna sonora firmata dal nostro Ennio Morricone, è consolidata inoltre da ottime interpretazioni da parte di tutti gli interpreti, con una doverosa nota di merito ai due protagonisti: Antonio Banderas e Victoria Abril, artefici di due performance tanto bizzarre da sembrare quasi fumettistiche ma indubbiamente emozionanti.
Da sottolineare il fatto che Banderas, sino ad allora uno degli attori feticcio di Almodóvar, al termine delle riprese ha definitivamente abbandonato (a livello professionale) la natia Spagna andando alla ricerca del Sogno Americano, divenendo in tutto e per tutto un divo di Hollywood.
La non indifferente complessità del ruolo e la meticolosa preparazione a cui si è dedicato lo spinsero infatti a lasciare da parte i personaggi 'difficili' come il suo Ricky a favore di ruoli dallo stampo dichiaratamente commerciale.
Per i seguaci del cinema Almodóvariano più sperimentale, ma come sempre appassionato, questa commedia totalmente sui generis, se confrontata con gli attuali format dell'industria cinematografica statunitense ed europea, rappresenterà certamente un'autentica gioia per gli occhi, mentre gli amanti delle classiche storielle romantiche che oggi vanno tanto di moda a Hollywood, così come nel nostro Bel Paese, farebbero meglio a restarne alla larga. Potrebbero non capire...
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Recensione a cura di FrancescoManca - aggiornata al 27/08/2010 11.18.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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